Be Yourself ~ 7

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Mi pentii immediatamente di come avevo parlato a Esther, ma ero troppo orgogliosa per andare da lei a scusarmi. Così aspettai che le ore passassero.

Prima di andare a letto, però, trovai il coraggio. Bussai, ma lei non rispose. Allora provai ad aprire la porta della sua camera. Per fortuna non era chiusa a chiave, perciò entrai di soppiatto.

Esther stava dormendo.

Le rimboccai le coperte mentre un groppo mi ostruiva la gola. Lei mugugnò qualcosa ed io mi chiesi che cosa stesse sognando.

Ad un certo punto aprì gli occhi. Quando mi riconobbe, si girò dall'altro lato e mormorò: “Lasciami in pace”.

Con il cuore spezzato mi diressi lentamente fuori dalla sua camera.

Una volta sdraiata a letto, mi lasciai andare e piansi per una buona mezz'ora.

Io e Esther avevamo litigato tante volte in quegli anni. Quella volta, però, sembrava diversa.

La colpa era stata solo mia. Ero stata io a combinare quel pasticcio.  

Pensai di chiamare Ash e confidargli tutto, nonostante fosse già passata la mezzanotte, ma poi decisi di non farlo. Quella era una questione unicamente tra me e Esther e non era giusto coinvolgere anche lui.

Il giorno dopo, però, decisi di andare comunque a parlare con qualcuno: mia nonna.

Non la vedevo da parecchie settimane, forse perché l'ultima volta che avevamo passato del tempo assieme ero tornata a casa con il cuore pesante.

Mi aveva fatto dei discorsi assurdi e non si era ricordata alcune cose che per me erano fondamentali.

Ne avevo parlato con mia mamma e lei mi aveva tranquillizzata: la nonna era anziana e tutto quello che era successo era più che normale.

Nonostante ciò, non avevo più passato molto tempo con lei, solo perché avevo paura che mi facesse altri discorsi del genere.

Quella mattina però mi decisi e andai a trovarla. Suonai il campanello e lei per fortuna rispose dopo pochi secondi.

Salii le scale e quando arrivai al secondo piano mi tuffai tra le sue braccia.

“Nonna” sussurrai felice. Il suo profumo mi faceva tornare bambina.

“Mina”.

Mi si strinse il cuore. Mia nonna mi aveva sempre chiamata Mina. Era l'unica a chiamarmi così.

“Come stai, nonna?” le chiesi sciogliendomi dall'abbraccio.

La fissai e mi resi conto che mi era mancata tantissimo. Mi diedi della stupida per aver lasciato che la sua vecchiaia e la sua malattia mi tenessero lontana da lei.

“Bene, tesoro. Però potevi venire a trovarmi anche prima” mi disse sorridendo.

Mi fece sentire ancora più in colpa.

“Lo so, nonna. Scusami. In futuro verrò a trovarti almeno una volta a settimana” le promisi.

Lei mi fece strada dentro all'appartamento e intanto mi disse: “Non fare promesse che non riesci a mantenere, Mina”.

Poi ridacchiò e mi diede una carezza. Non riuscii a non rattristarmi.

“Non essere triste, Mina. Dai, ti faccio un tè con i biscotti” esclamò facendomi sedere a tavola.

“Grazie, nonna”.

Mi guardai attorno. La casa era proprio come me la ricordavo. Sembrava che lì il tempo non scorresse mai.

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