Be Yourself ~ 2

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La mattina seguente mi svegliai tutta indolenzita. Avevo dormito in una posizione scomodissima.

Mi stiracchiai e osservai sorridendo il sorgere del sole.

Era un nuovo giorno, un giorno che non avevo mai vissuto e che non vedevo l'ora di godermi appieno.

Il ricordo della sera prima fu per me come un fulmine a ciel sereno.

Mi alzai di scatto e mi diressi verso la stanza di Esther, che era proprio accanto alla mia. Spalancai la porta. Il letto era ancora fatto.

Andai in cucina. Non c'era nessuna traccia della mia amica. Nessun piatto sporco e nessun calzino fuori posto.

Mi misi le mani nei capelli e sentii che rischiavo di andare nel panico. Non potevo permettermelo. Dovevo essere lucida se volevo affrontare la situazione.

Così mi vestii in fretta, presi le chiavi di casa e la borsa e uscii senza pensarci due volte.

Mentre camminavo, chiamai Shaun. Esther doveva essere da lui, non c'erano altre spiegazioni plausibili. Era da Shaun, al sicuro, davanti ad una tazza di tè caldo.

“Amina?” mi rispose la sua voce.

“Ciao Shaun. Scusami, ma Esther è da te?”.

Sentii il ragazzo esitare. Quindi qualcosa sapeva, ma non mi aveva detto nulla...

In quel momento lo detestai, ma soprattutto perché mi sentivo esclusa e abbandonata. Esther aveva preferito correre da quel ragazzino piuttosto che da me, la sua migliore amica.

“Dimmi la verità, Shaun!” gli ordinai alzando la voce.

“È venuta qui ieri sera. Mi ha spiegato che avevate litigato e io le ho proposto di dormire da me”.

Percepii dell'imbarazzo nelle sue parole, vergogna addirittura, ma non mi lasciai prendere dalla compassione.

“E non hai pensato che fosse il caso di avvertirmi? Hai idea di quanto io sia stata in pena? Sei davvero un vigliacco, Shaun! Esther ha agito male, ma tu peggio”. Sospirai. Non riuscivo a fermarmi. “Non sei degno di essere così vicino alla mia Esther... comunque, passamela subito!”.

“Non è qui” sussurrò lui.

L'avevo ferito, lo sapevo, ma non mi pentivo di aver pronunciato quelle parole. Il ricordo di ciò che avevo provato la sera prima era ancora doloroso. 

“E allora dov'è?” sbuffai spazientita.

“Non lo so, Amina. È uscita presto. Stamattina non l'ho vista”.

Un'idea mi balenò per la mente, così salutai Shaun e gli promisi che, a differenza sua, gli avrei fatto sapere.

Durante la telefonata avevo continuato a camminare, perciò in breve tempo riuscii ad arrivare nel posto dove pensavo che si potesse trovare Esther.

Il sole del primo mattino faceva brillare la candida neve adagiata sui rami nudi e scheletrici degli alberi. Quello era un cappotto per loro e una gioia per me.

Eppure in quel momento l'inverno e il suo immenso splendore non mi toccavano particolarmente, poiché non riuscivo a smettere di pensare ad Esther.

Intravidi il campetto da basket dall'altra parte del parco e, prima ancora di vedere lei, sentii il lento rimbalzare del pallone per terra.

Tirai un sospiro di sollievo, poi mi diressi verso di lei.

Tutto sembrava morto in quel posto, tutto tranne Esther, che, sebbene infreddolita, giocava a basket.

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