Kiera
Le chiavi fecero resistenza nella serratura e, quando finalmente riuscii ad aprire la porta, la mano mi doleva terribilmente.
Posai per terra la borsa della spesa e appoggiai la schiena alla porta, chiudendola lentamente dietro di me.
Tirai un lungo sospiro di sollievo. Finalmente ero sola. Anche per quel giorno non dovevo vedere più nessuno.
Il silenzio regnava nel mio appartamento.
Sospirai ancora e chiusi gli occhi. Involontariamente pensai al suo viso e il suo sguardo luminoso mi avvolse come in un abbraccio.
Ricordai quando tornavo a casa e lui era seduto sul divano ad aspettarmi. Si alzava e mi veniva incontro con un sorriso che non riusciva a trattenere.
Mi aveva amata, ne ero certa.
Nessun uomo però mi aspettava più sul divano. Nessun Ash. Solo ricordi, solo un fantasma.
Scacciai il pensiero doloroso e mi avviai verso la cucina.
Misi un po' di cipolla a sfrigolare sul fuoco e mi versai un bicchiere di vino.
Cercavo di prepararmi da mangiare sempre qualcosa di originale, o almeno di decente, perché sapevo che se avessi iniziato ad optare per il cibo spazzatura, poi non sarei più stata in grado di rialzarmi.
Eppure non riuscivo proprio ad evitare di bere un bicchiere di vino, sempre sperando che rimanesse uno, non come era successo il giorno prima.
Vivere senza Ash era una sofferenza immane, la sfida più ardua che mi si potesse presentare.
Quell'essere umano che ero stata pronta a sposare mi aveva lasciata e si era forse già rifatto una vita. Il pensiero che potesse trovarsi in quel momento tra le braccia di un'altra, forse più buona e più bella di me, mi faceva digrignare i denti e spuntare lacrime di rabbia.
Non ero stata abbastanza per lui? Cosa avevo che non andava? L'avevo amato con tutta me stessa, gli avevo dato la mia anima, e lui in cambio non aveva saputo fare altro che mentire.
Non avevo fotografie appese in casa, ma in quel momento avrei pagato oro per avere le pareti piene di istantanee scattate dal mio unico amore.
Perché a suo dire era stata la fotografia a mettere in moto l'infernale macchinario di autodistruzione che ci aveva portati a non parlarci più e a vivere in case diverse.
Mi continuavo a ripetere che qualcosa sarebbe andato storto comunque, che eravamo destinati a non stare più insieme.
Tuttavia la ferita del rimorso non voleva saperne di cicatrizzarsi, sebbene la supplicassi in continuazione di farlo.
Scossi la testa e mi misi a bere.
Era difficile ignorare i ricordi, che come mostri mi afferravano le spalle e i capelli e mi graffiavano, mi picchiavano e mi calpestavano.
Avrei tanto voluto che i miei ricordi fossero carta, così da poterli bruciare. Ma la nostra mente non è un libro, se non per i poeti.
Iniziò a piovere. Le gocce bagnavano la ringhiera del poggiolo dal quale io e Ash non guardavamo più la città svegliarsi e addormentarsi.
Ogni cosa che facevo, ogni cosa che pensavo e ogni cosa che ricordavo mi portava a lui, come se quell'uomo fosse stato una calamita.
La pioggia non voleva saperne di smettere e, quando dopo un'ora mi misi a letto, a fissare il soffitto della mia camera, continuò a tenermi compagnia fino a che, sfinita, sprofondai nel mondo dei sogni.
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Yourself
Romance• Completa • Ash è un giovane uomo che lavora in un bar, ha una ragazza da sette anni e si sente piuttosto felice e soddisfatto. Dentro di lui, però, è sepolta da tempo la sua più grande passione: la fotografia. Saranno alcune foto su Instagram, po...