Nella piazza c'erano solo alcuni piccioni e una vecchietta seduta su una panchina.
Era una domenica mattina d'inverno e il sole splendeva, ma poca gente si avventurava fuori dalle proprie comode case, forse per paura del freddo e della neve.
Io e Esther gironzolammo per quei metri quadrati per noi tanto significativi.
Non serviva parlare. Bastava girare in tondo, come se fossimo pronte per sfidarci a duello, e ricordare la sera d'estate di otto anni prima in cui la nostra vita era cambiata per sempre.
Allora il cielo era di un blu scurissimo, la piazza era illuminata da piccole luci sui rami degli alberi e alcune coppiette si muovevano a ritmo di musica.
In quel momento avevo capito che non sarei riuscita a rinunciare tanto facilmente all'amicizia di quella ragazza. Ci conoscevamo soltanto dal giorno prima, ma già sentivo che di lei mi potevo fidare ciecamente.
Per questo avevo deciso di lasciarmi guidare dall'istinto e le avevo proposto di dividere un appartamento con me.
Eravamo proprio due ragazzine innocenti. La sorte, però, ha voluto che quella scelta così avventata si rivelasse la decisione migliore che potessimo prendere.
“Dobbiamo ringraziare l'estate” rifletté Esther ad alta voce.
Io sorrisi aggrottando la fronte, incuriosita da quella strana affermazione.
“Perché, scusa?” le chiesi.
“Perché se fosse stato inverno, come ora, non avremmo avuto l'opportunità di ballare”.
Mi illuminai: Esther aveva perfettamente ragione.
All'improvviso un'idea folle mi balenò per la mente e, senza pensarci su due volte, mi inchinai di fronte ad Esther.
“Vuole concedermi il piacere di questo ballo?” chiesi alla mia migliore amica.
“Certo che sì” rispose lei, soffocando una risata.
Fu così che ci mettemmo a ballare.
Alternavamo risate a crepapelle a momenti di finta serietà e intanto ci esibivamo in piroette fatte male e passi improvvisati.
“Come fai ad avere tutto questo fiato?” le chiesi dopo un po', fermandomi e respirando a pieni polmoni la fresca aria invernale. Il mio cuore batteva all'impazzata.
Esther si strinse nelle spalle.
“Forse perché sono più in forma di te”.
“Che cosa insinui?”.
“Che sei una balena, cosa sennò?”.
Strabuzzai gli occhi e spalancai la bocca, fingendo di essere alquanto stupita e indignata.
Per vendicarmi diedi alcuni pugni sulle braccia della mia amica, ma purtroppo il cappotto che indossava attutiva ogni colpo.
Esther intanto cercava di sfuggirmi e rideva allegramente.
Ero contentissima che fra di noi fosse tornato tutto alla normalità. Ogni volta che litigavamo era orribile, ma alla fine le cose si erano sempre risolte per il meglio.
Dopo qualche minuto mi sedetti su una panchina, mentre Esther si mise a giocare con la neve. Sembrava una bambina.
Aveva le guance arrossate per il freddo e la sciarpa le penzolava lungo il corpo.
La osservai creare un piccolo pupazzo di neve, che dopo poco purtroppo crollò, perché Esther si era spostata troppo in fretta e per sbaglio l'aveva urtato. Il suo "No!" di frustrazione echeggiò nel silenzio che ci circondava ed io mi sbellicai dalle risate.
STAI LEGGENDO
Yourself
Romance• Completa • Ash è un giovane uomo che lavora in un bar, ha una ragazza da sette anni e si sente piuttosto felice e soddisfatto. Dentro di lui, però, è sepolta da tempo la sua più grande passione: la fotografia. Saranno alcune foto su Instagram, po...