Love Yourself ~ 14

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Scesi le scale di corsa, rischiando di inciampare.  

Una serena malinconia si era impadronita di me.

Ripensai a tutti i momenti che avevo già vissuto quell'estate e prima, durante il periodo scolastico. Anni e anni di sofferenza erano stati spazzati via da pochi giorni di gioia e di rinascita. 

Attraversai in fretta la strada e ricordai quella che avevo attraversato di sera, poco prima di conoscere Amina. 

Camminai lungo un viale alberato e ricordai la mattina in cui ero andata a trovare Shaun. 

Passai davanti ad un locale e ricordai la sera in cui io e Amina eravamo uscite ed io mi ero sentita immensamente felice.

Giunsi al campetto e salutai i due canestri e il pallone abbandonato. Gli giurai che non lo avrei mai più maltrattato. 

Arrivai in classe e mi ricordai della mattinata dopo l'esame di maturità, quando Fiona mi aveva raggiunta e si era dimostrata tanto gentile. 

Infine avevo alle mie spalle la mia città e ammiravo il tramonto sui campi. Oltre quella distesa c'erano il mio futuro e la mia nuova città, ma soprattutto le mie due stelle polari.

Aprii gli occhi e mi stupii parecchio di vedere, al posto dei campi baciati dal sole, il muro bianco di fronte a me.

Era sempre bello viaggiare con la mente per quei posti e ricordare.

Ero brava ad immaginare le cose. A volte temevo di essermi immaginata tutto ciò che era successo in quegli ultimi giorni e che a breve mi sarei svegliata, scoprendo che si era trattato soltanto di un sogno. 

Scrissi un messaggio ad Amina, anche perché avevo bisogno di verificare che lei fosse reale.

Mia mamma mi ha dato il permesso! Posso andare a studiare fuori dalla mia città! Ma ti immagini? Noi due che dividiamo un appartamento? Si salvi chi può!

Ridacchiai e inviai il messaggio. 

Poi chiamai Shaun e gli chiesi come stava la sua collezione di reperti dell'Antico Egitto. Lui rise allegramente e mi disse che non era mai stata meglio. Anche l'orso polare di peluche che gli avevo regalato se la passava alla grande. 

Mi disse che gli mancavo. 

"A presto, Shaun. Molto presto" gli svelai prima di riagganciare. 

Presi un pallone da basket dalla cesta che tenevo in fondo al letto e lo strinsi forte a me. Era l'unico che avevo conservato. 

Pensai a quanto mi ero odiata per anni, incolpandomi di non essere all'altezza del mondo e del basket.

Pensai a quanto ero stata arrabbiata perché il tempo scorreva troppo in fretta, senza che io potessi fare nulla per fermarlo.

Pensai a quanto ero stata furiosa per il fatto che le persone che mi circondavano, e in particolare i miei genitori, non sembravano quasi neanche accorgersi di me. 

Avevo vissuto nella rabbia e nella delusione, con un odio feroce che riversavo su tutto e su tutti, trattenendomi a stento davanti a Fiona e pochi altri.

Come ero potuta sopravvivere a tutto quello? Come ero potuta arrivare tanto lontano? Come ero riuscita a vivere, giorno dopo giorno, con quel peso sull'anima e con quella nube che mi avvolgeva il cuore e la mente? 

Quella nube c'era ancora e ci sarebbe sempre stata, come in ogni essere umano, ma io ero in grado di metterla al suo posto. Sapevo dirmi quando era il momento di porre un freno alle emozioni negative, per evitare di annegarvi e perdere me stessa. 

In quelle ultime settimane avevo imparato ad amarmi, ad amare la me stessa che soffriva. L'avevo compresa e l'avevo aiutata a trovare una strada nella tempesta.

E ora amavo la me stessa che era riuscita a percorrere quella strada, diretta verso la luce all'orizzonte. 

Però non lo dovevo solo a me stessa, ma anche alle mie due stelle polari, Shaun e Amina, e all'insieme di coincidenze che si era riversato sul mio cammino. 

Il paesaggio fuori dalla mia finestra era rimasto lo stesso, ma il riflesso che il vetro mi restituiva era diverso. Chi era quella ragazza che teneva la testa più alta sulle spalle e non aveva più la fronte corrugata?

Nessuno poteva immaginare cosa avessi passato. Nessuno avrebbe mai potuto mettersi nei miei panni. Io ero memoria di ciò che ero stata e fede e speranza di ciò che sarei diventata. 

Mi ero persa in un labirinto, ma grazie a quel labirinto avevo compreso il mio valore. Non di giocatrice di basket, non di studentessa liceale, ma di persona, di ragazza di diciotto anni.

Ero giovane e libera e avevo il diritto di godermi la vita. 

"Grazie, Esther" dissi, rivolta al mio riflesso sul vetro della finestra, che si sovrapponeva ai palazzi dall'altra  parte della strada e ai grattacieli lontani. "Grazie per aver creduto in te stessa. Continuerai a farlo, lo so". 

Osservai i miei corti capelli neri, il mio sorriso storto, i miei occhi allungati e la mia pelle candida. 

Come una nube tempestosa che viene perforata dai raggi del sole, io ero vinta da qualcosa di più grande di me. Ero vinta dalla bellezza della vita, dall'amore e dalla passione.

La me di un tempo e la me rinata si guardarono negli occhi e annuirono. Quello era il tempo della nostra vita e sarebbe passato troppo in fretta, ma proprio per questo non potevamo più rintanarci nella disperazione. 

"Oh, Esther" dissi con gli occhi lucidi. "Se solo sapessi come si sta bene così, in pace con se stessi. Se solo sapessi come è bello amare se stessi". 

Posi una mano sul vetro e la vecchia Esther fece altrettanto. Ci fissammo e sorridemmo.

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