II. Tragico destino

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Quando Daisy aprì gli occhi, si ritrovò nel Paese delle Meraviglie.
Intorno a lei c'erano funghi giganti e alberi di altrettanta imponenza, tutti dei più svariati e variopinti colori.
Si guardò intorno ed individuò in lontananza il Brucaliffo, del suo acceso blu, adagiato su un grosso fungo rosso, che inspirava grosse boccate di fumo dal suo narghilè.
Daisy gli si avvicinò e alzò lo sguardo per incontrare il suo.
"Sai che fumare fa male?" gli domandò.
Lui chinò lo sguardo, guardandola aggrottando la fronte.
"Ho forse chiesto la vostra opinione, signorina?" ribattè.
"No, ma di solito è mia abitudine dire ciò che penso"
"Abitudine assai scortese e maleducata"
Il Brucaliffo, irritato, si voltò dall'altra parte.
Daisy si trattenne dal ridere: adorava punzecchiarlo con tante domande, tirando fuori il suo lato suscettibile.
Decise di proseguire, chiedendosi dove fosse Alice e se quel giorno l'avrebbe incontrata.
"Dove vai, fanciulla?" disse una voce.
Daisy si voltò ma non vide nessuno.
Davanti a lei si ergeva un grosso albero dai folti rami, con poche foglie come se fossero in autunno ed esse fossero pian piano cadute tutte a terra.
Lei osservò l'albero e all'improvviso un leggero venticello si alzò, muovendole i capelli biondi.
Incrociò le braccia al petto, mentre le poche foglie ancora attaccate ai rami si staccavano e iniziavano a fluttuare.
Per un istante parvero assumere la forma di un felino prima di essere trasportate via dal vento.
"Non lo so" rispose Daisy "tu quale strada mi consigli, Stregatto?"
"Sai il mio nome"
Lo Stegatto ritornò visibile, con il suo sorriso sornione che andava da un'orecchio all'altro.
Quand'era piccola, Daisy era spaventata da quel personaggio che si vedeva sempre nei cartoni animati, perchè il suo sorriso la metteva in soggezione.
Ora invece lo trovava incredibilmente interessante.
"Me l'hai detto tanto tempo fa" rispose, ricordando la prima volta in cu fosse entrata nel libro.
Lo Stregatto inclinò il muso.
"La strada dipende dal posto in cui vuoi andare" disse.
Daisy sorrise.
"Non importa dove, basta che porti da qualche parte"
"Allora ogni strada vale l'altra"
"Dai questo consiglio a tutti?"
"Qui siamo tutti matti, fanciulla"
Fece un balzo e prima di toccare il ramo seguente era già scomparso.
Daisy adorava quel posto.
Il Paese delle Meraviglie era veramente pieno di meraviglie.
Camminò per un po', sentendo la brezza che si alzava dal mare poco lontano che le rinfrescava il viso.
All'improvviso vide in ontananza una tavola imbandita, con risate e schiamazzi che si sentivano perfino a quella distanza.
Sorrise.
Il cappellaio era proprio quello che ci voleva, pensò.
"Ehi!" gridò il Cappellaio Matto, balzando in piedi dalla sua sedia e puntando un dito contro Daisy "Sono le cinque! È l'ora del tè!"
"Posso unirmi a voi?"
La lepre marzolina si voltò a guardarla, incinando la testa.
"Devi!"
Il Cappellaio Matto sorrise.
Daisy si avvicinò a e si sedette, guardando i pasticcini e i dolci che erano disseminati per la tavola.
Rimpianse il fatto che il sapore nel mondo dei libri non esistesse: avrebbe potuto mangiare qualsiasi cosa, ma non avrebbe avuto sapore.
Però non voleva essere scortese, quindi si portò la tazza di tè alle labbra e fece finta di sorseggiare la bevanda.
"Come ti chiami?" le chiese il Cappellaio.
Calò improvvisamente il silenzio come se tutti gli ospiti si fossero zittiti per sentire la risposta e l'unico rumore che si udiva era il ticchettio dell'orologio da taschino del cappellaio.
"Daisy" rispose lei.
"Io adoro le margherite" commentò la lepre marzolina.
"Grazie"
"Oggi è il mio non compleanno" s'intromise invece il Cappellaio "quand'è il tuo, Daisy?"
"Tutti i giorni tranne il quattordici febbraio"
Lui battè le mani estasiato.
"San Valentino! Il giorno dell'amore! Io amo l'amore"
Daisy si irrigidì.
Per un istante ebbe paura che l'argomento della conversazione sarebbe diventato l'amore – non di certo uno dei suoi preferiti – ma si tranquilizzò dicendo che il Cappellaio era solito cambiare continuamente argomento prima ancora di concluderlo, quindi non doveva preoccuparsi.
Si sbagliò.
"Credete che il re e la regina si amino davvero?" domandò la lepre marzolina "Oppure il loro è stato solo un matrimonio di convenienza?"
"Non saprei, sai" commentò il Cappellaio "chi siamo noi per giudicare? L'amore è qualcosa di volubile, non è una sola cosa: sono più sfaccettature"
"Però ci deve essere un amore che vada considerato vero"
"Perchè? Ognuno ama a modo suo"
"Quindi non esistono due amori uguali? Nemmeno tra due persone che condividono il proprio?"
Il Cappellaio si voltò verso Daisy, con la tazzina di tè sollevata verso di lei quasi come se volesse brindare alla sua salute.
"Cosa ne pensi?" domandò.
Nella sua mente comparvero un paio di occhi nocciola e dalle braccia forti che la lanciavano in aria per poi riprenderla subito, facendola ridere.
Sentiva la voce di sua madre che gridava di tornare dentro perchè era pronto in tavola, mentre suo fratello le stava accanto aggrappato alla sua vita.
"Penso che amare sia sinonimo di rimanere" disse Daisy "se una persona ti abbandona è perchè non ti ama"
Le sembrava che l'aria fosse improvvisamente sparita, il che era impossibile perchè erano all'aperto.
Posò la tazzina sul tavolo, forse con troppa irruenza perchè il contatto della procellana sul suo piattino fece un rumore acuto.
"E poi l'amore vero non esiste" continuò "è solo un'illusione letteraria creata dai poeti per farti sentire meglio, per darti speranza. La speranza è forte, ma se porta solo a delusioni allora è solo un'altra illusione"
Si alzò, mentre il Cappellaio Matto e la lepre marzolina la guardavano in silenzio.
Sembrava che lei avesse infranto i loro sogni.
"È stato un piacere, ma devo andare" concluse.
Daisy non aspettò una risposta, si voltò e si allontanò il più velocemente possibie.
Non era fiera del proprio comportamento, ma quando le persone toccavano determinati argomenti le veniva naturale e istintivo mettersi sulla difensiva.
Ora voleva solo tornare a casa.
Individuò un albero e vi si nascose dietro, in modo da non essere vista da occhi indiscreti.
Anche se si trovava nel Paese della Meraviglie era meglio evitare di farsi vedere mentre tornava nel mondo reale.
Chiuse gli occhi e strinse l'anello tra le dita, così forte che provò un pizzico di dolore.
"Domum me fer" disse.
Quando sentì il proprio corpo dissolversi, come se improvvisamnete non fosse diventata altro che aria, ritornò a respirare.

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