XX. Intreccio

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"Vi state evitando" esordì Chris, posizionandosi nel banco accanto alla finestra.
Daisy scosse la testa.
"Non è vero" rispose.
Lui schioccò la lingua, mettendo le braccia conserte.
I suoi occhi castani erano ironici.
"Allora vediamo se così mi spiego meglio" disse "tu stai evitando Stephen e Stephen sta evitando te"
"Continuo a dirti di no"
Chris sbuffò.
"Quindi mi sto immaginando che sono quasi tre settimane che non vi rivolgete una parola? Che se io sto parlando con te e lui vuole dirmi qualcosa aspetta tu vada via? Che tu fai esattamente lo stesso?"
Daisy rimase in silenzio, guardando un punto fisso sul banco davanti a lei.
"Vuoi raccontarmi cos'è successo?" domandò infine lui, con tono gentile.
Lei scosse la testa, leggermente, ma fu abbastanza perché sentì Chris sospirare.
Sapeva cosa stava pensando: se non si fosse aperta con lui, non avrebbe potuto aiutarla in nessun modo.
Ma era quello il punto: Daisy non voleva essere aiutata.
Sapeva di essere dalla parte del torto e di dover essere lei quella a scusarsi con Stephen, ma proprio non ce la faceva.
Ogni volta che provava a pensare ad un discorso di scuse, le parole iniziavano ad aggrovigliarsi tra di loro e poi le sue motivazioni diventavano così personali che non riusciva ad andare avanti.
Come avrebbe fatto a dirgli di essersi arrabbiata con lui perché quando lo aveva visto a terra e lo aveva creduto morto, si era sentita perduta?
Come poteva dirgli che non avrebbe potuto sopportare il pensiero di non rivederlo mai più?
Ma forse era meglio così: come aveva detto Chris, erano passate quasi tre settimane dal litigio, dall'episodio in Piccole Donne, e loro due non si erano più rivolti la parola.
Era quasi come se tutto ciò che era successo nei mesi precedenti non fosse mai esistito.
Stephen le mancava terribilmente, ma non sapeva come fare per rimediare.
Aveva paura.
Come se dentro di sè avesse avuto un pozzo e, se Daisy gli avesse rivelato la verità sui suoi sentimenti, allora sarebbe caduta inesorabilmente al suo interno.
Era davvero meglio così.
Con il tempo Daisy si sarebbe scordata di Stephen e si sarebbe detta fosse andato tutto per il meglio: visto che non era effettivamente successo niente tra di loro, non c'era alcun rischio di essere ferita nuovamente.
Bugiarda, si disse, sei già ferita ed è solo colpa tua.
Quando Stephen entrò nell'aula e si sedette, nel posto più lontano possibile da lei, Daisy sentì una fitta al cuore.
Ricordava di aver sentito una canzone riguardo una ferita che sanguina sempre e si chiese se Stephen per lei sarebbe stato quello.
Chiuse gli occhi per un istante, cercando di schiarirsi i pensieri.
Purtroppo la verità era che avrebbe dovuto fare pace con lui per forza, perché altrimenti non avrebbe potuto trovare l'anello d'inchiostro.
Ed era un bel problema, visto che durante il litigio Daisy gli aveva praticamente dato dell'intralcio nella loro missione.
Si portò le dita alle tempie, sospirando.
"Non so cosa sia successo tra voi, ma dovete fare pace" le aveva detto Rebecca, quando Daisy le aveva detto che Stephen non sarebbe più andato con lei dentro Portalia "non ci andrai da sola"
"Ma manca solo un libro!" aveva ribattuto Daisy "Posso farcela anche da sola"
"Ho detto di no, Daisy. È troppo pericoloso"
"Come può essere pericoloso? La cosa più pericolosa che potrebbe capitarmi sarebbe ballare con il signor Collins"
Una settimana dopo il litigio, Daisy aveva decifrato anche l'ultimo verso dell'indovinello: "Infine le storie migliori sono quelle che all'inizio sembrano in un mdoo, ma ad un'occhiata più attenta si riesce a capire quale sia il loro vero valore, anche se a volte bisogna rimangiarsi la propria parola".
Si trattava di Orgoglio e pregiudizio – perchè i versi parlavano chiaramente di come all'inizio sia Elizabeth Bennet che il signor Darcy avessero giudicato male l'altro, finendo poi per cambiare così tanto idea da innamorarsi reciprocamente – e quando Daisy lo aveva scoperto aveva immaginato se stessa danzare con Elizabeth, Jane, Darcy e Bingley.
E inevitabilmente aveva immaginato Stephen al suo fianco.
"Non cambierò idea" aveva detto Rebecca, in un tono che non ammetteva repliche "non mi interessa se si tratta di un libro di Jane Austen in cui non succede nulla che non sia romantico. Senza Stephen non ci andrai"
"Come puoi dire così? È l'ultimo libro prima di scoprire dove si trova l'anello d'inchiostro"
"Visto che sono io quella che ti permette fisicamente di entrare nei libri posso eccome. Mi dispiace, ma non permetterò che tu sia in pericolo quando posso evitarlo"
Ora, Chris le diede un colpetto sul braccio e Daisy ritornò con la mente al presente.
Il professor Gilbert era entrato in classe e stava iniziando la lezione.
Lei aprì il libro di letteratura alla pagina indicata, ma non riuscì a seguire molto se non qualche parola della spiegazione del professore.
La sua mente continuava a tornare sull'argomento Stephen e ogni volta sentiva una stretta al cuore.
Come posso pensare che ci proteggeremo a vicenda quando sembro io l'unica a cercare di farlo?
Era stata ingiusta a dire quelle parole, lo sapeva.
Stephen l'aveva protetta costantemente, quando era andato a salvarla sulla Jolly Roger insieme a Peter Pan proponendosi prima come ostaggio al suo posto, quando aveva cercato di intercedere per lei con Achille.
Daisy non era mai impulsiva, ma quella volta durante il loro litigio lo era stata fin troppo.
Come poteva scusarsi?
Ricordava di avergli detto, una volta, che lei non provava sensi di colpa perchè non teneva abbastanza a nessuno da farlo soffrire ma forse non avrebbe dovuto essere così sicura di sè.
Quando la campanella suonò, segnalando la fine dell'ora, Daisy scattò in piedi.
"Ehi, hai le pulci tra le chiappe?" domandò Chris.
Lei alzò gli occhi al cielo.
"Non essere così..."
"Insolente? Sfacciato? Daisy, sai che non siamo in Una Vita?"
"È sempre stato molto meglio il Segreto"
Si voltò e vide che Stephen stava uscendo dalla classe, probabilmente diretto agli armadietti.
"Parlagli" dise Chris, mettendole le mani sulle spalle "risolvi qualsiasi cosa sia successa tra di voi"
"No!" esclamò una voce, sconvolta "Ditemi di no!"
Daisy quasi sobbalzò per la veemenza della voce e si voltò verso il punto da cui proveniva: la cattedra.
Registrò distrattamente che anche tutti gli altri studenti avevano lasciato l'aula mentre Gilbert, con gli occhi nocciola spalancati, si stava dirigendo verso loro due.
"È qualche tempo che vedo che tu e Stephen passate meno tempo insieme, ma pensavo – speravo – che fossero solo miei impressioni e invece..." esitò, nervoso "siete in crisi?"
Daisy non sapeva bene se scoppiare a ridere per la reazione eccessiva di Gilbert – come se loro fossero la sua coppia preferita in un reality show – o mettersi a piangere nel bel mezzo della classe.
"È una pausa" rispose Chris, quando si rese conto che lei non avrebbe risposto.
"Oh no" Gilbert sembrava davvero triste per loro "devi salvare la tua relazione, Daisy, devi"
"Certe cose sono destinate a rompersi prima o poi" mormorò Daisy.
Il professore scosse la testa e poi le prese le mani tra le sue, guardandola con determinazione.
Daisy rimase immobole, tirandosi istintivamente un po' indietro.
"Voi no" ribattè Gilbert "non arrenderti, capito? Il modo in cui vi guardate quando pensate che l'altro non se ne accorga è lampante e non è cambiato dai mesi scorsi. A dirti la verità sembra molto più forte e intenso"
Lei si ritrovò con la bocca asciutta, incapace di replicare.
Cosa poteva dirgli?
Che forse avrebbe avuto davvero l'occasione di costruire qualcosa insieme a Stephen ma aveva rovinato tutto?
Eppure, Gilbert poteva avere ragione?
Stephen la guardava, la osservava, faceva ancora caso a lei quando Daisy era distratta?
Forse allora c'era speranza.
Se Daisy gli avesse parlato, l'avrebbe perdonata?
"Dice davvero?" domandò, con un filo di voce.
"Ma certo! Guarda che io sono un attento osservatore e non ho mai un'intuizione sbagliata"
Sembrò rendersi conto di starle ancora tenendo le mani e che fosse una cosa inappropriata, perchè la lasciò andare schiarendosi la gola, un po' imbarazzato.
"Cosa stai ancora aspettando?" concluse alla fine, facendole cenno di uscire dall'aula "Corri a cercare Stephen!"
Chris affiancò il professore.
"Sono completamente d'accordo" commentò e si voltò verso di lui "Prof, sa che è appena diventato il mio nuovo idolo?"
Gilbert aggrottò la fronte.
"Sinceramente non so se prenderlo come un complimento, Gomez" borbottò.
Probabilmente aggiunse altro, ma Daisy era già uscita dalla classe.
Per la prima volta nella sua vita, capì la fretta e l'eccitazione che provavano i personaggi dei film quando avevano un obiettivo da raggiungere e avevano poco tempo.
Quando svoltò l'angolo, si fermò di botto.
Stephen era qualche metro più in là e stava sistemando dei libri nell'armadietto.
Il corridoio era deserto e il solo rumore che Daisy sentiva era il battito del suo cuore che rimbombava nelle orecchie.
Che diavolo le era saltato in testa?
La sua mente era completamente vuota, come se fosse in corso un blackout completo e i pensieri fossero scomparsi.
Forse la scelta migliore era andarsene.
Dopotutto, Stephen non si era accorto di lei.
Sei una codarda?, le domandò la voce di Jesse nella mente.
Fece un respiro profondo, avvicinandosi.
"Ciao" esordì e la voce le uscì più roca del previsto.
Stephen si voltò a guardarla, con gli occhi grigi che parevano indecifrabili.
Quand'era successo?, si domandò, Daisy era sempre stata capace di leggere dentro di lui.
Stephen era sempre stato un libro aperto, ma ora sembrava aver tirato una grossa X su tutte le pagine.
"Ehi" rispose "hai bisogno di qualcosa?"
Forse sarebbe stato meglio se le avesse risposto male.
"Sì" disse Daisy e ora erano l'uno di fronte all'altra "vorrei mi ascoltassi"
Stephen chiuse l'armadietto e la guardò.
Lui era più alto di lei solo di qualche centimetro ma in quel momento Daisy si sentiva incredibilmente piccola.
"Ti ascolto" disse Stephen, dopo un po', visto che lei non aveva proferito parola.
Daisy si schiarì la gola.
Era stata una pessima idea, si disse, perchè diavolo aveva ascoltato Gilbert?
Non aveva idea di come scusarsi e di come rimediare.
Doveva fare qualcosa e doveva farlo in fretta, perchè Stephen non sarebbe rimasto lì ad aspettarla per sempre.
Alla fine si ritrovò a tendere una mano verso di lui, in attesa che lui la prendesse, senza sapere bene perchè l'avesse fatto.
"Per favore" sussurrò.
Stephen la osservò a lungo, come se stesse decidendo se accettare la sua offerta o no.
Alla fine fece un sospiro e intrecciò le sue dita con quelle di lei.
"Ragazzi, ma cosa ci fate ancora qua? L'assemblea sta iniziando!" esclamò una voce.
I due si voltarono di scatto, lasciando andare l'intreccio delle loro dita.
Avery James, la presidentessa del comitato studentesco li guardava dal fondo del corridoio.
Poi sembrò realizzare fossero stati vicini perchè le guance le si imporporarono.
"Oddio" esclamò "ho interrotto qualcosa? Dio, non sapete quanto mi dispiaccia io..."
"No!" quasi gridò Daisy, scuotendo la testa "Non hai interrotto assolutamente nulla, davvero. Arriviamo, Avery"
Avery si voltò e fece loro strada, con il caschetto rosso che oscillava sfiorandole il mento.
Un metro separava Dasiy e Stephen, come se nessuno dei due avesse il coraggio di farsi più vicino.
L'aria sembrava crepitare tra di loro.
Quando arrivarono in palestra, si sedettero negli ultimi due posti vuoti, sulla gradinata più in alto, mentre Avery raggiungeva gli altri membri del comitato studentesco.
La preside Folk comparve dopo qualche secondo, raggiungendo il microfono al centro della palestra.
"Buongiorno a tutti" esordì, sorridendo e guardando gli studenti "l'assemblea di oggi riguarda il ballo studentesco che si terrà prossimamente. Signorina James?"
Avery sorrise alla preside e prese il suo posto.
Era una ragazza minuta, ma quando parlò un'aria di autorità la circondò.
"Salve a tutti, io sono Avery James, presidentessa del comitato studentesco" iniziò.
Daisy alzò gli occhi al cielo e sentì Stephen trattenere una risata.
"Come ha già anticipato la nostra amata preside, oggi vi dirò le ultime informazioni riguardo il ballo per i ragazzi dell'ultimo anno" continuò "il ballo si terrà la settimana prima del diploma e come già vi avevo anticipato con i volantini, il dress-code necessario deve essere creativo. Dovrete tutti vestirvi come il personaggio di un classico della letteratura di qualsiasi cultura e, per non limitare la vostra inventiva, potrete interpretare come preferirete il vostro personaggio. Non servono per forza abiti d'epoca: per chi non li avesse, si può benissimo cercare di capire la personalità del personaggio scelto e sperimentare con abiti moderni! Non è bellissimo?"
Il suo entusiasmo coinvolse ben pochi studenti che si stavano lanciando occhiate un po' confuse.
"Domande?" tentò Avery, con il sorriso che andava smorzandosi.
Dopo quella che sembrò un'eternità, una mano si alzò.
Oh no, pensò Daisy.
"Sì?" fece Avery.
"Quindi, ipoteticamente" iniziò la voce di Chris "se io scegliessi come personaggio Ettore, potrei presentarmi nud-"
"No!" gridò la preside, prima ancora che lui finisse la domanda "Assolutamente no, Gomez. Guai a te"
Chris alzò le mani in segno di resa.
"Era un'ipotesi" si difese.
"Bene" aggiune in fretta Avery, un po' nervosa "dunque... ah sì! Ovviamente sono invitati tutti gli studenti dell'ultimo anno ed è permessa l'entrata di esterni al liceo, anche se dovranno essere detti i loro nomi al comitato studentesco con largo anticipo"
Un'eco di gioia si levò tra gli studenti.
Lei sembrò sollevata di aver riscontrato successo su almeno un punto, perchè sorrise e iniziò a rispondere ad altre domande riguardo la playlist e gli orari.
Dasiy smise di ascoltare dopo i primi due minuti.
Sentiva la presenza di Stephen accanto a sè e temeva di poter scattare sull'attenti come un gatto agitato a qualsiasi suo movimento.
Lui le aveva preso la mano, prima, era vero, ma cosa significava?
Daisy non gli aveva chiesto scusa, ma avevano fatto pace lo stesso?
Eppure... non le sembrava giusto.
All'improvviso, con la coda dell'occhio notò che Stephen si era mosso.
Abbassò lo sguardo e vide che lui le stava porgendo la sua mano, con il palmo aperto.
Daisy intrecciò le sue dita con quelle di Stephen e gli strinse la mano.
"Mi dispiace" disse, a bassa voce, continuando a guardare Avery che parlava gesticolando "non avrei dovuto reagire così. Le cose che ho detto non sono vere e io non le penso davvero. Lo so che tieni alla missione quanto ci tengo io e non avrei dovuto dubitarne. Mi dispiace"
Lui rimase in silenzio.
Cosa poteva dire di più?
Forse avrebbe dovuto scrivergli una poesia di scuse.
"Io mi fido di te, Quarterback" bisbigliò Daisy, alla fine, come ultima speranza, un ultimo porto prima della tempesta "davvero"
Di' quacosa, pensò, tutto ma non rimanere in silenzio.
Stephen alla fine sospirò, annuendo piano.
"Lo so" rispose, in un sussurro "perché dopo tutto questo tempo ho imparato a leggere tra le righe di ciò che dici"
"Non è così facile. Io non sono così facile"
"Non lo è e tu non lo sei"
Le strinse la mano una volta.
"Ma ne vale la pena" bisbigliò.

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