VIII. Le luci della ribalta

33 6 0
                                    


Quell'anno forse sarebbero stati fortunati e avrebbero avuto un bianco Natale, pensò Daisy.
Stava osservando i fiocchi di neve cadere oltre la finestra della aula di letteratura inglese, il venerdì prima delle vacanze invernali.
Il professor Gilbert era particolarmente di buon umore quel giorno e ora stava spiegando Dickens gesticolando.
"Fra un paio di giorni è Natale!" aveva detto entrando in classe "Perciò, quale romanzo migliore da analizzare se non Canto di Natale?"
Daisy era stata contenta non avesse fatto battute sul suo cognome — cosa che Gilbert non perdeva occasione di fare — visto che era lo stesso dello scrittore del libro: tutta la classe si sarebbe voltata verso di lei e lei non aveva alcuna intenzione di rimanere al centro dell'attenzione.
Voleva solo rimanere lì, seduta sul suo banco accanto alla finestra e vicino al calorifero che emanava un lieto calore ad ascoltare le peripezie di Scrooge.
Stephen era seduto accanto a lei e sembrava perso nei suoi pensieri, perché non svoltava la pagina del libro da cinque minuti buoni quando Gilbert doveva aver spiegato almeno altre tre pagine.
Aveva la fronte aggrottata, notò Daisy, come se qualcosa lo preoccupasse.
Ripensò al modo in cui l'aveva abbracciata il giorno prima dopo che lei si era aperta con lui.
Non le aveva posto domande scontate e non aveva cercato di darle pareri filosofici su come la vita fosse crudele ma comunque il sole sarebbe sempre tornato a splendere.
Era solo rimasto lì con lei.
Quando quella mattina si erano incontrati per caso davanti a scuola, Stephen le aveva sorriso come se fossero amici di vecchia data e l'aveva accompagnata all'armadietto, chiacchierando del più e del meno.
Temeva che dopo avergli raccontato la verità su quanto la sua famiglia fosse spezzata — su quanto lei stessa fosse spezzata — niente sarebbe tornato più come prima: Stephen l'avrebbe trattata con i guanti, come se fosse una bambola di porcellana che al primo movimento brusco avrebbe potuto rompersi.
Ma si era sbagliata.
Stephen era rimasto il solito divertente e a volte fastidioso e insistente Stephen.
All'improvviso una pallina di carta volò davanti a lei e cadde sul suo banco.
Chris, pensò, alzando gli occhi al cielo, perché era sicura fosse stato lui a lanciarla visto che era seduto dietro di lei.
Daisy si assicurò che Gilbert fosse distratto — stava scrivendo alla lavagna lo schema di Propp ma era ancora fermo alle peripezie di Scrooge — e aprì il bigliettino.
La scrittura disordinata e storta le confermò chi fosse l'artefice di tutto quello.

Sai che un bacio sotto la neve è molto più romantico di uno sotto la pioggia? (Non ti bagni tutti i vestiti e i capelli, per prima cosa). Stai solo attenta non metterti scarpe con il tacco o ti ritroverai come Cameron Diaz in L'amore non va in vacanza (cavolo, quanto è bello Jude Law?). Perché non lo sperimenti con qualcuno?
P.S. Se non l'avessi capito, con "qualcuno" intendo Stephen.
P.P.S. Oggi pomeriggio davanti casa tua sarebbe perfetto, casualmente passerò proprio di lì e vi farò una foto ricordo.
-Watson.

Daisy non sapeva se mettersi a ridere, arrossire o urlare.
Alla fine decise di strappare in tanti piccoli pezzetti il biglietto.
Si voltò verso Chris e lo guardò con un sopracciglio alzato, mimando il gesto di due mani che strangolano qualcuno e poi puntandogli un dito contro.
Lui alzò gli occhi al cielo e poi mimò il gesto di due persone che si baciavano.
Lei gli diede mentalmente dello stupido e si voltò di nuovo verso la lavagna.
Pensò a Scrooge, costretto per le sue azioni e il suo comportamento a passare ogni anno il Natale da solo con la sua avarizia.
Le feste erano fatte per stare insieme, ma se non si aveva nessuno con cui stare?
Se un giorno fosse successo qualcosa a sua madre, cosa sarebbe rimasto a Daisy?
Cosa l'avrebbe salvata dall'essere come Scrooge?
Si rese conto che Stephen la stava guardando e lei si ritrovò a ricambiare lo sguardo.
Lo immaginò diventare un uomo con un filo di barba e i lineamenti ben definiti, poi un genitore con le rughe intorno alla bocca per i molti sorrisi e infine un anziano con i capelli brizzolati e una fede al dito.
Per un istante desiderò di poter essere al suo fianco per accompagnarlo in quel viaggio.
Quando la campanella suonò, segnando la fine della lezione e della giornata scolastica, Daisy sobbalzò sulla sedia.
Per quanto tempo erano rimasti a guardarsi negli occhi?
Si affrettò a fingersi indaffarata a mettere via le sue cose nella borsa, in attesa che Stephen uscisse dalla classe senza di lei.
Ma quando si voltò per andare via, se lo ritrovò davanti.
"Quarterback" disse, sorpresa "pensavo fossi già andato via"
Impedì alle proprie guance di arrossire con grande forza di volontà.
Stephen scosse la testa.
"Volevo chiederti se ti andasse di venire a bere qualcosa da qualche parte" disse "dobbiamo parlare"
Il biglietto di Chris le balenò nella mente — soprattutto perché in quel momento vide oltre Stephen lo stesso Chris che, mentre usciva dalla classe, le faceva il pollice in su e muoveva le mani come se la stesse spingendo fisicamente verso Stephen — ma all'improvviso ricordò che c'erano cose più importanti che i baci sotto la neve o gli sguardi sfuggenti a lezione.
Daisy annuì.
"Dobbiamo pensare al prossimo verso dell'indovinello" disse, dopo aver controllato che nella classe fossero rimasti solo loro due "capire in quale libro si trovi il prossimo oggetto"
"Oh giusto" disse Stephen.
Lei ebbe la sensazione che la loro missione non gli fosse nemmeno passata per la testa.
"Andiamo all'Armory?" chiese Daisy.
Lui annuì.
Quando uscirono dalla classe, trovarono Gilbert sulla porta che aveva appena smesso di parlare con un altro professore.
"Buone vacanze ragazzi!" disse l'uomo "Mi raccomando, riposatevi perché i prossimi mesi saranno duri in vista del diploma"
Li osservò un istante e Daisy notò un luccichio malizioso nei suoi occhi nocciola.
"Passerete le vacanze insieme, se posso chiedere?" continuò.
Inizialmente spiazzata da quella domanda, Daisy ricordò all'improvviso della punizione mesi prima quando Stephen aveva convinto Gilbert a distrarre il coach Landon dicendogli che aveva una cotta per lei e aveva trovato il coraggio di dichiararsi.
Prima che Daisy potesse dire qualsiasi cosa, Stephen la precedette.
"Se mi dirà di sì, professore" rispose sorridendo.
Lei fece del suo meglio per rimanere impassibile e limitarsi a sorridere.
Stephen stava solo reggendo il gioco, giusto?
"Sono sicuro di sì, vero Daisy?" Gilbert le fece l'occhiolino "Immaginate che bello sarebbe se entrambi andaste a Yale l'anno prossimo! Potreste stare insieme nel campus e-"
"Ha proprio ragione" intervenne Daisy "ci scusi, ma dobbiamo davvero andare ora. Buone vacanze!"
Prima che Gilbert potesse partire di nuovo all'attacco, Daisy prese Stephen per un braccio e lo trascinò per il corridoio finché non si ritrovarono fuori scuola.
"Gilbert mi sta proprio simpatico" annunciò lui, una volta fuori.
Si era infilato il berretto sul capo, ma, probabilmente per la fretta, ora era storto.
Daisy si trattenne dal sistemarglielo, perciò si assicurò che il proprio le coprisse bene le orecchie.
Sentiva che il suo naso stava già diventando di ghiaccio.
"Stavi improvvisando prima, vero?" domandò invece "Quando hai parlato di passare le vacanze insieme"
Lui sembrò arrossire, ma poteva benissimo essere il freddo a fargli quell'effetto.
"Qui fa troppo freddo per parlare" disse "andiamo all'Armory"
Oh no, pensò Daisy, di solito sono io quella che elude le domande.
Giunsero al bar dopo poco tempo e, quando vi entrarono, il calore dato dal riscaldamento e dai caloriferi accesi fu di conforto.
C'era qualcosa di incredibilmente rassicurante nell'essere al caldo dopo essere stati al freddo.
Jamie, la cameriera dell'altra volta, arrivò per prendere le ordinazioni.
Questa volta, nonostante Daisy avesse ordinato di nuovo una tazza di cioccolata calda con la cannella, Stephen ordinò un espresso.
Mentre la cameriera andava via, Daisy si ritrovò a pensare che ormai l'Armory sembrava diventato il loro ritrovo abituale per parlare della loro missione e si disse che se al posto della cioccolata calda avesse ordinato un milkshake con la panna si sarebbe sentita come se fosse da Pop's con gli abitanti di Riverdale.
"Ora siamo al caldo" disse alla fine "vuoi dirmi cosa ti passa per la mente?"
Stephen rimase in silenzio qualche istante, come se stesse scegliendo quali parole usare.
"I miei genitori mi hanno fatto una proposta, ieri" iniziò "proposta da estendere a te"
Daisy si mosse sulla sedia, un po' a disagio.
"Quale proposta, esattamente?" chiese, cauta.
"DipassareilNataleconnoi"
Lei sbattè le palpebre un paio di volte.
"Cosa?"
Lui sospirò.
"Di passare il Natale con noi" ripetè, stavolta lentamente "di solito andiamo sempre a un pranzo dell'alta società con i colleghi di mio padre o importanti banchieri, ma quest'anno no. Mia madre voleva fare qualcosa di più intimo"
"Con me"
"In realtà l'invito è esteso a tutta la tua famiglia"
Daisy rimase in silenzio per un po' e Jamie tornò con le loro ordinazioni.
Strinse le dita attorno alla tazza bianca e sentì il calore propagarsi come una scarica elettrica.
Da quanto tempo lei e Rebecca non passavano un Natale per bene, non solo loro due a guardare film natalizi e bere cioccolata calda?
Non che fosse un brutto modo di passare le feste, ma Daisy ricordava come le festeggiavano prima: la notte di Natale Cory creava un sentiero di caramelle dalla camera di Daisy fino al salotto, in modo che lei lo seguisse e arrivasse ai piedi dell'albero addobbato, mentre Jesse si occupava di essere il DJ della giornata e mettere a tutto volume ogni playlist possibile ed immaginabile di Michael Bublè.
Al pomeriggio, poi, tutta la famiglia andava a Prospect Park per una battaglia a palle di neve oppure per creare dei pupazzi di neve.
Alcune volte erano perfino andati a trovare le sue cugine — le figlie del fratello di Rebecca — a Los Angeles, passando tutte le feste con loro.
Ma da quando Jesse era morto e Cory se n'era andato, non avevano potuto fare nessuna di quelle cose: le canzoni di Michele Bublè recavano solo tristezza, Daisy aveva smesso di mangiare qualsiasi tipo di caramelle e non avevano abbastanza denaro per permettersi un viaggio fino in California.
L'idea di Stephen non era affatto brutta come aveva pensato in un primo momento.
Non aveva mai incontrato i suoi genitori, pensò, e si chiese come fossero.
"Va bene" rispose alla fine "devo chiedere a mia madre, ma penso non avrà nulla da obiettare"
Stephen fece un verso sorpreso.
"Davvero verrete?" fece.
Daisy schioccò la lingua.
"Mi credi davvero così tanto uno Scrooge, Quarterback?"
Lui scosse la testa.
"Pensavo ci fosse eterna rivalità tra Brooklyn e Manhattan" rispose "specialmente considerando che abito nell'Upper East Side"
"Abiti davvero nell'Upper East Side?"
Stephen annuì, bevendo un altro sorso di caffè.
"Be' non credere di conquistarmi con il tuo fascino da Nate Archibald" disse Daisy, guardandolo, divertita.
"Chi?"
Lei alzò gli occhi al cielo.
"Non so neanche perché faccio riferimento al mondo del cinema con te" rispose.
Stephen le sorrise.
"Non hai capito" ribattè "Nate Archibald? Ma per favore. Io sono Chuck Bass"
Daisy non riuscì a trattenere una risata.
Sarebbe stato un bel Natale, pensò, mentre sorseggiava la sua cioccolata.
Ma il momento di divertimento durò poco.
"Dobbiamo pensare al prossimo libro" disse "qual'è il verso seguente ai Promessi Sposi?"
"E quelle stesse stelle indicheranno la via per un posto luminoso" disse Stephen, subito.
Lei non potè fare a meno di guardarlo ammirata, ma si ricompose subito.
"L'hai imparata a memoria?" domandò.
Lui arrossì.
"È più veloce così" si giustificò "e poi ho una grande memoria"
Daisy rimase in silenzio qualche istante.
La dedizione di Stephen era incredibile, considerando fosse appena venuto a conoscenza di Portalia.
Non aveva avuto anni come lei per affezionarvisi e desiderare con tutta se stessa la sua salvezza.
Stephen credeva in Portalia e nella sua importanza perchè Daisy ci credeva.
Devo dire io cosa sembra o lo fai da sola?, domandò una vocina nella sua testa che aveva un'incredibile somiglianza con la voce di Chris.
Daisy la ignorò.
"Questo libro è facile" disse alla fine "il sogno di ogni bambino"
Stephen la stava guardando perplesso e forse anche un po' imbarazzato.
"Non sai di che libro parli l'indovinello?" continuò lei, sorpresa.
"Dovrei?"
"Dio, Quarterback, che infanzia terribile hai avuto? È Peter Pan!"
"Continua a non dirmi nulla"
"Davvero? Non hai visto nemmeno il cartone animato?"
Lui scosse la testa.
"Io l'ho detto che non hai una cultura cinematografica" concluse Daisy.
Stephen le tirò addosso il tovagliolo che era rimasto intatto accanto a lui e lei rise.
"D'accordo, allora" fece alla fine Daisy, con ancora il sorriso sulle labbra "ci sono tre fratelli nella Londra ottocentesca, okay? Wendy, Michael e John Darling. Una notte entra nella loro camera un ragazzino capace di volare grazie alla polvere fatata, Peter Pan, e decide di portarli con sè sull'Isola che non c'è, seguendo la seconda stella a destra. Sull'isola che non c'è ci sono i Bimbi Sperduti, bambini sena genitori, c'è Trilli, la fata innamorata di Peter e poi c'è ovviamente Capitan Uncino con la Jolly Roger e la sua ciurma di pirati"
"Capisco perchè i bambini siano attirati da questa storia" commentò Stehen "anche io ho avuto il mio periodo pirata"
"Oh posso immaginarti con la benda scura sull'occhio e una spada in mano"
"Anche qualche dente in meno"
"Sono sicura fossi carinissimo"
Lui la fissò, stupito.
Daisy stessa era stupita – no, era assolutamente sconcertata: non era da lei dire cose del genere.
Era come se le parole le fossero uscite senza che nemmeno se ne fosse accorta, come se avessero avuto vita propria, come se la lingua avesse avuto la meglio sulla mente.
"Davvero?" chiese Stephen, piano.
"Si è fatto tardi" Daisy si alzò di scatto e la sedia strisciò dietro di lei "devo tornare a casa. Scrivimi l'indirizzo di casa tua"

WonderlandDove le storie prendono vita. Scoprilo ora