XXII. Sangue e inchiostro

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"Perciò avete tutti gli oggetti" esordì Rebecca.
Lei, Daisy e Stephen erano seduti al lungo tavolo di legno nella parte di biblioteca dedicata allo studio.
I sei oggetti – il fermaglio di Lucia, la polvere fatata di Trilli, il pugnale di Patroclo, la collana di Circe, il calamaio di Jo March e il nastro di Darcy – erano sul piano, in mezzo ai tre, come antiche ed inestimabili reliquie.
"Prima che diciate qualsiasi cosa" disse Daisy, passando lo sguardo dagli occhi castani della madre a quelli grigi di Stephen "non darò l'anello ad Ignatius"
"Davvero?" esclamò lui.
Lei annuì.
"Non te l'avrei permesso" osservò Rebecca "non abbiamo alcuna prova che Ignatius sia chi dice di essere"
"C'è qualcosa in questa storia che non mi torna, infatti" continuò Daisy "prima non volevo accettarlo, perchè speravo fosse facile, speravo che le cose fossero come sembravano, ma non è così. Un cavillo c'è stato dall'inizio di questa storia: perchè l'anello d'inchiostro non è stato distrutto? Se i nostri antenati temevano che il Blake malvagio potesse risvegliarsi e tornare nel mondo reale, perchè non hanno semplicemente distrutto l'unica possibilità che avrebbe avuto per farlo?"
Si rivolse verso sua madre, perchè tra i tre era quella che avrebbe potuto dare risposte più concrete.
Rebecca aveva gli occhi castani scuriti.
"Perchè gli anelli sono come due enormi fonti di energia per Portalia" spiegò "così mi ha sempre detto tuo padre. Se uno dei due venisse distrutto, Portalia rimarrebbe danneggiata per sempre. Tutta Portalia diverrebbe un'enorme estensione del Vuoto"
"Ignatius ti ha detto che vuole che gli porti l'altro anello per unirlo al tuo" disse Stephen, con la fronte aggrottata "se distruggere gli anelli distruggerebbe Portalia, è possibile che l'unione possa fare l'esatto contrario..."
"Alla persona che li unirà" concluse Daisy.
Lui annuì, incatenando i loro sguardi.
"C'è anche un'altra cosa strana" disse Rebecca.
Bevve un sorso di caffè, prima di riprendere.
"Da quando avete iniziato questa impresa di recupero, ho spulciato tutti i libri della biblioteca riguardo i Dickens e i Blake" li guardò "non c'è una sola parola su un custode di Portalia"
"Ignatius mi aveva detto che non aveva idea di come Portalia fosse stata creata, sapeva solo che il suo ruolo da sempre era porteggerla" commentò Daisy, con gli occhi azzurri scuriti "lui mi sembra molto umano. Come può un umano essere nato e cresciuto da solo nel Vuoto? E se..."
Rimase in silenzio un istante, come rimuginando.
Aveva visto la visione del Blake addormentato in quella bara di cristallo, ma l'aveva vista attraverso Ignatius.
Chi le assicurava fosse la verità?
Dopotutto, Ignatius avrebbe potuto benissimo farle vedere una mera invenzione e spacciarla per la realtà.
La sua fretta nell'ottenere l'anello era sospetta.
Nella sua ultima visita le aveva detto che ogni qualvolta che Daisy entrava in un libro, dava come delle scosse a Portalia, che rendevano sempre più prossimo al risveglio Blake.
Ma Daisy – e Jesse prima di lei – entrava nei libri da anni, più volte a settimana e per molto tempo.
Perchè Portalia non aveva mai avuto alcun problema?
Tutto era iniziato quando lei era finita nel Vuoto per la prima volta.
Tutto riportava ad un sola persona, l'unica costante in quell'equazione: Ignatius.
"E se Ignatius non fosse altro che Blake?" concluse alla fine.
Stephen battè una mano sul tavolo.
"Lo sapevo!" esclamò "Sono mesi che ti dico che quell'uomo non me la racconta giusta. Quando ti ha fatto vedere quella bara può averti ingannato-"
"Quale bara?" s'intromise Rebecca "Daisy, non avevi parlato di alcuna bara"
Daisy lanciò un'ccohiata di fuoco a Stephen, che si era accorto del proprio errore.
Ormai non aveva senso mentire.
"Sono tornata nel Vuoto" esordì lei, guardando sua madre "mi dispiace, so che non volevi, ma non avevo altra scelta. Ho scoperto perchè Portalia ha iniziato ad avere problemi e Ignatius mi ha mostrato una visione di un uomo in una bara di cristallo, dicendo fosse Blake"
Rebecca la guardò scuotendo la testa, ma non si arrabbiò più di tanto.
L'atmosfera era già fin troppo cupa di per sè.
"Probabilmente Blake non è mai stato addormentato, semplicemente è stato relegato nel Vuoto senza il suo anello in modo che fosse bloccato lì per sempre" continuò "probabilmente credevano sarebbe bastato a fermarlo"
"Che cosa ha fatto in vita per essere stato condannato ad una simile sorte?" domandò Stephen.
Rebecca scosse la testa quando i due si voltarono a guardarla.
"I Dickens sembrano aver insabbiato tutto" spiegò "non c'è alcun documento, ritaglio di giornale o pagina di diario su di lui. Non saprei nemmeno quale dei Blake sia, visto che l'albero genealogico è andato avanti"
"Probabilmente Ignatius sperava che un giorno qualcuno sarebbe finito nel Vuoto e avrebbe potuto aiutarlo" disse Stephen "deve essere stato davvero contento quando sei capitata tu"
"La fortuna sembra stata proprio dalla sua parte" fece Daisy "considerando che io sono una Dickens e avevo appena conosciuto uno Stewart. Se fossi finita nel Vuoto solo l'anno scorso, non sarei stata di alcun aiuto, perchè non avrei avuto modo di trovare l'indovinello"
"Davvero una coincidenza" commentò Rebecca, spostando lo sguardo su Stephen "Stephen, ci hai detto che ogni anno tu e i tuoi vi spostate di città in città per il lavoro di tuo padre. Perchè siete tornati proprio a New York?"
Lui scrollò le spalle.
"Non ne ho idea" ripose "ma ho intenzione di indagare. I miei sanno più di quello che dicono e ora che abbiamo trovato tutti gli oggetti li affronterò. Forse sarò fortunato e scoprirò il nome di questo Blake"
"Sta' attento"
Daisy si rese conto di aver detto quelle parole solo dopo averle pronunciate.
Stephen spostò lentamente lo sguardo su di lei e non lo distolse per un istante di troppo.
Lei si schiarì la gola e si voltò verso sua madre.
"Mamma, tu sai cosa fare ora che abbiamo tutti gli oggetti?" domandò.
Rebecca esitò un istante.
"Dobbiamo comunque trovare l'anello" disse Daisy, con determinazione, sapendo fosse quello che frenava la madre "è troppo pericoloso lasciarlo dov'è ora, con gli oggetti qui a portata di mano di chiunque. Se Nick dovesse scoprire che abbiamo trovato tutti gli oggetti ma abbiamo lasciato l'anello... niente gli impedirebbe di trovare un modo di finire lui stesso la missione. Potrebbe rubarmi l'anello o trovare una scorciatoia"
"Lo so" disse Rebecca.
Sospirò.
"Quando troverete l'anello" continuò, con un tono che non ammetteva repliche "lo terremo qui fino a che non penseremo ad un modo per liberarcene"
"D'accordo"
Rebecca si alzò.
"Non sono riuscita a trovare molto ma nel diario di un Dickens di qualche generazione passata ho trovato qualcosa anche se non ha molto senso" disse.
Si diresse dietro il bancone e tirò fuori un quaderno rilegato in pelle, simile a quello che aveva detto di aver trovato Stephen a casa sua tanti mesi prima.
"Arthur Dickens, il tuo bisnonno, Daisy, aveva ipotizzato cosa fare una volta trovati gli oggetti" continuò lei "ai tempi avevo letto il suo diario ma non avevo capito a cosa si riferisse, ma ora sì"
Guardò la figlia.
"Dovresti avere una specie di intuizione, a quanto dice Arthur" concluse "forse toccando gli oggetti?"
Daisy inarcò un sopracciglio.
"Non sono Ofelia dell'Attraversaspecchi" disse "non posso toccare gli oggetti e scoprire il loro grande segreto"
Rebecca scosse la testa.
"Non so" fece "lui credeva che chiunque avesse intrapreso la missione di recupero avrebbe stabilito un legame con gli oggetti e avrebbe saputo cosa fare"
"Forse è come quando sei nelle vicinanze dell'oggetto" osservò Stephen "il tuo anello brucia, no?"
Daisy allungò la mano e prese il fermaglio di Lucia, ma era freddo al tatto.
"Non sento proprio niente" disse, frustrata "Mamma, mi passi il diario?"
Rebecca glielò passò e lei chinò lo sguardo.
C'erano scarabocchi difficili da decifrare – Arthur doveva aver avuto una pessima calligrafia – ma una frase spiccava più chiara di altre: "Il simile chiama il simile".
All'improvviso, Daisy ebbe un'idea.
"Cosa fai?" domandò Stephen, quando la vide muoversi.
Lei lo ignorò.
Si infilò il fermaglio nei capelli e per un istante le parve che l'anello alla base del collo pizzicasse.
Era la strada giusta.
Come guidata da una mano invisibile, come una marionetta guidata da fili, Daisy prese il nastro rosato e lo usò per legarsi i capelli biondi.
Poi prese la collana con il moly e se la legò al collo, allungando la mano verso la boccetta contenente la polvere fatata.
L'anello bruciava.
Prese il pugnale e la rovesciò su di esso, insieme all'inchiostro che colava dalla punta spezzata  del calamaio.
"Daisy?" la chiamò Rebecca, esitante.
Il calore dell'anello era quasi insopportabile, ma Daisy era sicura che se avesse resistito ancora un po' sarebbe arrivata alla soluzione.
Daisy era legata a quegli oggetti, com'era legata a Portalia, perciò se li avesse indossati tutti insieme forse sarebbe riuscita ad aprire una specie di canale mentale, come quello che aveva creato Ignatius, e sarebbe riuscita a capire dove fosse nascosto l'anello.
L'anello continuava a bruciare, ma la sua mente era buia.
Chinò gli occhi sugli scarabocchi del suo antenato, alla ricerca di qualsiasi inidizio o ipotesi e fu lì che lo vide.
Una piccola scritta, a piè di pagina, come se l'autore avesse avuto paura di renderla reale se l'avesse scritta più grande.
"Sangue chiama sangue".
Ora sapeva cosa fare.
Aveva senso, dopotutto.
Doveva provare di essere una Dickens.
Strinse la presa sull'elsa del pugnale e avvicinò la lama al palmo sinistro della sua mano.
"Daisy!" esclamò Rebecca un istante prima di Stephen che gridò "Shakespeare!".
Daisy chiuse la mano sulla lama e un dolore accecante la colpì.
Sentiva il sangue colarle lungo il polso, caldo e viscoso, ma capì di aver fatto la mossa giusta quando l'anello smise di bruciare.
Non si era nemmeno accorta di star scrivendo qualcosa sul diario, con la lama imbrattata del suo sangue Dickens per trovare l'anello dei Blake.
Quando ebbe finito, lasciò cadere il pugnale che fece un rumore sordo.
Non si era accorta di Stephen che si era mosso, andandole accanto, con un fazzoletto in mano.
Glielo legò stretto sul palmo ferito e la guardò negli occhi.
I suoi occhi grigi erano scuri come un cielo prossimo alla tempesta.
"Stai bene?" domandò, senza distogliere lo sguardo.
"Guarda" rispose Daisy.
A fatica distolse lo sguardo e indicò la pagina ingiallita.
Un nome spiccava scritto con il sangue e l'inchiostro.
Alice.

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