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Insperia, in un'era senza tempo

In un istante che neanche i primordiali seppero definire, nacque un giovane donna, dalle potenzialità infinite e annientata da un destino avverso.
Il suo nome era Caera, una delle ultime discendenti del clan della Linfa a possedere il tanto additato potere maledetto: la possibilità di essere salvati dalla morte.

Non ebbe fratelli, né sorelle.
Crebbe sola ma amata dalla sua famiglia, composta semplicemente dal padre, madre e dalla nonna paterna.
Quest'ultima, che possedeva il suo stesso dono, le insegnò tutto ciò che c'era da sapere, istruendola come solo un vero mentore sapeva fare. Lo fece, fino a quando non esalò il suo ultimo respiro.

Caera si distinse immediatamente per la sua bellezza: corpo fine, carnagione rosea costellata da lentiggini color ruggine, naso all'insù e una chioma lunga fino sopra i fianchi color amaranto. Le labbra sottili e gli occhi color ambra donavano un tocco di luminosità a quel viso piccolo e delicato.

Poco dopo aver superato l'età infantile ed essere finalmente entrata nell'età adulta, diventando donna, il padre decise che era arrivato il momento di uscire da quel piccolo villaggio in cui era cresciuta, presentandola alla società in occasione del ballo di Primavera che Insperia era solita organizzare con l'arrivo della stagione.
Essendo loro i detentori della sostanza vitale, il clan della Linfa era l'ospite d'onore, poiché con essa celebrava l'inizio di un nuovo ciclo di vita.

Ma non era solo questo il motivo per cui il padre l'aveva portata con sé.
Il ballo di Primavera era anche l'occasione perfetta per ogni giovane donna ancora nubile di trovarsi un marito, costruire una famiglia e procreare per il regno.
Erano obiettivi che, però, non rientravano nelle prerogative della vita di Caera: non desiderava trovare un uomo a cui tenere il bicchiere durante i gala o la mano negli incontri formali;
Lei voleva essere libera da ogni costrizione e vivere la sua vita come desiderava, senza che nessuno le dicesse cosa fare o come comportarsi.
La Libertà sarebbe stata la sua unica compagna di vita.
Così, nel bel mezzo di quelle celebrazioni, stretta all'interno di un abito verde, dal corsetto talmente angusto che non le permetteva di tirare un minimo sospiro, con una pesante parrucca impigliata tra i capelli e con del trucco estremamente troppo bianco per il suo incarnato, decise di fuggire da quel turbinio di luci, abiti e richieste di matrimonio indesiderate.

Sgattaiolò via dalle attenzioni dei suoi pretendenti e dall'occhio troppo pigro del padre, vagando per la corte di quell'immenso castello che aveva visto illuminato solo dalla sua finestra.
In quel giardino perfettamente curato e circondata da sculture di cespugli rigogliosi, riuscì finalmente a respirare allentando il laccio del corsetto e, per la calura del sole di quel pomeriggio, abbandonò la parrucca irritante sull'erba, come se qualche amante l'avesse persa, fuggendo da occhi curiosi.
Seguendo un viale in pietra grezza, arrivò all'ingresso di un vivaio, al cui interno crescevano indisturbate piante di diverso genere.
L'odore dei loro fiori si sprigionava in tutto l'ambiente vetrato, creando un profumo delicato e frizzante allo stesso tempo.
Serena, si aggirava tra la vegetazione, non curante del fatto che ci fosse qualcun altro lì con lei.

Un ragazzo, anche lui vestito per l'occasione, teneva una gamba sulla seduta dell'altalena, mentre con l'altra si dondolava lentamente, sfiorando con il piede a penzoloni il lago artificiale sulla cui superficie navigavano fiori di loto.

ONE OF USDove le storie prendono vita. Scoprilo ora