No more a mistake

Chapter 23

Mi guardava. Lo guardavo.
Anelli esterni in ardesia con verde acqua fino al nero, quegli occhi blu mi avevano fissato in tutti i modi migliori.
Era disgustosamente bello e la cosa continuava a ripetersi fino a farmi sentire una merda perché non ero bella quanto lui.
La sua mano fredda era sul mio collo, un tocco glaciale che mi fece gelare il sangue.
L'altra mano al fianco.
Una sensazione piacevole.
Speravo che quel momento non finisse mai.

《Non è una debolezza volersi lasciare andare》, disse.
《Volere l'emozione di correre un rischio. Il piacere di sentire la fretta.》
Sbattei le palpebre. 《Come hai-》
《Zitta.》Il suo sorriso era lento e facile, rivelando una fossetta raramente vista sulla sua guancia. 《Ne hai bisogno. Sei stato repressa tutta la notte, impazzita. Chiusa dentro il tuo dolore. Avanti, ora. Chiudi gli occhi e girati.》
《Ma io-》
Quel dito si alzò e premette dolcemente sulle mie labbra.
《Non discutere. Basta fare.》
L'obbedienza incondizionata di solito non è il mio modus operandi, ma con mia sorpresa mi limitai ad obbedire. Chiusi gli occhi, lasciando che l'oscurità mi prendesse, e poi mi spostai, in modo da trovarmi di fronte al vetro della stanza. Se avessi aperto gli occhi, avrei visto il cielo notturno allargarsi davanti a me. Invece vidi solo Christian, più bello di non so cosa.
Era certamente l'uomo più bello del creato, troppo bello per le persone minuscole più in basso, troppo bello per me.
Il David di Michelangelo è nulla in confronto a lui. Vi giuro che c'è davvero roba da cavarsi gli occhi, aveva detto una signorina nel casinò appena si è iniziato a parlare dei Cooper, di Christian.

Per un secondo l'istinto di immergere le dita nei suoi capelli biondo scuro spettinati divenne più forte di prima.
《Ti chiedo scusa》, disse.
Fece una pausa. Mi guardò a lungo prima di ricominciare. Era vero: gli sguardi erano discorsi fatti di silenzio.
《Sono un pezzo di merda e lo so》, le sue mani fredde erano sul mio collo.
All'improvviso mi ero dimenticata di come si respirasse.
《Sta zitto》, dissi freddamente.
《Sei un pezzo di merda, sono felice che tu ne sia consapevole. È il primo passo per essere una persona migliore 》, ero arrabbiata sì ma ero anche follemente innamorata.
Non disse niente, aspettò che dissi qualcosa.
《Ma sai una cosa, la cosa per cui ti odio di più ma allo stesso tempo amo?》, dissi.
《Il fatto che sia il più egocentrico puttaniere sulla terra? Dimmi qualcosa che io non sappia già》, rispose sorridendo.
Distolsi lo sguardo e guardai la luna.
《A volte quando ti guardo, e tu guardi di nuovo me, riesco a vedere qualcosa. Questo piccolissimo accenno di qualcosa di più, qualcosa che senti ma non puoi dire. Quando i nostri occhi s'incontrano, è come se fossimo immediatamente connessi. E so che nessuno lo comprende tranne noi, ma mi piace così》, feci una pausa. 《È come il nostro piccolo segreto: un posto dove andiamo quando tutto intorno a noi è pazzesco e hai bisogno di una parvenza di normalità》, mi voltai verso di lui. 《Dio, i tuoi occhi sono stupendi. Ci sono momenti in cui non desidero nient'altro che guardarti negli occhi, perché è quando ci guardiamo in silenzio che finiamo per dirci di più》, conclusi.

Ci guardammo per un attimo.
Si avvicinò a me.
Il resto credevo fosse un sogno.
Non fece niente e io sapevo bene il perché. Temeva che io non fossi pronta. I sensi di colpa miei mi fecero fare quello che credevo non avrei mai avuto il coraggio di fare.

Toccai la sua bocca, con un dito ne sfiorai il bordo, cominciai a disegnarla come se uscisse dalla mia mano, come se per la prima volta la sua bocca si aprisse, e mi bastò chiudere gli occhi per disfare tutto e ricominciare, far nascere ogni volta la bocca che desideravo, la bocca che la mia mano scelse e gli disegnava sulla faccia, una bocca scelta tra tutte, con la sovrana libertà che sceglievo per disegnarla con la mia mano sulla sua faccia, e che, per un azzardo che non cercai di comprendere, coincideva esattamente con la sua bocca che sorrise sotto quella che la mia mano li stava disegnando.