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Margherita

Non avevo mai atteso con tanta ansia e tanta adrenalina i rintocchi dell'orologio della cucina.

Ero sul punto di impazzire. Contavo i minuti e mordicchiavo un labbro.

"Stai aspettando qualcuno?" chiese mia madre, vedendomi seduta in un angolo.

"No!" dissi e bastò.

Dopo poco mia sorella entrò in cucina in cerca di una bibita e dovette notarmi assorta.

"Aspetti Leyla?" chiese con innocenza.

"No!"

Si sporse per afferrare la bibita sul davanzale e poi sparì in salotto. In tv c'era il suo cartone preferito e ovviamente ciò bastò a distrarla nell'immediato.

Mancavano pochi minuti alle nove. Mi misi in piedi.

"Che fai?"

La voce di mio fratello riuscì a precedere la mia decisione.

"Vado a fare due passi con Leyla!"

"Ti accompagno!"

Ero sul punto di impazzire per davvero. Avevo praticamente perso ogni sprazzo di libertà.

"Dov'è Andrea?" chiesi in modo pungente.

"Non lo so!" ammise.

"Bene, preoccupati di lui e lascia in pace me. Io non scapperò!" dissi e a quel punto uscii.

Il mio tono sicuro dovette confonderlo per qualche secondo.

Ero certa che mi stesse scrutando oltre la tenda. Non mi voltai e non decelerai. Mi incamminai verso casa di Leyla e non appena fui lontana dal raggio visivo, feci inversione e uscii sulla strada principale.

Attesi il taxi per qualche secondo e quando arrivò riuscii a tirare un primo vero sospiro di sollievo.

Giunsi alla meta, e fu strano.

Non avevo mai visto l'imponente edificio scolastico avvolto dal silenzio e dal buio.

C'era qualcosa che mi metteva i brividi, ma non era paura.

Afferrai il mio smartphone, e provai a comporre quel numero.

Ma qualcuno sbucò pochi metri dietro me, pronunciando qualcosa.

Ormai riuscivo a riconoscere la sua voce.

Mi voltai e accennai un saluto.

"Sei scappata via o ti hanno lasciato libera questa sera?" chiese e accennò un sorriso.

Non sorrideva spesso, ma quando lo faceva, perdevo il senno.

"Forse entrambe le cose!" risposi.

Ma in realtà non ero certa che fosse la risposta giusta. Non ero certa mai di nulla quando ero con lui.

Mi tenne d'occhio per qualche secondo e poi mi porse la mano.

Non mi mossi. Rimasi immobile a fissare quella mano.

"Seguimi, ed eluderemo le videocamere di sorveglianza!" disse, probabilmente cercando di giustificare quel gesto.

Gli cedetti la mia mano e fu l'errore più grave che avessi mai potuto fare.

Un brivido risalì lungo la mia schiena e mi graffiò la pelle in modo quasi doloroso.

Camminammo lungo il perimetro destro, poi scavalcammo un cancello e oltrepassammo delle sterpaglie. Raggiungemmo una porta chiusa con una catena. Lo vidi tirare fuori un attrezzo con cui forzò quell'affare arrugginito e quando riuscì a spezzarlo, la porta rimase immobile. Dovette fare forza con la propria spalla per riuscire a creare un piccolo spiraglio.

Fuoco Nell'AcquaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora