06. Un estenuante giornata

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"Narsa attenta." Anthony mi acchiappa in tempo prima che io inciampi nel tentativo di scendere dalla macchina.

"Hai l'aria un po' stanca, non hai dormito bene sta notte?"
In realtà non ho dormito proprio, non sono riuscita a prendere sonno. Appena i miei occhi si socchiudevano la sua immagine si proiettava in automatico davanti a me, obbligandomi a serrare gli occhi e non riuscire a riprendere il sonno.

Ho lo sguardo stanco e perso, gli occhi ancora più cadenti del solito. Sento le dita di Anthony accarezzarmi dolcemente la guancia fredda, sposto lo sguardo lentamente su di lui e lo sorprendo a guardarmi con aria leggermente preoccupata.

"Se c'è qualcosa che non va lo sai che con me puoi parlarne. Sempre." Anthony continua a lambire la mia guancia di carezze. Non mi piace che le persone mi tocchino senza il mio permesso, mi provoca fastidio, però Anthony resta un'eccezione. Ultimamente ho permesso anche ad altre persone di toccarmi, ma ciò non accadrà più.

"Narsa?" mi canzona Anthony con un sorriso divertito sul volto. "Mi stavi ascoltando?"
Annuisco.
"Perciò hai capito ciò che ti ho detto?"
Annuisco.

"Va bene... ora vai dai." mi porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio per poi riportare le mani sul volante.
Scendo dalla macchina e chiudo lo sportello.

"Ci vediamo dopo." mi saluta mentre io incomincio ad incamminarmi verso l'entrata della scuola.

Osservo la cattedra vuota, la professoressa non è ancora arrivata. Nell'aula arieggiano le risate degli studenti, le lamentele da parte di qualcuno poiché non li sono venuti gli esercizi e il sospiro rumoroso di qualche studenti che dorme con la testa accasciata sul proprio banco.
Cerco di tenermi sveglia continuando a scarabocchiare sul mio quaderno altrimenti rischio di fare la stessa fine di quegli ultimi.

Sbuffo e vado ad appoggiare la testa sulla vetrata della finestra sul mio fianco.
Ha incominciato a piovere, piccole goccioline d'acqua fanno a gara sul vetro: ha vinto quella a destra. Ho sempre amato osservare le goccioline d'acqua competere; da piccola rimanevo anche mezz'ora nella doccia ad assistere alle loro entusiasmanti competizioni. Ricordo che alla fine, quella che tifavo io, perdeva sempre, perciò rimanevo sotto lì, tutta bagnata, finché una delle mie goccioline non fosse arrivata prima.

"Che persona strana che sei." mi giro lentamente e vedo che Josh tra tutti i posti possibili presenti qui in classe, si è dovuto sedere proprio vicino a me. Lo guardo indifferente con la speranza che lui si alzi e se ne vada, ma lui invece tira fuori dalla tasca il telefono, mettendosi comodo.

"Che vuoi? Non sei l'unica che preferisce il banco all'ultimo posto, lo sai questo?" afferma con lo sguardo rivolto allo schermo del telefono.

Alzo gli occhi al cielo, la giornata non poteva cominciare in maniera peggiore di così. E come se i cieli volessero prendersi gioco di me, alcuni amici di Josh lo raggiungono, chiacchierando e ridendo in maniera rumorosa. Un tizio addirittura sposta il quaderno su cui stavo pasticciando per andare a sedersi sul mio banco, ignorando completamente la mia presenza. Josh deve essersene accorto, perché iniziò a guardarmi di sottecchi con un sorrisetto fastidioso al volto.

Ripropongo: la giornata, ora, non può andare peggio di così.

Dopo un po' la professoressa Lays raggiunse la classe, mettendo fine a qualsiasi cosa stesse accendendo.
La lezione di matematica perciò cominciò. La professoressa è una donna alta e giovane, dall'espressione pacata e gentile. Da ciò che ho potuto vedere da quando sono qui, è che tenta in tutti possibili ed immaginabili di far amare la propria materia, ritenuta noiosa dalla maggior parte degli studenti. Me compresa. Per giunta l'argomento trattato al momento, l'avevo già svolto l'anno scorso, perciò senza dedicare tanta attenzione alla lezione, ritorno a disegnare sul mio quaderno.

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