Voicess

17. The other woman

Mi guardo allo specchio, finendo di pennellare la mia palpebra con l'ombretto blu e passando il mascara un'ultima volta. 
Solitamente non sono solita a truccarmi, un po' per pigrizia, un po' per incapacità, però sta sera il trucco è fondamentale per il costume che ho indosso.
E poi ho bisogno di sentirmi carina.

Mentre richiudo il mascara, la porta improvvisamente si spalanca, rilevando Dylan che con la sua tipica grazia, avanza rumorosamente per la stanza e si butta sul mio letto, rifatto tra l'altro poco fa dalla sottoscritta.

"Quanto ti manca?" chiede smanettando con i suoi guanti di pelle.

Lo ignoro, afferrando un altro pennello e tracciando per sicurezza un'altra passata di tempera nera sulla mia guancia.

"Rispondi, Emily" esclama per poi lanciarmi addosso quello stupidissimo accessorio del suo costume altrettanto stupido.

Con le dita gli comunico che mi manca poco, con la speranza che se ne stia finalmente zitto.

"Scommetto $10 che qualcuno ti vomiterà sul vestito sta sera" mi giro a guardarlo allibita mentre lui ridacchia giocherellando con i miei fogliettini posti sul comodino affianco al letto.

Mi auguro vivamente che non accada.
Il vestito, tra l'altro, non è nemmeno mio.
L'ho preso in prestito da mia madre.
È un lungo abito bianco, ricordante molto quello da sposa. Il vestito è privo di spalline, quindi mi lascia le scapole e il petto nudo. Nella parte del torace è presente una sottospecie di corsetto che mi stringe così tanto il busto che pare che il mio seno stia strabordando fuori. Per rendere il tutto più realistico e apparentemente vecchio, ho appositamente sporcato il tessuto con della polvere. La parte finale dell'abito è molto lunga, di conseguenza mentre cammino ho dietro una striscia di vestito che probabilmente stasera finirà per pulire il logoro pavimento della casa. Sotto l'indumento, nella zona di tessuto che mi ricopre la vita, mia madre mi ha cucito una apposita tasca dove riporre l'inalatore, dato che non porterò nessuna borsa.
Ciò che mi auguro è che questa pezza di stoffa mal cucita regga.

Alzo lo sguardo sullo specchio ed osservo il mio volto pallido e scavato. Sulla guancia, sulla parte superiore della fronte, vicino l'attaccatura dei capelli e anche sul petto, con della tempera, ho ricreato le ferite che presentava Emily. Poi ho colorato le mie labbra con un rossetto rosato e ho eccessivamente ricoperto le palpebre con un ombretto blu; proprio come lei.

Infine, stamattina, dopo essere stata in caffetteria, sono andata al supermercato e ho comperato una tinta spray dai riflessi blu che svanisce dopo qualche lavaggio: poco fa l'ho applicato sui capelli e devo ammettere che la mia chioma sembra veramente blu.
Per completare il costume, al capo, ho un velo da sposa rovinato. Probabilmente prima di uscire finirò con il toglierlo dato che mi reca fastidio.

Mi sposto verso lo specchio verticale posto vicino al mio armadio e osservo la mia intera figura.
Una perfetta e triste sposa cadavere.

"Vamos?" esclama il mio amico alzandosi dal letto.
Annuisco e lo raggiungo dopo aver messo i tacchi che con molto presumibilità mi distruggeranno i piedi stasera.

Una volta giunta alla porta di camera mia, Dylan mi porge galantemente il braccio e squadrandomi da capo ai piedi, mi regala un sorrisetto scavato dalla sua fossetta sinistra.
"Sei veramente bella, tesoro"

Inclino la testa da un lato, guardandolo negli occhi per poi portarmi la mano alle labbra e successivamente davanti al suo petto, con il palmo rivolto verso l'alto e il braccio praticamente teso a 45 gradi.

"Aspetta Narsa, cos'è che significava-" non lo lascio proseguire che lo prendo per la mano, scendendo finalmente le scale.

Però quando sto per aprire la porta di casa, la voce di mia madre mi giunge alle orecchie.
"Oh, Narsa, come sei bella vestita così"
Erika spunta dalla cucina con in mano una ciotola colma di dolciumi che presuppongo siano per i bambini che busseranno tra poco.