12. Rabbia repressa

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Sta fottuta cravatta...
Nonostante io frequenti la scuola da ormai più di un mese, non sono ancora capace ad allacciarmi questo maledettissimo capo.
Fanculo, me la farò poi sistemare da Dylan.

L'orologio segna le 7.42, e con la consapevolezza che non ce la farò mai ad arrivare in tempo per la prima ora, scendo con estrema calma le scale, dirigendomi verso la cucina.

"E dai non dire così....... no no oddio, era stata una bruttissima giornata, non me lo ricordare....... si hahahahhaha"

Pensavo di essere sola in casa, invece non è così: mia madre deve essersi concessa la mattinata libera.
Entrando in cucina, mi avvicino verso l'isola della stanza, afferrando dal largo piatto posto al centro, uno dei biscotti che Layla aveva cucinato e portato per Anthony.
Mia madre mi sorride, versandomi del tè con una mano e tenendo il telefono con l'altra.

Una qualsiasi madre del mondo avrebbe rimproverato o almeno domandato alla propria figlia il motivo per cui fosse ancora a casa, anziché a scuola, ma non Erika Gray. Lei ama definirsi un genitore rivoluzionario, aperto ai cambiamenti e al dialogo, invece di ricorrere subito ai fatti. Questo suo carattere alquanto pacifico è dovuto sicuramente al fatto di essere diventata madre piuttosto giovane, in un'età in cui si era appena allontanata dall'adolescenza.
Anni fa non riuscivo a definirla nemmeno un adulto, non ero proprio capace di immaginarmela come una figura autoritaria. È sempre stata molto permissiva.
Probabilmente è per questo motivo per cui mia madre non è mai andata d'accordo con tutte le mamme dei compagni di classe di mio fratello o per il quale alla fine dei 5 anni di scuola elementare di Tony, si sia tolta immediatamente dal gruppo genitori.

Qualche anno fa ha incominciata ad essere più attenta sia a me che a Anthony.
Prima non lo era abbastanza.

È una madre piuttosto particolare, e nonostante il più delle volte mi causi mal di testa a causa delle sue continue apprensioni, sono grata per il fatto che spesso sorvoli su questo tipo di faccende.

Sorseggio il liquido all'interno della mia tazza, mentre la osservo ridere per qualcosa detto da chiunque ci sia con lei al telefono.

"No no, non lo fa..... lo so che dovrebbe, ma figurati se mi da ascolto" il suo sorriso si attenua e mi lancia un'occhiata esasperata.
Che ho fatto?

"Si sì, lo so, ma sai Narsa com'è..." sbuffa.
Di. Che. Diavolo. Stanno. Parlando?

"Si ma lo sa pure lei che potrebbe migliorare e che la sindrome si può gestire, ma ahimè.."
Aspetta non mi dire che...

"Figurati se partecipa alle terapie..." sospira rassegnata.
Ah, ho capito.
Oddio, ancora con 'sta storia

Le lancio un'occhiataccia, prima di sbrigarmi a finire di mangiare, lavarmi nuovamente le mani e dirigermi verso la porta di casa.

"Buona scuola, amore!" le sento urlare nell'istante in cui sbatto la porta di casa, decretando la mia uscita.

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"Halloween sta arrivando!" esorta entusiasta Dylan.
Osservo il volantino riguardante la festa del 31 ottobre e il peluche a forma di cagnolino che ho ritrovato attaccato al mio armadietto.

"È carino dai" commenta indicando, con un cenno del capo, l'oggetto che ho tra le mani. "Vedi il lato positivo, hai un ammiratore segreto!" mi prende per il culo.
Lo guardo torva.
Lo osservo a mia volta anch'io, domandandomi chi possa averlo attaccato sulla mia superficie metallica.
Gli occhietti luccicanti e il morbido materiale risaltano quasi piacevoli al tatto. Quasi.
E sarebbe un bel regalo se non fosse che...

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