Capitolo 7

321 19 3
                                    

"Dove sei stato?" mi chiese improvvisamente Dylan mentre me ne stavo per fatti miei a preparare il caffè che avrei preso da solo dato che lui, come sempre, sarebbe dovuto correre a lavoro.

"In giro" risposi io vagamente. Non volevo che sapesse cosa mi aveva fatto quel giorno. Non volevo doverglielo dire io. Volevo che se ne rendesse conto da solo. Volevo che ricordasse e che si sentisse ancora più in colpa.

Dopo aver passato quella nottata insonne a domandarmi perché, avevo capito una cosa.. In una relazione si è in due. Perché io dovevo essere l'unico a soffrirne? Perché io dovevo essere l'unico a subire?
Se lui mi urlava contro, io avrei fatto lo stesso. Se lui mi ignorava, avrei fatto la stessa cosa.. Magari facendo in quel modo si sarebbe svegliato e si sarebbe reso conto dello stronzo che era diventato.
Forse era la mancanza di sonno a farmi pensare in quel modo, ma in quel momento desideravo solo che lui soffrisse tanto quanto stava facendo soffrire me.

Lo sentì sospirare spazientito e dentro di me gongolai perché sapevo che si stava arrabbiando.

"In giro dove?"

"In giro" alzai lo sguardo dalla macchinetta del caffè e lo guardai dritto negli occhi sfidandolo.

"Potresti semplicemente rispondere alla domanda porca miseria?"

Ero arrabbiato.. Si era dimenticato del nostro anniversario e il fatto che si stesse comportando in quel modo mi faceva arrabbiare ancora di più. Mi sembrava di essere tornato il Charlie di un tempo, quello che perde le staffe per ogni cosa. Il Charlie che portava rancore.

"Te lo dirò solamente nel momento in cui ti renderai conto di quanto hai fatto lo stronzo." dissi guardandolo negli occhi "Oggi non sei di fretta per andare a lavoro? Perché perdi il tuo tempo prezioso con me?"

Lo vidi sorpreso e interdetto. Non stava riuscendo a capire il mio atteggiamento ma ciò che avevo detto era vero.. Doveva rendersi conto da solo di ciò che era diventato. Non gli avrei servito le risposte su un piatto d'argento così facilmente.

"Hai ragione.. Perché perdo tempo con te? Devo andare"

Questo aveva fatto male. Davvero tanto. Si, io lo avevo fatto innervosire, ma poteva rispondere in modo diverso. Perché sbattermi in faccia che per lui sono solo una perdita di tempo? E questi sei anni insieme cosa sono stati allora? Io cosa sono stato?

Come ci siamo ridotti in questo stato?
Continuo a guardare il punto vuoto dove è andato via e iniziano a scendermi delle lacrime.
Vorrei che apparisse di nuovo da quella porta e che mi dicesse che gli dispiace, di avermi trattato male, di essersi dimenticato il nostro anniversario, di avermi trasformato in un estraneo.

Ma non succede. Non torna e insieme a lui vanno via anche le mie speranze.

Mi asciugo le lacrime e getto via il caffè che mi stavo preparando. Non ne ho più voglia.

Mi siedo di nuovo al mio posto ma questa volta non guardo fuori ma mi metto a guardare la cucina, poi il soggiorno, la porta della nostra camera da letto.. È giusto chiamarla ancora così? Sono più le volte che ci sto solo rispetto a quelle in cui ci dormiamo insieme.
È giusto pensare ancora a questa come casa nostra?
Eravamo più felici quando a malapena riuscivamo a pagare l'affitto di quel monolocale che è stato la nostra prima vera casa. Quel posto che ha visto la nostra vera felicità.
Eravamo più felici quando non avevamo nulla. Quando lui non era ancora nessuno all'interno dell'azienda e io non ero ancora famoso.

Quando preparava la colazione e la facevamo insieme prima che lui andasse a lavoro. Quando tornava per il pranzo e per la cena.

All'epoca avevamo un patto.. Io mi occupavo della casa e lui dei pasti. Sono sempre stato un disastro in cucina e lui diceva che aveva paura che morissi di fame perché a volte quando ero troppo preso a scrivere, mi dimenticavo persino di mangiare e bere un sorso d'acqua. Quindi diceva che sarebbe sempre tornato a casa a preparare il pranzo e la cena e avrebbe mangiato insieme a me.

Let Go..Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora