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Margherita

Mi sentivo sbagliata, la reazione di Fabio era giustificata e comprensibile, sapevo di aver sbagliato anche solo a metterci il pensiero, di poter tornare a fare quei passi sbagliati che avevo fatto quando ero più piccola. Ma in parte mi mancava ciò che avevo vissuto, mi mancava girare durante la notte alla ricerca di qualcosa, mi mancava Walid e i suoi modi di fare, mi mancava Mihaja e i suoi amici. Mi mancava il pensiero di non avere una routine, di non sapere cosa fare. Di non sapere dove andare, di correre sempre e avere il cuore in gola.

Ma adesso avevo delle responsabilità importanti, io così come Walid, avevamo entrambi dei figli, Mihaja stava coltivando il suo ambito successo e ormai quelle storie erano soltanto ricordi passati. Anche se tornassi non sarebbe stato come prima e questa cosa mi consolava, sapere di avere qualcuno dalla mia parte che mi avrebbe protetto e mi avrebbero lasciata libera.

Avere dovuto chiedergli scusa, e cercare di riparare al danno che avevo causato. Ma mi sentivo tradita e, a mie spese, sapevo anche chi era stato a dirglielo. Mio padre.
Io sapevo di potermi fidare di lui, credevo che mi avesse creduto quando gli avevo ribadito che non sarei tornata a Parigi. Ma evidentemente non era convinto e credeva ne avessi già parlato con Fabio.
Mi sento profondamente ferita, mi sento sola.

Di chi davvero posso fidarmi in questo momento? Chi c'è davvero pronto ad accogliere la mia sofferenza?

La porta lentamente si apre rivelando la piccola figura riccia simile a me e a suo padre che sorride dolcemente. Mi asciugo gli occhi e allargo le braccia tra le quali il bambino si getta.

«mamma perché piangi?»
«ma nulla piccolo, tranquillo» sorrido
«hai litigato con papà?»
«sì, ma è normale amore, gli adulti a volte lo fanno»
«ma tu vuoi ancora bene a papà?»

Rimango in silenzio, è l'ennesima domanda a cui, ora, non so rispondere. Sorrido e accarezzo la testa del mio bambino.
«sì amore, certo» rispondo.

[...]

La sera era calata, Fabio era tornato da poco e il mio nervoso si poteva percepire a distanza, non sapevo come comportarmi. Non mi rivolgeva la parola, e io la stessa cosa. L'aria era tesa tanto che avremmo potuto toccarla con mano.

Sapevo che questa situazione non mi avrebbe portato nulla di nuovo, né tanto meno mi avrebbe dato quella sensazione che tanto ambisco.
Sentivo solo di aver distrutto tutto, di aver distrutto la mia famiglia e di aver distrutto ciò che da sempre ho desiderato e che entrambi abbiamo faticato per ottenere, per riavere la oace dei primi tempi della nostra relazione, prima che tutti i casini ci piombassero addosso facendo vacilare la nostra relazione in maniera abbastanza evidente .

Il campanello suonò, posai il coltello sul tagliere e mi avviai verso la porta
«vado io» mi avvisa mentre sento il rumore della porta aprirsi
«ciao Fabri» sento dire mentre chiude la porta, la rabbia mi fa salire un calore, stringo il manco del coltello e mi mordo il labbro iniziando a sentire il sangue fuoriuscire dai piccoli taglietti causati prima. Perché si era presentato qui, che intenzione aveva?

«Margherita?»
«in cucina»
Sento rumori di passi avvicinarsi a me, era ora di sistemare le cose con mio padre, anche se in verità non attendevo il momento così vicino.

«ciao piccola»
«ciao papà»
Lui rimane in silenzio
«non ti giri nemmeno?»
«per come ti sei comportato non penso tu meriti di ricevere le cerimonie che ti avrei fatto qualche giorno fa.»
«cosa ho fatto?»

Mi giro e finalmente lo guardo negli occhi, l'istinto mi dice di urlargli in faccia tutta la rabbia e il dispiacere che mi aveva causato, ma qualcosa mi fermava, per l'ennesima volta.
«credevo di potermi fidare di te papà, ed invece sei stato il primo a spiattelare i cazzi miei a Fabio, quando sarebbe stata una mia decisione, una mia scelta, una mia responsabilità. Capisci?»
«Marghe, mi dispiace ma io...» lo interrompo
«usa altre scuse avanti, tanto ormai la mia e la tua esistenza si basano su scuse del cazzo» mi giro nuovamente «nemmeno so cosa tu ci faccia qui, ciao Fabrizio alla prossima forse»

Non replica, e dopo poco sento i suoi passi allontanarsi e dei bisbigli, dopodiché la porta si chiude. Fabio mi raggiunge e sospira

«so già cosa stai per dire - lo precedo - e no, non ho esagerato e no non intendo rimangiarmi le parole. E soprattutto, non intendo litigare» dico posando un piatto al centro della tavola apparecchiata
«chiama Sofiane è pronto» continuo sedendomi a tavola evitando il suo sguardo severo che sentivo già addosso.

Nemesi|| Marracash Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora