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«ma che ci fai qua?» domanda mio padre vedendomi entrare in cucina
«sono qui per Sofiane e per presentarti il mio fidanzato» sorrido mentre Mohamed si fa avanti porgendo la mano a Fabrizio.

Rimane in silenzio, fermo immobile, il suo sguardo vaga da me a Mohamed a Fabio, posto alle mie spalle. Sapevo che quel momento era assurdo, nemmeno io mai mi sarei immaginata in compagnia di una persona diversa da Fabio, eppure era così lui adesso aveva un'altra persona che si prendeva cura di lui e viceversa.
Forse c'era davvero qualcosa che tra noi non funzionava, forse non bastava il "credere" nella relazione, nel nostro amore che lentamente è andato a perdersi.

«piacere» sussurra stringendo la mano dell'Algerino
«non parla l'italiano?» chiede poi, scuoto la testa
«per il momento non ancora»
Fabrizio annuisce e indica la tavola per farci sedere.
«Sofiane, che dice?» domanda dopo che ci siamo seduti, alzo le spalle
«penso sia ancora presto per dire qualcosa al riguardo» rispondo
«indubbiamente, ma se non gli piaceva sicuramente te lo avrebbe detto - sorride - ha uno spiccato senso di delicatezza nei momenti giusti, vero Fabio?» ride

Il moro alza le mani e successivamente mi indica
«tutto sua madre» ride
Lo guardo e scuoto la testa
«ma sentilo, abbiamo due figli e sono uno peggio dell'altra, il padre si deve assumere le sue colpe» dico ridendo
«non fare la santa tu» riprende mio padre
«non dico il contrario, ma Fabio ha più colpe di me»
«solo quando si tratta di difetti è colpa mia no?»
Annuisco ridendo
«ovviamente Fabio»
Lui ride

In quel momento è come se fossimo tornati indietro, come se tutto fosse ricominciato, un senso di maliconia aveva preso il sopravvento in quella stanza. Ma ormai sono soltanto ricordi, ricordi da cui non credo riuscine mai a separarmene, che per quanto fanno male fanno parte di noi ed, inevitabilmente, saranno sempre lì in ogni momento, a ricordarmi la nostra storia, chi eravamo e cosa saremmo potuti essere se non fosse andata così.

Ma rimangono soltanto i dubbi, dubbi martellanti e infiniti. Che niente e nessuno potrà mai zittire. E solo io e Fabio sappiamo qual è il modo per mettere a tacere tutto, ma ciò che è rimasto di quella vecchia e stanca relazione pare si sia trasformata solo in qualcosa di fisico, qualcosa per appagare quel senso di vuoto lasciato dall'altra persona e che non potrà essere rimesso a posto.

[...]

La porta si chiude lasciando solo Fabio e Fabrizio in casa. Sofiane è tra le mie braccia, poggia la testa sulla mia spalla stringendomi a lui, sorrido.

D'altro canto sento però il fastidio di Mohamed che è rimasto in disparte quasi per tutta la conversazione, forse infastidito anche dal rapporto tra me e Fabio. E d'altronde lo capivo, era comprensibile che provasse fastidio.
«j'suis désolé  » sussurro senza guardarlo
«c'est bon, tranquille, je crois que c'est normale. Il est ton père et l'autre est le père de ton fils. Je ne comprends pas l'italien -alza le spalle - mais je suis heureux que ton père m’ait accepté, c'est bon comme ça  » (*)

Sorrido, non mi aspettavo questa comprensione da parte tua
«merci Moha, vraiment  » gli accarezzo un braccio e lui mi avvicina sé  infastidendo Sofiane.

Arriviamo in macchina
«ma vi eravate persi?» domanda Emiliano
«mio padre aveva voglia di parlare»
«minchia, strano, solitamente per farlo parlare devi picchiarlo»
«non parlare così del mio nonnino» interviene Martina
«tu zitta va'»
«qua quello che deve stare zitto sei tu»
«mi devi un pacchetto di sigarette»
«credici zio»

Emiliano mi guarda dallo specchietto retrovisore
«ma lo sai che hai una figlia stronza?»
«sbaglio o era tutta suo zio?»
Martina scoppia a ridere
«stronza» sussurra Emiliano mentre prende l'autostrada per Vimercate.










(*) va bene, tranquilla, credo che sia normale. Lui è tuo padre e l'altro è il padre di tuo figlio. Io non capisco l'italiano, ma sono contento che tuo padre mi abbia accettato, va bene così

Nemesi|| Marracash Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora