Epilogo Alternativo -Something New-

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«Alzi il voltaggio, infermiera!»

«Ma... dottore, così potrebbero esserci danni permanenti all'apparato neurale!»

«Pensi che a qualcuno importi del cervellino pazzo di questa qua?»

L'infermiera tacque e alzò il voltaggio.

Mille aghi mi perforarono la spina dorsale, mille spasmi fecero muovere il mio corpo, mille pensieri come acido scioglievano la mia mente.

Mille volte ripetevo ciò che la prima volta avevo letto sul cartello d'entrata e che mai più avevo visto: «Benvenuti A Sant Lucille, casa di cura per malattie mentali.»

Amavo il numero mille.

Mille, mille, mille. Suonava anche bene.

Senti ila mia mente distaccarsi da quel luogo, come sempre accadeva, e volare in un mondo tutto suo.

Laggiù, nel mio di mondo, tutto era differente.

Lì c'era il mio amore, Eriam, la mia amica Arja e il mio papà.

Ma questo non accadde, venni riportata violentemente indietro, alla realtà.

Il dottore, quell'Adam che nel mio mondo avevo ucciso, mi fissava, duro.

Lo guardai di rimando, trattenendomi dallo sputargli in faccia.

L'infermiera rossa chiese al dottore se per quel giorno la terapia fosse terminata e lui annuì.

Mi aiutò ad alzarmi e mi riportò nella mia stanza.

Prima che se ne andasse la fermai. «Arja, puoi chiedere al mio caro Eriam quando mi tirerà fuori di qui? Adam continua a torturarmi, non ce la faccio più!»

Le bloccai il braccio e nei suoi occhi vidi un lampo di terrore.

«S-sì glielo dirò, ma ora lasciami...per favore.»

La lasciai e la salutai.

Guardai fuori dalla finestra, con le sbarre di duro metallo.


13 Dicembre 1934

Clinica Sant Lucille per malattie mentali.


L'infermiera rossa uscì con sollievo dalla cella 144.

Quella ragazza la terrorizzava, si ostinava sempre a chiamarla Arja e a chiamare Michael «Eriam».

Scosse la testa.

Ne parlava come se ne fosse profondamente innamorata. Chissà che cosa succedeva nella realtà che la sua mente creava.

Svoltò l'angolo e si diresse verso la stanza ricreazione.

Nonostante sapesse bene che Quella ragazza era completamente pazza, non aveva mai la forza di rifiutarsi di portare quei messaggi, in cui la giovane paziente riponeva tanto amore.

«Hanna! Ciao, cara!» la salutò il bel ragazzo.

Sorrise e gli si avvicinò.

«Ciao Michael, come stai?»

«Bene, tu?» chiese mentre riponeva in delle scatole i vari giochi di società consunti.

«Bah, tiriamo avanti.»

«Senti...»

«Hai un altro messaggio dalla 144» chiamavano spesso i loro pazienti dal numero delle loro stanze.

The Soul and The HunterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora