-Coma-

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Mosca, Russia

3 Giugno 2016


Mi sono appena svegliata. Non so perché ma un attimo prima stavo cadendo dalla scogliera e quello dopo mi stavo svegliando. Non ho nessun ricordo intermedio. Questo non era possibile, dovevo essere rinata ed avere dei nuovi ricordi, no? A quanto pare sì. Secondo quello che dicono i medici, posso supporre come sia andata, sì: mi hanno detto che ho 19 anni e sono in coma da tredici. Inquietante. Non so dove sono, non conosco queste persone che mi stanno intorno e non ho la più pallida idea di che anno sia.

Lo stesso dottore mi ha anche detto che molto probabilmente il mio cervello ha rimosso tutti i ricordi antecedenti al mio coma, ed ecco spiegato il buco che esiste tra la mia vita precedente e questa. Amnesia.

I miei genitori si chiamano Jasper e Lucy, o così mi hanno detto, visto che non ho modo di confrontarli con i miei ricordi. Però ricordo le mie vite passate. Questo è buono, vuol dire che quelle sono memorie più difficili da sradicare. Ne sono felice. Più o meno. Ci ho messo un po' anche a ricordare la lingua, i primi due giorni ho parlato solo inglese. Hanno dovuto chiamare un interprete.

Il dottore mi ha detto che poteva essere stato a causa del coma, ma io so che non è così, è perché è l'ultima lingua che ho parlato. Ho una sorella. È la prima volta che ne possiedo una ed è una sensazione, come dire, strana. Io in realtà non la conosco, ma non fa differenza, ha il mio sangue, e questo basta.

Ha un sorriso carino, in realtà nel complesso è carina. Ed è simpatica.

È nata due anni dopo di me e quindi abbiamo avuto un po di tempo per conoscerci ma non abbastanza. Mi ha raccontato vari aneddoti della nostra svagata infanzia. Mi piace, ma ho deciso che fra un mesetto me ne andrò.

Loro, i Cacciatori, hanno avuto molto tempo per cercarmi e io mi sono appena svegliata, senza ricordare assolutamente nulla. Dovrò imparare a difendermi. Dovrò ucciderli se non mi lasceranno in pace.

Ti starai chiedendo perché mi danno la caccia, mio caro nuovo diario, no? Semplice: perché siamo in guerra e loro pensano che sterminandoci, uccidendo il mio popolo, libereremo tutte le anime che "mangiamo" (cosa che in realtà non accade) quando ci "impossessiamo" di un corpo "non" nostro -o questo è quello che affermano nella Setta. In realtà poi, molti lo fanno per avere le vite, molti altri solo perché amano l'idea di poter uccidere altre persone, e anche più e più volte, in modi atroci. Sono pazzi. E se fosse solo questo il mio popolo potrebbe anche fregarsene. I problemi arrivano quando questi pazzi si organizzano e diventano pericolosi.

Hanno sbagliato tutto. Noi non rubiamo proprio nulla, i corpi sono nostri, come dimostra il fatto che non cambiamo mai aspetto, semplicemente noi abbiamo la facoltà di ricordare le vite passate.

Poi ovviamente ogni anima ha un suo numero di vite prestabilite, che rimangono visibili sul braccio, ogni persona ha i numeri di un colore diverso (tranne il nero, che indica che è una cosa artificiale), per i primi due giorni della prima vita, cioè quella con i genitori veri, coloro che hanno creato la tua anima. A volte succede, ma negli ultimi secoli le nascite di nuove anime stanno diminuendo.

E ovviamente moriamo anche, definitivamente intendo, quando abbiamo finito le vite, e andiamo...beh nessuno lo sa per certo, forse in un paradiso.

Certo anche gli umani hanno questi cicli, solo che lentamente hanno perso la capacità di vedere quei numeri sui neonati e di conseguenza anche i ricordi delle vite precedenti. Alcuni, più ricettivi e con nostro sangue meno diluito riescono ancora ad individuare minuscoli frammenti di vite passate. Ma spesso li scambiano per sogni.

A volte mi fanno pena.

In media un'anima nuova normale ha circa 80-90 vite, io sono nata decisamente povera, anzi pensavano che non ce l'avrei nemmeno fatta, ero data per spacciata.

Quando mi hanno messo nella culla avevo scritto sul braccio un misero 19. Due giorni dopo sono morta, come del resto pronostico. Sono un'anima giovane.

Mi ricorderò sempre i bei visi dei miei primi e veri genitori. Li ho amati tanto. Ma ormai sono morti.

I miei nuovi genitori mi hanno detto che una volta scrivevo un diario, così ho deciso di riprendere l'abitudine. Non l'ho mai fatto ed è stato un esperimento interessante. Ma non lo rifarò più.

Ci sono esseri umani che tentano di farci cose brutte per carpire i nostri segreti, pensando di poter vivere per sempre. Ma nessuno può vivere per sempre, è contro natura, e lei non perdona mai chi tenta di scavalcarla.


Chiusi il diario.

Rimasi un poco a contemplare lo spesso strato di neve che copriva i dintorni della casa e le lande.

Ero preoccupata. Sapevo che lui mi avrebbe trovata. Oh, al diavolo, tanto valeva chiamarlo per nome, ERIAM! Quello stupido essere che voleva tanto prendermi. E perché poi?! Non ero nemmeno nata da una linea di sangue particolarmente pregiata di Anime, anzi. E poi non ero nemmeno una delle prede più ambite, non avevo centinaia di vite! Tanto i Cacciatori avevano tempo per tormentarci, non invecchiavano mai. Eppure, nonostante nascessi sempre in luoghi diversi, lui mi trovava sempre, forse anche in quella landa desolata sarebbe riuscita a fare sua un'altra sua vita.

Chiusi gli occhi, stufa di questo continuo fuggi fuggi. Misi il diario nuovo nello zaino e me lo caricai sulle spalle. Mi dispiaceva andarmene, ma ora più che mai ero affezionata a quella vita. Non volevo che me ne strappasse ancora. Io volevo vivere una vita normale, non tutte, me ne bastava anche solo una.

Mi toccai le labbra. Quanti baci mi aveva rubato!

Ero ancora seduta sul morbido letto, mi allacciai gli scarponi. Erano super-avanzati mega-galattici stivali che mi avrebbero fatta sopravvivere anche nella tremenda steppa russa. Erano davvero amorevoli, si vedeva che mi volevano bene. Sentii una fitta di senso di colpa, che sparì quando mi ricordai che era solo per sopravvivenza. Mi dispiacque però. Avevano appena ritrovato loro figlia e questa se ne andava. Versai solo una lacrima e poi, asciugatala, mi alzai per andare a salutare la famiglia che non mi ero mai goduta. Stavano facendo colazione, tutti insieme, radiosi. Quando mi videro si voltarono e il sorriso che avevano sulle labbra si smorzò, lasciando nei loro occhi solo dolore. Mi trattenni, mostrando solo impassibilità, o non sarei più riuscita ad andarmene. Deglutii e cominciai a parlare. Avevo provato per un'ora per essere sicura di non avere perdite dai miei rubinetti negli occhi.

«Io... so che mi avete aspettata tanto e... ve ne sono grata, ma devo andare via. Devo farmi nuovi ricordi per ritrovare i vecchi e... stando in casa...non ci riuscirò.» piegai la testa in avanti «Vi voglio bene, davvero, so che ve ne voglio, ma... io voglio potervi ricordare, vedere come eravate, ripescare i nostri bei momenti.» alzai la testa e sorrisi.

Mia madre stava piangendo già dopo le prime cinque parole.

Mio padre, mi guardava, pallido, e con gli occhi lucidi.

Mia sorella -come suonava bene- mi guardava affranta.

Li abbracciai tutti, lentamente, uno dopo l'altro.

«Amore, prometti che torni presto e che mi scriverai...» disse mia madre.

«Promesso.» Com'era brutto mentire.

«Ti voglio tanto, tanto, tanto bene.» disse mia sorella, e mi strinse più forte, quasi volesse farmi sentire tutto ciò che pensava, tutto ciò che provava, passarmi tutti i suoi ricordi. E anch'io la strinsi per ringraziarla. «Fa attenzione piccola mia» mi disse mio padre accarezzandomi i capelli.

Diedi un ultimo sguardo dietro di me e uscii di casa. Attraversai il prato innevato e mi diressi verso la fermata dei pullman. Sarei andata a nord da un vecchio amico. Una persona che da secoli era in vita e che aiutava noi, anime perseguitate.

Sperando di arrivarci.

The Soul and The HunterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora