NordRussia
13Giugno 2016, ore 5.22
Io non mi posso fidare di lui.
Me lo ripetevo come un mantra. Un mantra scadente e che non stavo seguendo. Mi stavo odiando perché non riuscivo ad odiare lui. Però non mi potevo fidare, mi ripetei per l'ennesima volta.
Mi alzai dal letto senza fare rumore, facendo attenzione a non svegliarlo. Avevamo dormito abbracciati. Era stato un grosso, enorme, esorbitante errore. Ero un'idiota. Presi il mio zaino, contenente le uniche cose che mi ero portata via all'inizio del mio viaggio, tutto ciò che mi legava al mondo. Stavo per uscire, quando il rimorso venne a farmi visita. Sospirai e velocemente gli scrissi un biglietto: «Mi dispiace, ma devo andarmene.»
«Tu sei un cacciatore.»
«Sei pericoloso.»
«Devo starti lontana.»
Quante altre cose avrei voluto dirgli, quante altre menzogne avrei potuto raccontargli. Sospirai.
Gli scrissi solo quello. Cosa dovevo dirgli d'altro?! Dovevo fare una lunga lettera di tre pagine in cui analizzavo il nostro complicato rapporto?! Che scemenza. Questa era vita vera, non uno di quei romanzetti rosa (anche se la situazione poteva ricordarla). Qui la gente moriva, si soffriva e le cose non andavano sempre bene, non si sistemavano con un tocco. E la fortuna non esisteva.
Camminavo, e il sole all'orizzonte mi colpì il viso. Stava combattendo contro il buio per rinascere, per tornare a splendere, per vivere. Ogni giorno lottava, spingeva via le tenebre per splendere ancora una volta. Come me. Come tutti.
13Giugno 2016, ore 19.20
Ero arrivata in un piccolo villaggio dal nome impronunciabile. Ero sfinita, da tutto il giorno camminavo. Dovevo raggiungere l'Anziano, lui mi avrebbe aiutata, lui aiutava tutte le anime, perché egli aveva il dono della conoscenza. Doveva essere un grosso fardello, pensai fra me e me.
Stavo per entrare in un'osteria quando sentii delle voci, dure -non di quel paese- dietro di me, che davano... ordini? Sbarrai gli occhi e mi fiondai dentro. Appena feci un metro mi sentii perforare da decine di aghi sulla schiena, no erano molto più grossi, erano pallottole, decine e decine. Non avevo sentito i botti. Non avevo sentito alcun rumore. Erano stati furbi, avevano armi avanzate, silenziose.
Lio dio. Non li avevo mai odiati tanto.
Mi avevano uccisa. Ancora.
Sentii il legno freddo sotto la mia guancia. Quando ero caduta? Non me lo ricordavo più. Sentii il sangue defluire da me, cadere sulle assi del pavimento, e scendere ancora, fino alla terra gelata, fino a quando non era più il mio sangue. Fino a quando non percepii il mio cuore fermarsi. Le braccia erano lunghe oltre la mia testa quindi riuscii facilmente a vedere quando accadde, quando i due numeri si illuminarono. Quando il 14 diventò un 13. Avrei dovuto ricominciare tutto, ancora. Sfinita chiusi gli occhi sperando di trovare una pace che non avevo.
STAI LEGGENDO
The Soul and The Hunter
General Fiction18 Vite. 18 Possibilità. 18 Morti. 18 volte nasco, cresco e muoio. Ogni vita devo ricominciare da capo. Ogni volta mi spengo. E subito dopo rinasco, fino a che non mi rimarrà solo una vita. Ogni volta lui mi trova e mi uccide. Fino a quando non potr...