1 - Caterina

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Manuel dopo l'incidente di Simone era rimasto sempre seduto in sala d'attesa e poteva vedere la stanza di Simone, sempre con le tapparelle abbassate. Passava li tutti i pomeriggi, dopo la scuola non andava neanche a casa da sua madre, andava direttamente in ospedale, portandosi i compiti da fare per il giorno dopo. Ormai conosceva tutti gli infermieri del reparto, capitava a volte che rimanesse anche fino a sera tardi, non voleva lasciare solo Simone, il SUO Simone. Era riuscito a fare chiarezza nei suoi sentimenti complicati, da quando quel giorno si era reso conto che Simone poteva non farcela, quindi avrebbe potuto non risvegliarsi dal coma in cui era finito per le lesioni dovute all'incidente. Avrebbe potuto perderlo per sempre, senza riuscire a dire quello che provava. Tra tutti gli operatori sanitari presenti in reparto, aveva fatto amicizia con un'infermiera, Caterina, una signora di 55 anni che lavorava lì da oltre trent'anni, che di esperienza ne aveva tanta e Manuel, anche se non si poteva, le chiedeva sempre com'erano le condizioni di salute di Simone. Lei senza negarlo mai, diceva la verità, ogni volta per Manuel era una pugnalata nello stomaco. Anche quel pomeriggio, come tutti gli altri, Caterina portava il caffè al ragazzo, facendogli una carezza sulla guancia per confortarlo. Era un pomeriggio tranquillo quello, quindi decise di sedersi e fare compagnia a Manuel, lo vedeva stanco e tirato in viso. Con una dolcezza disarmante disse:
C: "ti vedo sempre qui tutti i pomeriggi, seduto su questa panchina a fare i compiti, Simone è un tuo compagno di classe?"

M: "si è il mio compagno di classe, il mio compagno di banco e il mio migliore amico"

C: " quante cose in un'unica persona, è molto importante per te, se stai qui tutti i pomeriggi, anche la domenica. Gli altri vostri amici sono venuti a fargli visita, sapendo di non poter entrare, ma non quanto te"

M: "è una persona speciale per me, ho avuto una paura tremenda di perderlo. Una paura che ti assilla giorno e notte, che non ti da mai tregua, che ti morde come fosse un animale affamato in cerca di una preda"

C: "per fortuna che la signora che ha visto la scena si è fermata subito e gli ha prestato il primo soccorso, l'ha salvato, se non ci fosse stata lei, sicuramente Simone sarebbe morto da solo, quella mattina sulla strada."

Manuel nel sentire quelle parole,  per poco non fece cadere il caffè sul pavimento, il suo cuore perse un battito, piegò la testa in avanti, una lacrima scese sulla sua guancia. Caterina delicatamente alzò il viso del ragazzo e la asciugò, guardando negli occhi disse:

C: " disteso su quel letto non c'è solamente il tuo migliore amico, il tuo compagno di banco e di classe, la sopra c'è il ragazzo di cui tu sei innamorato, che ti manca come se mancasse l'aria, ti senti perso e niente ha più significato, se non quello che Simone si svegli e che ritorni tutto come prima"

Manuel annuì con il capo e con la voce rotta dal pianto disse:
M: "non come prima, prima gli ho fatto male, tanto male, lui mi circondava di amore, di un amore puro e incondizionato e io lo ripagavo facendogli del male, dicendogli che ero eterosessuale e che di lui non me ne importava niente, che per me non esisteva. Volevo solamente che lui si allontanasse da me, perché io ero veleno per lui, meritava molto di più di quello che potevo dargli io. Simone è un'anima buona, una creatura speciale, che va protetta e amata. Dopo averlo trattato in quel modo, quando non ci parlavamo e ci vedevamo solo a scuola, senza degnarci l'un l'altro di un sorriso, non riuscivo a dormire e stavo malissimo. Non mangiavo, ero nervoso e trattavo male chiunque. Non mi riconoscevo. Un giorno a scuola, -dopo avergli detto una parola orrenda e aver litigato alcuni giorni prima- preso dallo sconforto, andai alle macchinette del caffè e presi per me un caffè e una cioccolata per lui, senza che me lo chiedesse, arrivai in classe e gliela appoggiai davanti, non alzò la testa, non mi guardò neanche ma mi fece un segno con la testa. A me bastò quel piccolo gesto. Prima di uscire a fine giornata, mi prese per un braccio e mi diede un bacio sulla guancia come ringraziamento, senza parlare e andò a casa e io a casa mia. Verso le 17 mi mandò un messaggio e mi chiese di raggiungerlo a casa sua, mi voleva parlare: non aspettai, presi la moto e corsi a casa sua. Era a bordo della piscina ancora vuota, e aveva gli occhi lucidi, mi disse che tutto quello che gli avevo detto, lo aveva molto ferito, che questa volta non mi avrebbe perdonato. Quella era l'ultima volta che sarei andato a casa sua e il giorno seguente avrebbe cambiato di posto. Mi disse di non cercarlo più e che l'amicizia o qualunque altra cosa ci fosse tra loro, da quel momento non esisteva più. L'avevo perso, l'avevo perso per sempre. Mi sentii morire, non riuscì a dire una parola. Mentre mi parlava stava piangendo, feci per avvicinarmi ma mi allontanò. Mi fece il gesto di andarmene, senza voltarsi un attimo. Non lo rividi più se non a scuola, lui andava benissimo e io sempre peggio, non mi interessava, avevo perso l'unica persona veramente importante della mia vita. Non mi cercava, non mi scriveva, non mi parlava. Cercai di chiamarlo, ma non rispondeva, mandavo dei messaggi, non mi scriveva. Ero perso, non andavo più neanche a scuola, con mia mamma inventai una scusa dicendole che non stavo bene, non mi andava nemmeno di alzarmi da letto. Feci così per una settimana. La settimana dopo mia mamma mi obbligò ad andare a scuola, non credette nemmeno ad una parola, non sentiva ragioni, dovevo andare a scuola e basta. Andai controvoglia, appena misi piede in classe, vidi subito Simone, mi venne un dolore allo stomaco allucinante, lui si accorse della mia smorfia di dolore. Nell'intervallo non mi alzai neanche dal banco, rimasi solo in classe, nessuno si curava di me, nemmeno Simone. All'improvviso però lo vidi rientrare con un bicchiere in mano, mi era andato a prendere un tea dalle macchinette, senza che io glielo avessi chiesto. Vedeva che stavo male e che non ero il solito spavaldo e sbruffone. Alzai gli occhi per ringraziarlo e guardandolo mi scesero le lacrime, mi chiese:
S: "cos'hai?"
M: "niente, niente"
S: "non ci credo io e non lo credi nemmeno tu"
M: "sto male, simò, sono sempre stato male, non sono mai riuscito a dormire la notte da quando ci siamo litigato, mi sei mancato tanto, tanto da morire"
S: "vuoi parlare?"
M: "sei ancora arrabbiato?"
S: "si tantissimo, non ti ho ancora perdonato e non ho intenzione di farlo, ma ti ascolto"
M: "non qui, potrebbe entrare qualcuno e non voglio che sentano, sto già abbastanza male"
S: " vieni, la 5A è in gita, l'aula è vuota"
M: "mi sei mancato Simone, mi sei mancato come l'aria, sono stato una persona spregevole trattandoti male, non dovevo dirti  quelle parole orrende, mi dispiace, non posso nemmeno guardarti che sento subito una vergogna immensa per quello che ti ho fatto"
S: "troppo tardi Manuel, dovevi pensarci prima, non voglio più sentirle queste parole, non sono vere, sono inutili, hai sempre fatto così, mi hai sempre fatto del male e io ti ho sempre perdonato, poi ancora, poi ancora. Adesso basta, sono stanco, non ho più nessuna voglia di starti ad ascoltare, ti ho ascoltato fin troppo, non cambi mai, ferisci e scappi, ma stavolta no."
Se ne andò lasciandomi solo in quell'aula vuota. Io avevo talmente tanta confusione in testa che non sapevo nemmeno più che cosa volessi e cosa valessi. Per lui però era finita. Lo vidi alcune settimane dopo accanto ad un ragazzo che lo aspettava fuori da scuola, era felice, si baciavano e si abbracciavano, non curanti che io fossi li a pochi passi. Decisero di andare e si presero per mano. Cercai informazioni dalle sue amiche, ma loro, in particolare Laura, la sua migliore amica, aveva ricevuto ordine da Simone di non dire niente, sopratutto a me.
Passarono i giorni e una mattina avevamo alle prime due ore filosofia, insegnata da Dante, il  padre di Simone, ma al suo posto entrò il Prof. Lombardi dicendoci che lo sostituiva perché Simone aveva avuto un brutto incidente con il motorino mentre veniva a scuola. Era stato investito da un'auto che gli aveva tagliato la strada ed era sotto operazione. Aveva riportato la frattura del braccio sinistro, diverse costole rotte, un forte trauma cranico ed era in coma. Mi mancò l'aria , non ci pensai due volte, raccolsi le mie cose, presi lo zaino e mi precipitai fuori dalla scuola. Sfrecciai verso l'ospedale e in 10 minuti lo raggiunsi. Corsi per le scale e arrivai nella sala d'attesa in chirurgia. Quando mi vide Dante non rimase stupito, sapeva che sarei corso subito, infatti da qui non mi sono più mosso."
Caterina riprese dopo il mio racconto:

C: " lo ami tanto, si vede, nessun amico starebbe qui senza muoversi per giorni e giorni, verrebbero a trovarlo anche due volte al giorno, all'orario di apertura, ma non farebbero come  fai tu. In tanti anni che sono qui, ne ho viste di persone, ma le uniche che fanno come fai tu sono i/le fidanzati/e, i/le compagni/e i mariti o le mogli, tutti/e coloro che hanno il/la loro amato/a dentro in terapia intensiva, tutti gli altri vanno a casa. Spero tanto si possa svegliare, Simone è forte, vedrai che presto tornerà da te"

M: "lo spero tanto Caterina, è la mia vita...."

SIMONE E MANUEL Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora