2 - la speranza

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Era sabato pomeriggio e Dante arrivò presto quel giorno, mi portò un panino e una bibita, non avevo mangiato niente, non avevo neanche tanta fame, mangiavo pochissimo, avevo costantemente lo stomaco chiuso. Sapere che Simone era in quelle condizioni era un continuo strazio, all'improvviso sentimmo proprio Caterina chiamare il dottore e correre nella stanza di Simone. Non potevamo fare niente, nemmeno entrare, le porte erano chiuse, iniziai a piangere e singhiozzare. Mi buttai tra le braccia di Dante e borbottai una frase di cui mi dimenticai, ero talmente preoccupato e spaventato che mi si cancellò dalla memoria. Mi tenne fra le sue braccia fino a quando i medici vennero fuori a dirci qualcosa: "Simone si è svegliato", gli abbiamo fatto alcune prove e sembra che non abbia riportato alcuna lesione. Se vuole può vederlo. Dante e il medico entrarono e si chiusero la porta dietro. Io rimasi nella sala d'attesa seduto, con le mani sugli occhi, felice come non lo ero mai stato, di una felicità che non c'erano parole che riuscissero a descriverla. Simone, il mio amato Simone era tornato....per un periodo imprecisato non vidi più Dante, era dentro.
Dalla porta uscì Caterina, mi disse che era andato tutto bene, che si era svegliato e sembrava non avere nessun deficit sensoriale né di memoria. Ripresi a respirare. Prima che sparisse dietro la porta, le consegnai un foglietto piegato accuratamente, era un foglio da block-notes con scritte sopra alcune righe per Simone.  La pregai di darglielo quando fosse stato meglio e quando non ci fosse stato nessuno da lui, le dissi che era importante, capì subito e mi disse: "ci penso io". Sparì dietro alla porta. Dopo tanto tempo tornò Dante, aveva gli occhi rossi e aveva pianto, ma era riuscito a parlare con Simone, subito gli chiesi: "come sta Simone?", mi rispose che era molto stanco, ma ricordava tutto, era ancora molto debole, gli faceva male tutto, ma era vivo. Molto probabilmente nei giorni successivi lo avrebbero spostato in reparto nella camera singola post-intensiva. Dante diede in consegna il telefono di Simone da consegnarlo appena fosse stato meglio. Gli dissero che lo avrebbero consegnato uscito dalla terapia intensiva. Come sempre stetti in sala d'aspetto fino a sera. La mattina andai a scuola e dissi a tutti che Simone si era svegliato e che stava migliorando lentamente. Come sempre, ogni pomeriggio lo passai in ospedale, quel giorno Caterina non era in servizio, aspettai pazientemente che tornasse, lei sapeva quando era il momento di consegnare il biglietto. Arrivarono Dante, la mamma Floriana e la nonna e li salutai. La nonna si sedette accanto a me, fecero entrare la mamma, e subito dopo la nonna mi chiese se stavo bene?, le dissi di sì, dopo che Simone si era svegliato, stavo decisamente meglio, anche se ero provato fisicamente e anche dimagrito. Sapeva che il mio sentimento per il nipote era molto forte e nel corso del tempo aveva anche cambiato "nome", mi guardò e mi disse piano: "vuoi dirmi qualcosa?" Raccolsi tutto il coraggio che avevo in corpo in quel momento e le dissi che ero innamorato di Simone, non avevo mai provato in passato, niente che fosse minimamente paragonabile a quello che provavo per lui, solo a pensarlo mi mancava l'aria.
Dopo circa 20 minuti Floriana uscì e disse che nel pomeriggio del giorno dopo lo trasferivano in reparto, si stava riprendendo, stava meglio, nonostante facesse ancora male il braccio operato. Ero contentissimo. Rimasi fino a tardi anche quella sera, prima di andare mi voltai verso la porta del reparto e mandai un bacio a Simone, poi mi diressi verso casa. La mattina andai a scuola e raccontai ai miei compagni che nel pomeriggio sarebbe stato trasferito in reparto e stava meglio. Erano tutti contenti. Aureliano addirittura venne ad abbracciarmi e senza che nessuno sentisse mi sussurrò una frase nell'orecchio che solo io sentì: "presto torna da te.... ". Sapevo che non ne avrebbe fatto parola con nessuno, era il nostro segreto. Lo guardai e lo ringraziai, solo gli occhi mi tradirono, si riempirono di lacrime senza volerlo. La mattina passò tranquilla, le ultime sedute ore avevamo proprio Dante che come suo solito entrò salutandoci  e lo vidi più sereno in viso, i suoi occhi erano tornati ad illuminarsi, proprio come quelli di Simone quando rideva. Ascoltai attentamente la spiegazione del prof, quella mattina parlò di un filosofo che passò tutta la sua vita a cercare di dare una spiegazione alla "sofferenza" e passando dietro alla mia sedia mi mise una mano sulla spalla stringendomela, aveva capito cosa stavo passando. Mi sorrise, come un padre e questo mi scaldò il cuore.
Finita la scuola andai in ospedale, come ogni pomeriggio mi accomodati sulla panchina e tolsi dallo zaino il libro di filosofia, per ripassare quello che Dante aveva appena spiegato. Era la mia materia preferita in assoluto. Dopo tanti giorni di silenzio il mio telefono emise uno squillo, pensai fosse mia madre, invece il mio cuore si fermò per un attimo quando lessi il SUO nome, Simone:
S: "dove sei?"

SIMONE E MANUEL Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora