20 - la vita che vorrei

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Dopo aver guardato la fiction insieme alla nonna e Manuel e aver versato alcune lacrime, pensando che la storia raccontata, potesse essere benissimo la nostra, decidemmo di andare a riposare per la notte. Controllato porte e finestre andammo nelle nostre stanze, abbracciando e baciando la nonna, dandoci appuntamento alla mattina successiva. Anita non era ancora tornata a casa dall'appuntamento con Franco, ma anche Manuel sembrava tranquillo. Ci preparammo e mettemmo a letto, quella sera era una serata tranquilla, la finestra aperta faceva entrare una brezza leggera ma molto piacevole, che in contrasto con il caldo soffocante del pomeriggio, conciliava il sonno. Decidemmo di farci solo le coccole e di non fare altro, Manuel sembrava stanco e nonostante io non mi stancassi mai di fare l'amore con lui, fui d'accordo. Infatti dopo bellissime carezze e baci si addormentò subito, il respiro era tranquillo e rilassato, era la cosa che più mi interessava, che stesse bene. Io invece faticai un po' di più ad addormentarmi, tanto è vero che sentì Anita tornare a casa, era circa mezzanotte e quaranta quando salì le scale. Riconoscevo il suo passo. Fui tranquillo che stava bene. Il mio amore era tranquillo, abbracciato a me, così Morfeo mi prese tra le sue braccia e mi accompagnò dolcemente nel sonno, portandomi nei meandri di quel mondo fantastico e incantato dove tutto può succedere e l'immaginazione non ha confini.

S: "Era una mattina come tante altre, dove la voglia di alzarmi era equivalente a prendere un pugno nei denti, ma non potevo rimanere a letto oltre, quindi controvoglia mi alzai. Le mie gambe facevano ancora male dopo aver nuotato, la sera prima, per tre ore di allenamento intensivo. Allo stesso modo ero contento per i risultati ottenuti, anche il mister lo era, infatti avrei dovuto partecipare ad una gara, che se vinta mi permetteva di qualificarmi a livello nazionale, questo mi spingeva a fare sempre meglio. Accanto alla mia stanza c'era quella di mio fratello Jacopo, mio gemello, che senza troppo curarsi di tutto il rumore che stava facendo, stava provando a lavarsi i denti, ma prima lo spazzolino, poi il dentifricio, poi il contenitore di plastica, cadevano tutti a terra. Entrai senza bussare e lo vidi in bagno, in mutande, lui si voltò di scatto e disse:

J: "non si bussa?"

Io di risposta controbattei

S: "al massimo saresti stato nudo...come se non ti conoscessi, mi guardo e tu sei la mia copia, quindi che problemi ti fai?"

Il discorso morì li dove era iniziato. Si preparò e scendemmo a fare colazione. La nonna e il nonno erano già in cucina, baciammo entrambi e finita la colazione il nonno ci portò a scuola come sempre.
Quella mattina le prime due ore avevamo matematica, la mia passione, un po' meno per Jacopo che invece la odiava. Entrò la prof. con accanto un ragazzo riccio, con i capelli color miele, bellissimo che mi fissò appena mi vide. Jacopo mi guardò subito e mi diede una gomitata mi disse:

J: "simò te sta' a magnà co' gl'occhi...."

Diedi una leggera spinta a mio fratello e provai un po' di imbarazzo nel vedere quegli occhi marroni che mi guardavano. Le mie guance sicuramente diventarono rosse. Le sentii infiammarsi. Cercai di guardare da un'altra parte.
La prof lo presentò:
"Questo ragazzo è il vostro nuovo compagno di classe, si chiama Manuel Ferro e viene da
da Sperlonga e si è trasferito qui a Roma con la famiglia per esigenze lavorative del padre. Salutatelo e Manuel accomodati vicino ad Aureliano. Ovviamente mio fratello non perse occasione di starsene zitto ed esclamò:

J: "vieni Manuel, vieni al mio posto, ce vado io vicino ad Aurelia' "

S: "nooo che stai a fa'? " parlando piano

J: "o' voi trova' er fidanzato o no?" Lo disse che solo io potei sentirlo, per fortuna!

M: "molto volentieri"

Si sedette accanto a me e allungai la mano per salutarlo, lui me la prese, ma non in segno di saluto, intrecciò le sue dita alle mie...ci guardammo per tutta mattina, non esisteva più nessuno intorno...
Avevo sempre a portata di mano alcuni bigliettini ritagliati, scrissi il mio numero di telefono e glielo allungai. Lui lo memorizzò e di rimando mi fece uno squillo, così anch'io potei memorizzarlo.
Durante l'intervallo gli feci vedere la nostra scuola, portandolo dalle macchinette e gli offrì una cioccolata, la gradì molto volentieri, ne presi una anch'io. I nostri sguardi si incrociarono di nuovo quando mi alzai con il bicchierino in mano, non volevo fare nessun passo falso o troppo azzardato, ma la voglia di baciarlo era tanta e quasi irrefrenabile. Rientrammo in classe e Jacopo con la sua eleganza venne da noi e chiese:

SIMONE E MANUEL Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora