Sono ancora stesa sul letto con Alex, mentre quest'ultimo mi accarezza delicatamente i capelli.
"Sai, pensavo..." riprendo parola dopo essere stati in silenzio per un po'.
"Perché tu pensi?" scherza lui, ricevendo un pungo sul petto da parte mia come risposta che lo fa sussultare leggermente.
"Cosa staresti facendo adesso se tu non fossi mai entrato qui?" gli chiedo osservando l'armadio semi aperto davanti a me.
Non ricevendo una risposta tempestiva, mi volto verso di lui appoggiando il mento sul suo petto e lo trovo a guardare il soffitto con aria malinconica.
"Non lo so, forse starei continuando a scrivere cose, a suonare... forse avrei cominciato anche a trovarmi un lavoro per poter continuare a fare musica" dice senza mai distogliere lo sguardo da quella posizione.
"Ma questo continuerai a farlo anche una volta fuori di qui" gli suggerisco, riferendomi al fatto di fare musica.
"Certo, spero solo di non dover fare il cameriere però per mantenermi" risponde, facendo un mezzo sorrisino.
"Saresti divertente" lo prendo in giro, continuando a guardarlo.
A questo punto, distoglie lo sguardo dal soffitto e cala gli occhi su di me.
"Che fai, mi prendi in giro ora?"
"Tu lo fai continuamente con me" gli ricordo.
Per un momento penso a come saranno effettivamente le nostre vite fuori da questa struttura, fuori da questa vita che stiamo conducendo, fuori da questi riflettori ma, in realtà, sotto ad altri.
"Tu?" mi domanda, mettendo le braccia dietro la testa per poterla sollevare di poco.
"Non lo so..." sospiro.
Il pensiero in realtà mi tormenta sempre.
"Sicuramente starei continuando a ballare, ma forse avrei seriamente preso in considerazione l'idea di cominciare l'università" ammetto nostalgica.
E ci ho pensato davvero, tante volte.
Mi sono sempre soffermata a guardare la vita degli altri andare avanti, tante volte, soprattutto quando mi sento sempre tanto indietro a tutti e mi sono sempre sentita non abbastanza, come se tutto ciò che facessi risultasse sempre troppo poco rispetto a ciò che in realtà avessi potuto fare.
Ogni volta mi guardo intorno e ho paura di fermarmi per sempre, di non raggiungere nessun obiettivo in particolare, neanche quelli che mi stanno più a cuore, come la danza che mi ha sempre accompagnata nella mia vita, mi ha sempre dato un'opportunità per sentirmi più libera, con meno pesi, con meno pensieri assordanti.
Ma quanto può bastare tutto questo? Quanto può bastare aggrapparsi semplicemente a quello che mi piace fare veramente?
Non lo so e questo mi tormenta.
Ecco perché ho sempre voluto avere una sorta di 'seconda strada', quella che alla fine decidono di intraprendere la maggior parte delle persone, per spianarsi la strada, per fare qualcosa.
Ma, in realtà, non è quello che voglio veramente e un po' mi mette angoscia.
Vivere una vita che non voglio davvero, vivere in un unico modo solo perché è il concetto base della società in cui viviamo. No, non riesco mentalmente ad accettarlo, però spesso mi tormenta il fatto che possa essere l'unico.
"L'università?" mi risveglia dai pensieri Alex.
"Sì, l'università."
"Ma perché? Non mi sembra attinente con il tuo lavoro" dice.
"Perché mi tormenta la paura di non realizzarmi nella danza."
A questo punto, Alex alza ancora di più il suo busto per appoggiarsi allo schienale del letto, costringendo anche me a fare lo stesso, posizionandomi a gambe incrociate di fronte a lui.
"Liv, tu sei fenomenale."
A queste parole rido leggermente, pensando a quanto sia tenero il fatto che cerchi in qualche modo di non farmi pesare le mie paranoie.
"Da quando sei diventato esperto di danza?" gli chiedo, piegando leggermente la testa di lato.
"Non lo sono, non ci capisco niente" ammette lui. "Però mi piace quello che vedo, quando balli e piaci anche agli altri, alla Celentano, soprattutto, e questo credo sia un grosso punto a tuo favore" mi sorride.
"Magari non lo è per qualcuno lì fuori."
"Io credo di sì" risponde deciso. "Cos'è che dice sempre Maria? 'Amici è una sorta di vetrina, dove noi ci facciamo conoscere, un trampolino per lanciarci nel mondo della musica, dello spettacolo', qualcuno lì fuori ti avrà già notato, Liv, oppure ti noterà e tu riuscirai a fare quello che vuoi, riuscirai a ballare e farai della tua passione il tuo più grande lavoro."
Ascolto attentamente ogni sua singola parola, cerco di assimilare concetti e incanalare positività.
Vorrei solo credere che basti tutto questo per vivere la mia vita felice, ma felice davvero.
"Lo credi?"
"Te lo giuro" continua, prima di riprendere parola. "Poi nel caso tu fallissi, ti ingaggio come ballerina per i miei concerti."
"Che scemo che sei" rido, mentre lui fa lo stesso.
"Perché, non balleresti per me, ai miei concerti?"
"Mh, non ti vedo artista da ballerine in fondo la scena."
"Ti sorprenderà l'infinità di cose che non ti aspetteresti da me" risponde con tono tranquillo.
"È un invito a scoprirle 'queste cose'?" mimo le virgolette con le dita.
"Se hai voglia."
"Sei tu che devi invogliarmi" lo prendo in giro.
"Sei tu che devi averne voglia" dice guardandomi, prima di controllare l'ora sulla sveglia posta sul comodino e mi rendo conto che forse vuole andare a dormire e che quindi devo uscire da qui.
"Vado a dormire" dico infatti, alzandomi dal letto.
"Sei stanca?" mi chiede lui, seguendomi con lo sguardo.
"Un po', ma anche tu" azzardo.
"Un po'" mi imita, sorridendo.
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Ammirare tutto - Alex Wyse
RomansÈ stato forse quando ha raccolto da terra i mille pezzi di me che ho capito davvero cosa fosse l'amore: l'esatto contrario di quello che avevo assimilato durante tutta la mia vita, durante gli ultimi tre anni, facendomi del male. Capirsi, accettarsi...