Un rantolo di sangue usciva dalle sue labbra carnose, passò il dorso della mano su di esse togliendo il liquido. Si guardava attorno, dov'era finito? Com'era arrivato lì?
Il silenzio della notte accompagnava lo scricchiolio riprodotto dal vecchio parquet sporco della fattoria, perché era lì? Il posto era abbandonato, si vedeva dalla noncuranza del posto, dalla polvere, dalle bottiglie rotte e delle finestre distrutte dalle quali entrava l'aria gelida della notte.
Si alzò in piedi, la sua espressione fu quella di dolore. Una fitta al fianco gli bloccò il respiro.
Si guardò addosso, i vestiti erano sporchi di sangue ma la stanza pulita, all'incirca, cos'era successo?Si trascinò verso il corridoio. Era da solo, com'era arrivato? Da solo o qualcuno aveva portato lui in quel posto? La testa iniziò a fargli male, pulsava, si portò una mano sulla fronte e anche li, un rivolo di sangue sporcò il palmo della mano. Non ricordava niente, non sapeva dove fosse ne quanto meno se in quel posto fosse da solo. Si mosse lentamente tenendo la mano sul fianco, si guardava attorno e prestava attenzione a qualsiasi rumore. Ma non sentiva niente se non il suo affannoso respiro.
Le porte delle altre stanze erano socchiuse, i muri sporchi di sangue. Delle mani erano passati su di essi, qualcuno era stato ferito e trascinato e forse quello poteva essere un disperato tentativo di aiuto.
L'ultima stanza in fondo era aperta, si fermò, rimase in ascolto. Ma il silenzio assordante gli fece capire che era solo. Chiunque probabilmente era scappato credendolo morto?
Ma lui non ricordava nessuno assieme a lui.Decise di entrare nella stanza, nelle precedenti non c'era nulla, nemmeno in quella probabilmente. Vi entró e si bloccò. La stanza era piena di sangue, su un letto improvvisato da un materasso bruciato era distesa una ragazza, il corpo era avvolto nel sangue e la sua posizione del tutto innaturale.
Si avvicinò al corpo, lo studiò attentamente, guardando le labbra violacee e la sua testa, tra il dolore gli iniziò a rivelare parti della sua memoria
**
Era l'ennesimo litigio tra i due, non stavano assieme da molto. Lei era bella, giovane e solare. Il contrario di lui, e nemmeno sapeva come avesse potuto sceglierlo ma a lui andava bene così, aveva una bella ragazza al suo fianco e non gli mancava nulla.
Eppure per quanto fosse stata una decisione di entrambi, quella relazione era soltanto un continuo litigare, una gelosia possessiva si era scatenata colpendo entrambi e rendendo impossibile la convivenza.
Ci aveva provato, diceva, ci aveva provato a fidarsi di lei ma ogni qualvolta gli lasciava la via libera lei era sempre con un altro, non diversi. Lo stesso di sempre.
Lei, dal sul canto aveva ribadito più volte che quel ragazzo fosse semplicemente un amico. Ma nella loro relazione c'era di più di una semplice amicizia. Si vedeva, diceva, si vedeva chiaramente.Anche quel giorno litigarono, lei nascondava la profonda gelosia per la ex ragazza di Fabio, sentiva la sua costante presenza. Il suo sguardo, anche se non aveva idea di chi fosse. Lei era lì e la soffocava. Glielo aveva ripetuto.
Lui non sopportava di sentire il nome della sua ex ragazza, l'amava ancora e lo sapeva ma non voleva riconoscerlo, era finita non c'era modo di tornare indietro. Ma, se avesse potuto, lo avrebbe fatto, lo sapeva.
Lei inveiva, ripeteva di quanto fosse soffocante, di quanto fosse mal fidato, di quanto delle volte fosse stronzo. Piangeva. Ma a lui non interessava, non faceva alcuna tenerezza.Sentiva la rabbia della sua gelosia.
Lei si scagliò nuovamente ancor prima che potesse rispondere, parlando della ragazza che non aveva mai visto ma che sentiva costantemente presente.
La furia gli offuscò la mente, la ragione e la vista.
Aveva toccato il fondo.L'afferrò per i capelli, la trascinò fuori e tra le urla la fece entrare in auto con la forza. Si mise alla guida e inizio a girovagare.
Nemmeno lui sapeva dove fosse, la ragazza piangeva e chiedeva scusa, pregava e supplicava il perdono. Giurava che non sarebbe mai più accaduto, ma era troppo tardi.Si fermò nella vecchia fattoria abbandonata, scese e fece scendere anche lei.
La portò all'interno e la gettò sul pavimento. Le ribadì per l'ennesima volta di non nominarla, di non parlare di lei in quella maniera. Non era nessuno per farlo.Lei supplicava in ginocchio, ma la sua furia non era soddisfatta. La spinse facendola sbattere a terra, iniziò a colpirla, la sua scarpa colpiva i punti deboli della ragazza, prima alla bocca dello stomaco e successivamente in volto, provocandole diverse spaccature sul bel viso e sulle labbra.
In qualche modo tentò di alzarsi, si appoggiò al muro spoglio ma non fu abbastanza, gattonò verso un qualsiasi posto per ripararsi, ma non servì a molto.
La prese per i capelli, lei cadde di nuovo, si sedette sul suo stomaco, posò le mani sul collo, strinse. Le unghie di lei si aggrappavano laddove poteva, si dimenava, graffiava il volto, le braccia, ma nulla pareva ferirlo.
La sua vista si offuscò, smise di respirare.Lui lasciò la presa, non era soddisfatto. Si guardò attorno, prese una bottiglia di birra abbadonata, la ruppe, prese il corpo gettandolo sul materasso sporco. Iniziò a infilzare il corpo, vedendo il sangue. Si fermò e gettò la sua arma, guardo la ragazza.
Il volto spento, le labbra violacee.Un conato di vomito lo colse alla sprovvista, si allontanò vomitò.
Iniziò a piangere, si accasciò a terra, gli occhi gli bruciavano, la testa gli faceva male così come il resto del volto.
Si abbadonò sul pavimento addormentandosi.**
Ci aveva provato, si disse.
Aveva provato a fermarsi.