Carlotta
Occhiali scuri, tuta rosa spezzata sul punto vita, giaccona lunga alle cosce e chignon tattico e scombinato, sorretto da un paio di vecchie forcine trovate tra il divano di Nico. Signore e signori, eccomi a voi: Carlotta dea dell'hangover.
«Spiegami ancora perché dobbiamo uscire a fare colazione di domenica mattina, dopo che ieri abbiamo perso la dignità con la bottiglia di Tequila che neanche Meredith Grey nei peggio momenti» mi lamentai cercando dalla tasca della giacca la Iqos e le sigarette. «Perché se stiamo a casa ci deprimiamo o peggio, potrebbe venire mio fratello a rompere. E comunque sono le 11 passate, a quest'ora si fa il brunch all'inglese» rispose Nico nella sua giacca di jeans con il pelo e i pantaloni grigi della Nike, imitando le mie mosse. «Mi avevi già convinta con la possibile improvvisata di tuo fratello, ma il colpo di grazia con il brunch è da maestri» «Ti conosco miss Inghilterra» commentò ammiccante, lo guardai male. «Ancora con questa storia? Una non può avere un paio di storie con dei ragazzi inglesi che subito parte la generalizzazione» sbuffai. Nico sogghignò divertito: «Charly, tu hai avuto solo ragazzi inglesi: hai il radar, come quello di ieri.» Sorrisi ripensando a quel bellissimo ragazzo che mi aveva coperto con Elia e dopo mi aveva assecondata in quel bacio da lasciare senza fiato. «Va be' che c'entra, lui? Guarda che è stato solo un caso fortuito e il mix di alcolici» mi giustificai, aspirando dalla sigaretta, Nico ridacchiò. «Sì sì, un caso fortuito. Proviamo a chiedere di Harry anche in questo bar?» chiese divertito, feci spallucce. «Puoi provare, però solitamente quando funziona una volta, è strano che lo faccia una seconda. Comunque lasciamo perdere, per colpa sua ci ho rimesso il negozio di elettronica di fiducia» «Ma ancora che vai lì? Te l'ho detto mille volte: il coinquilino di Luca ti cambia il vetro del telefono con 40 euro» m'interruppe indicando l'entrata del famoso locale di brunch nel centro di Bologna. «Non lo so Nico, non mi fido molto del tuo collega, ha il suo nome tatuato sulle dita» «Tu hai Pingu sul braccio Charly» mi fece notare con una mezza smorfia, facendomi ridere. «E pensa, mi ricordo come mi chiamo senza scrivermelo sulle mani.» Ridacchiò buttando il mozzicone della sigaretta nel posacenere un attimo prima di me, aprendo poi dopo la porta del bar per fare entrare prima me, da galantuomo. Conoscevo Nico da tutta la vita, le nostre mamme erano compagne di banco alle scuole medie e si erano ritrovate vicine di casa da adulte, entrambe con il pancione e un figlio piccolo. Eravamo cresciuti insieme vivendo ogni tappa adolescenziale come due uccelletti inseparabili, compreso ogni tentativo di chiarezza della sua sessualità, metchando tra donne e uomini con un confuso schema che si ripeteva ogni volta. «Siete solo voi due?» domandò la ragazza con la divisa del bar e un cipiglio nello sguardo. Sorrisi in modo forzato: «A quanto pare» commentai sarcastica, prendendomi un pizzicotto da Nico sul culo. La cameriera ci accompagnò in un tavolino sfigato, tra una saletta privata e il corridoio per il bagno, davanti ad un ragazzo taciturno con le cuffie alle orecchie il cappuccio tirato su, sicuramente come noi reduce da una serata alcolica. «Tesoro, cosa ti posso portare?» domandò un altro cameriere, con lo sguardo malizioso fisso sul seno schiacciato sotto la felpa. Alzai gli occhi al cielo: «Un menù?» domandai continuando sulla scia del sarcasmo. «Scusami sai, la mia amica è scesa col piede sbagliato dal letto. Prendiamo due English Menù un caffè e una spremuta d'arancia» prese in mano la situazione Nico con estrema dolcezza per contrastare la mia acidità da postumi da sbornia. Il cameriere però aveva voglia di istigarmi, continuando a tenere gli occhi sul mio davanzale. «Liscia?» chiese a direttamente a loro. «E che palle» sbuffai guardando Nico al limite della sopportazione, lui sospirò, coprendosi il viso con le mani. Mi tolsi gli occhiali da sole, abbassando il viso cercando di attirare l'attenzione. «Direi che adesso può bastare, non credi? Sì, sono due tette e credimi, loro non bevono la spremuta. I miei occhi, invece, quelli che stanno più su se te lo stavi chiedendo, ti stanno suggerendo di portare subito quel caffè e quella spremuta lisce, qualunque cosa voglia dire» sbottai massaggiandomi le tempie alla ricerca di quiete. Il cameriere ridacchiò, tornando con lo sguardo sul seno. Nico ora stava ridacchiando sotto i baffi. «Arriva tutto subito, gattina» affermò congedandosi. «Gattina, penso che ti chiamerò così d'ora in avanti» «Certo e io ti uccido» risposi a Nico scuotendo la testa. «Sai Nico, inizio a rimpiangere i tempi nei quali le ciccione come me venivano snobbate o cercate solo per una sveltina facile» mi lamentai indossando di nuovo gli occhiali. «Ma smettila che se fosse stato inglese non ti sarebbe neanche dispiaciuto» mi stuzzicò, lo calciai da sotto il tavolo. «Ho fatto un fioretto, lo sai ed ho intenzione di seguirlo fino all'ultimo giorno di novembre: niente sesso fine a sé stesso e soprattutto niente uomini pericolosi per i quali prendermi cotte non ricambiate» «A meno che non siano inglesi» «Taci micione.» Nico alzò un sopracciglio, divertito: «Micione?» Sorrisi divertita. «Sono troppo stanca per trovare qualcosa di meglio. Ti giuro, finiamo 'sto brunch, mi porti a casa e muoio lì, sul divano. Verso le 19 metto su un film, mangio dei popcorn, se mi va ordino una Poke e poi tisanina, alle 22.30 a letto» mi lasciai trasportare dalla frenesia della mia cara vita da pantofolaia. «Mamma mia Charly non starmi troppo vicina che potresti trasmettermi tutto 'sto vecchiume di dosso. Hai ventisette anni, dio mio, svecchiati!» «Ventisei. Non ho ancora compiuto ventisette anni» «Guarda che va a tuo sfavore» ironizzò, mentre occhi di falco tornava con il caffè e la spremuta liscia.
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Love me Lottie [hs] ~ COMPLETA.
FanfictionQuando Carlotta decide che no, nonostante Harry sia quanto di più caldo le sia mai capitato per le mani, non andrà a letto con lui, Harry si convince del contrario. Quella moretta tutte curve diventa il suo obiettivo quasi senza rendersene conto, ma...