Capitolo 4

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Va bene ja... Ecco il capitolo <3 ora pagatemi

Will e Frank dimostrarono di conoscersi già avendo frequentato entrambi quel college, lo stesso fecero Jason e Percy inventandosi una storia. Will insistette per offrirgli la cena, perché "era l'ultima cena prima di doversi chiudere nelle stanze e completare i programmi dell'anno".

«Percy promettimi una cosa» disse Jason a un passo dall'entrata. Indossava una camicia bianca con le maniche tirate fino ai gomiti, due bottoni sbottonati e dei jeans blu. «Devi impedirmi di toccare un bicchiere di alcool. Che sia birra, che sia vino, che sia qualunque cosa, devi impedirmelo»
Percy annuí lentamente, Jason arricciò le labbra imbarazzato. «E slacciati un po' quella camicia, non sei a un matrimonio» gli disse vedendo ogni singolo bottone, dal primo all'ultimo, abbottonato.

Il ristorante non era elegante, ma non era neanche molto sciolto. Era una via di mezzo. «Quest'odore... É fantastico» sussurrò Percy in trance.
«Benvenuto nel nostro ristorante preferito.» disse Frank «"Fraté magna a pizz" é tra i migliori ristoranti italiani di questo posto.»
«É da quando siamo adolescenti che veniamo qui e ancora non abbiamo capito che significhi il nome.» spiegò Will.

«PEPPEEEE!» esclamarono all'unisono quando comparve un uomo bassino, un pochino in carne, con il grembiule bianco e qualche capello sparso per la testa. L'uomo li abbracciò dicendo qualcosa in italiano, che Jason sembrò capire meglio di Percy.
«Uaglioni! Me site mancati» esclamò in quello che doveva essere inglese.
«Napoli» disse Jason «Lei é un napoletano.»
«E chistu chi é mo?» chiese lo chef
«Si chiama Jason, lui é Percy. Sono nostri colleghi. Senti Peppe, che ne dici della solita diavola e della salsiccia e friarielli per noi?» chiese Will
«E chilli là ca' pigliano?» chiese di nuovo.
«Per me una margherita, grazie» disse Percy
«Salsiccia e friarielli» chiese Jason. Peppe gli sorrise, disse qualche parola in napoletano stretto e tornò in cucina. Un cameriere li guidò verso un tavolo e si sistemarono parlando del più e del meno.

«Jas, un po' di vino?» chiese Frank dopo averne versato un po' nel suo bicchiere. Jason si paralizzò, combattuto. Non poteva bere, non doveva bere. Ma non toccava alcool da due mesi...
«Devi smetterla! Non devi vergognarti!» disse improvvisamente Percy «Non devi per forza dire "si" quando non ne hai voglia.»
Frank ricevette il messaggio posando la bottiglia «Sentite, perché non ci parlate un po' di voi?»
I due ragazzi si guardarono, poi Jason iniziò «Sono un tipo un po' strano... insomma, non vado pazzo per il vino, mi piace allenarmi duramente ogni giorno...»
Percy lo interruppe «Non ti fai mai una risata». Jason sospirò «Ti odio profondamente».
«Lo so» Percy sorrise facendo ridere i loro due amici.

«Io invece sono fantastico: rido sempre, chiacchiero con tutti anche su di me e mamma mia quando bevo» continuò Percy «L'esatto opposto del musone»
«Ti uccido nel sonno» sussurrò l'altro abbastanza forte da farsi sentire, facendo scoppiare a ridere i loro colleghi. Percy cercò di ridere evitando di pensare a come Jason poteva star scherzando, ma come poteva essere serio.

«Ancora non ho capito una cosa» disse il moro passeggiando per la città con Jason. Will e Frank erano tornati al college perché sentivano troppo freddo e in effetti si gelava anche se era solo inizio settembre.
«Perché mandarci in un college? Voglio dire: perché non alla loro base?»
«É semplice: Giove non si trova. L'Olympus é vicino a una delle sue basi, però non lui non ci va mai. É solo un rifugio per i suoi soldati. Noi stiamo cercando La Base, non una base qualunque. Se non la troviamo... Be' pazienza, basta trovare Giove. É lui il nostro obiettivo. Non siamo gli unici a essere stati mandati in missione, ma siamo quelli che si trovano nelle vicinanze di una base che non viene mai abbandonata»
«Mai abbandonata?»
«Non é sicuro per Giove tenere sempre le stesse basi, così ogni anno le cambia vendendo le vecchie e comprandone di nuove. Ma quella accanto al college, quello che sembra un semplice palazzo, non é mai stata venduta. É sempre la stessa da diciassette anni»

«Sembri conoscere bene Giove»
Jason annuí, sospirando «Più di quanto vorrei...»
Percy si morse la lingua per non chiedere niente di quello che gli aveva detto Grover sulla "Storia terribile".
«Sto gelando» ruppe il silenzio il moro strofinandosi le mani sulle braccia.
«La dea della neve nella mitologia greca era Chione» gli rispose Jason.
«Si e io sono il dio del Torniamo Al College Che Sto Gelando».
Il biondo alzò gli occhi al cielo e chiamò un taxi.

Prima che si separassero per raggiungere le loro stanze, Percy si fermò.
«Ho paura» disse semplicemente. Jason lo guardò negli occhi, incatenando l'azzurro ghiaccio col verde mare.
E sorrise malinconico.
Quella era la stessa faccia che aveva lui alla sua prima missione.

"Mamma ho paura" aveva detto con la sua vocina da dodicenne.
Sua "madre" si era chinata alla sua altezza lasciandogli un veloce bacio sulla fronte per poi guardare una donna che gli sorrideva dolcemente. Anche lei si chinò alla sua altezza "Sono l'agente Lupa, guiderò io la tua missione. Non devi avere paura. Io ci sarò e ti proteggerò. Promesso"

«Non devi avere paura. Io ci sarò e ti proteggerò. Promesso» gli rispose il biondo.
Non sapeva esattamente perché, ma Percy si sentí più sicuro. Sorrise debolmente «Grazie»
«É questo che fanno gli amici, no?»
Il sorriso di Percy si allargò, ma Jason gli puntò un dito contro «Questo non significa che ti sopporti».
«Assolutamente»
«E io ovviamente negherò di aver mai detto quella frase»
«Certo»
Il più grande socchiuse gli occhi prima di borbottare un “Buonanotte” e andare nella sua stanza.

L'indomani sarebbero arrivati i ragazzi, due giorni dopo avrebbero iniziato i corsi.

Avrebbero avuto taaanto da fare...

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