Capitolo 13

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NON ERA PREVISTO COSÌ TANTO TARDI

Jason si sedette alla scrivania con un sospiro. Era stanco morto e l'idea che mancavano ancora due ore alla fine della giornata scolastica non era confortante. Era il 17 dicembre, aveva già chiamato Hazel per farle gli auguri.

«Mi ricordo che eri una ragazzina. Ventiquattro anni, Haz. Smettila!»
«Smettila tu, Grace. Mi fai sentire vecchia».
«Stai parlando con un uomo di ventisette anni»
«Uomo... Lo sappiamo entrambi che sei un bambino»
«Può capitare»

Più o meno era andata così.

Controllò di essere solo e guardò nel cassetto della scrivania: il cubo era ancora lì. Il fatto che il localizzatore fosse spento era un punto a loro vantaggio ma anche a loro svantaggio: nessun traditore lo avrebbe potuto trovare, ma se fosse stato rubato neanche loro lo avrebbero trovato. Era un rischio che bisognava correre.

Nascose meglio l'oggetto più importante del CHB e richiuse il cassetto.
Mancavano dieci minuti alla lezione di storia e i ragazzi ancora non si vedevano. Meglio così, almeno aveva un po' di tempo per stare da solo.

Ripensò agli ultimi mesi.
Aveva notato non pochi cambiamenti in sé stesso nell'arco di quel breve tempo. Quando sorrideva non gli faceva più male la faccia e accettava le strette di mano senza sentirsi male. Per non parlare del fatto che solo due giorni prima aveva fatto il solletico a Percy! Poi era riuscito a prendere una lattina di Coca Cola senza guardare la bottiglia di birra posata al suo fianco! Non capiva cosa stesse succedendo, ma sapeva che era una cosa buona. E ovviamente, quando le cose stanno andando per il verso giusto, tutto va a rotoli. Due attacchi in due giorni. E Frank c'era finito in mezzo. La ferita ormai non ci faceva più male e non aveva bisogno delle stampelle per camminare. Will continuava a cambiargli la fasciatura e ogni volta ripeteva come stesse andando bene.

Anche con Percy stava andando bene. Quando erano soli, discutevano un po' della missione. Erano lì da vari mesi ma non c'era stata neanche una singola novità. Aveva preso in considerazione l'idea di andare nella base di Giove proprio accanto al campus, ma Percy gli aveva fatto notare che non sapevano niente di quell'edificio: nessuna piantina, nessun dato sulle persone all'interno e soprattutto erano in grandissima minoranza numerica. Anche chiamare le forze del CHB non era una buona idea perché se c'era una talpa avrebbe subito avvisato Giove e sarebbe successo un casino. Dovevano rimanere lì e aspettare.

Ma Jason non ne poteva più di aspettare. Giove sapeva che lui era lì, sapeva che Percy era il suo partner e sapeva come fermarlo. Per quanto potesse essere uno dei migliori agenti di cui Annabeth disponeva, Jason era pieno di punti deboli. E Giove li conosceva tutti.

Il biondo non poteva immaginare di aver appena mostrato il nascondiglio del cubo ad un'ombra.
Una figura vestita completamente di nero per mimetizzarsi con le ombre, si muoveva a passo felpato alle sue spalle. Neanche uno come Jason poteva scoprirlo.
La figura imprecò nella sua mente contro Giove: disponeva di tantissimi agenti e l'agente Grace li conosceva tutti. Poteva mandare anche qualcuno che il Testimone conosceva!

Il Testimone. Non sapevano se fosse un lui o una lei, se fosse un ragazzo o un adulto, se fosse un agente che lavorava sul campo o alla scrivania. Sapevano solo che la CIA conosceva moltissimi volti dei soldati di Giove e che aveva mandato lì il Testimone, cercando di proteggerlo.
La figura non rientrava tra quelli che lo sconosciuto aveva visto quindi perché correre il rischio? Probabilmente Giove voleva testare nuovamente la sua fiducia. Come se quello che aveva già fatto non fosse stato abbastanza...

Guardò il biondo davanti a lui.
Jason era nella massima tranquillità, che finiva di sistemare le domande per gli esami che avrebbe dovuto tenere a fine gennaio. Tutti sapevano che l'agente segreto, nonostante tutto, era un professore dolce e che avrebbe fatto di tutto per aiutare i ragazzi a passare.

La figura sospirò e uscì dall'ombra. Appena il biondo ebbe espirato, fece una cosa che odiava fare: attaccò alle spalle. Passò velocemente il braccio destro attorno al collo di Jason e cominciò a stringere usando la mano sinistra.
La spia si divincolò. Dopo quasi trenta secondi, i polmoni di Jason cominciarono a implorare aria mentre dei puntini neri cominciavano a danzargli davanti agli occhi. Annaspò alla ricerca d'ossigeno, diede gomitate allo stomaco del suo aggressore, usò la forza delle braccia per fargli togliere il braccio dal suo collo.
Stringeva forte. Molto forte.

Cominciò a sentire le forze che venivano meno, ma si impose di restare sveglio. Aveva assolutamente bisogno di ossigeno. Cercò di attaccare la mano che reggeva il braccio che lo stava soffocando. Sentì qualcosa di molto freddo al tatto, probabilmente metallo, sulla base dell'anulare sinistro. «Mi dispiace, Jas» la voce dell'aggressore era lontana e ovattata; la consapevolezza di chi si trattava accompagnò Jason nell'oscurità.

Quando smise di lottare, la figura gli liberò subito il collo e il corpo privo di sensi del ragazzo si accasciò a terra. Lo sconosciuto si sollevò leggermente la maglietta nera e fece una smorfia vedendo i segni rossi lasciati dal ragazzo. Si mise i guanti, prese velocemente il Cubo di Chirone dal cassetto e accese il computer di Jason per cercare informazioni su quello il Camp Half-Blood sapeva.

Il computer era solo in standby quindi gli bastò alzare lo schermo perché quello si accendesse. La figura cambiò idea subito dopo aver visto lo schermo.

Jason aveva messo una foto come sfondo. Quella foto.
Sette ragazzi tutti di età diverse. Erano a mare. Alcuni sulle spalle di altri, altri che si schizzavano tra di loro. Vide Jason che teneva tra le braccia una ragazza e stava per buttarla a mare. Gli si strinse il cuore vedendo quel ragazzo sorridente e lo sguardo assassino della ragazza.
Lasciò il computer così come stava. Guardò Jason steso lì a terra, svenuto. Svenuto per colpa sua.

Guardò il Cubo, poi la sua mano sinistra, la mano che aveva stretto il braccio intorno al collo del biondo. Fece un piccolo sorriso triste «Spero che tu possa perdonarmi, Scintilla» sussurrò poi scappò via.

Esattamente sessanta secondi dopo, Calipso Atlants entrò nell'aula e urlò di terrore.

Demigods Passion Spies {HoO AU}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora