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Niki's Pov
avevo all'incirca quindici anni, ricordo che era Maggio, o forse Aprile...fatto sta che faceva caldo, quel giorno, ricordo che uscito da scuola mi ero tolto subito la felpa verde militare che avevo indosso e, dopodiché, la legai in vita stringendo il nodo. sudavo, sudavo, ed ancora sudavo.
stavo facendo la solita via per tornare a casa, la stessa, con i soliti alberi ormai tinteggiati di vita, un odore di fiori mi invase le narici ed il polline sembrò attaccarsi alla mia pelle umidiccia. Se non avessi sudato così tanto, probabilmente, non mi sarei mai fermato in una piazzola semivuota per rinfrescarmi da una fontanella.
dunque ero lì perché avevo cambiato rotta, ormai il mio obbiettivo era bagnarmi con della fresca acqua, non più tornare al più presto a casa per chiudermi in camera mia. ero lì perché avevo bisogno di una rinfrescata, ero lì perché il destino, a volte, gioca degli scherzi improbabili e tu puoi esserne sorpreso o irrigidito.
puoi scegliere se esserne felice o esserne destabilizzato.
il destino sceglie che scherzo giocarti.
e tu sei convinto di aver scelto di non tornare a casa perché sei libero di farlo, ma in realtà è tutto scritto, la tua libertà è solo illusione.
e mentre sei lì a bagnarti la fronte, aprì gli occhi e, con le gocce che ti scendono su di essi, volti lo sguardo intorno a te e capiti, distrattamente, a guardare in una macchina.
una scintilla di lucidità ti urla improvvisamente di rigirarti e guardare meglio.
e ti rendi conto che, in quell'auto nera lucida, avvinghiato ad una donna di mezza età apparentemente sconosciuta, c'è tuo padre.
l'acqua scende incessante dalla fontanella, non smetti di premere il pulsante, anzi, più la rabbia ti assale, più spingi e quella dannata acqua scende inesorabile scrosciando a terra e bagnandoti i pantaloni con appena qualche schizzetto. rimani a bocca aperta, ad occhi sgranati, e l'acqua che scende ancora dalla tua fronte si confonde con le lacrime.
e senti freddo, senti troppo freddo.
eppure stavo ancora sudando.
sudavo. avevo freddo.
sudavo. avevi freddo.
l'acqua scendeva e mi bagnava.
ed io guardavo mio padre baciare un'altra donna.
ed io avevo freddo, ma stavo sudando ancora.
l'odore di fiori mi diede alla nausea, come mi diedero alla nausea i pollini e gli alberi, come mi diedero alla nausea quei due in quella macchina e tutto il mondo che girava, girava un po' troppo velocemente.
non sentii mai il mondo girare così velocemente tanto da stordirmi.
mi sentivo su una giostra e non sapevo come scendere, ma bramavo che si fermasse.
ma io non volevo più vedere.
chiusi gli occhi e corsi via con lo zaino in spalla, piangendo ancora come un bambino.
io quel giorno tornai a casa verso sera tardi, tanto non c'era nessuno, ero come sempre da solo, con me stesso e la nausea a farmi da compagna.
E da quel giorno odiai la primavera.

Riflettendo su quella giornata, mi resi conto di star piangendo ancora, ma non potevo farlo, non potevo farlo.
eri accanto a Sunoo, era piena estate, era notte fonda ed eravamo sulla spiaggia fresca dagli infiniti granelli insidiosi.
avevo un braccio intorno alle sue spalle, e lui uno intorno alla mia vita, ci stavamo raccontando ancora la nostra vita davanti al mare mosso ed illuminato dalla pallida luce della luna.

“ci pensi che io e te siamo come due granelli di sabbia? tra tutti i granelli, tra tutti quanti, io e te ci siamo trovati ed uniti insieme, e rimarremo insieme nonostante le onde del mare provino a trascinarci via con loro”
disse il mio ragazzo mentre disegnava con un ramoscello dei cuoricini con accanto le nostre iniziali.
rimasi colpito da quelle parole, perché sapevo che il mare era qualcosa di incontrollabile, ed il terrore che ci potesse separare era sempre più vicino, non potevamo arrestare il corso delle cose. né il mare. né le onde. né il vento che le causava.
“però non trovi che il mare sia bello per questo?”
domandai guardando davanti a me con occhi malinconici.
“nel senso, pensaci, il mare porta i granelli di sabbia con sé, li porta a viaggiare in altre acque, li porta nei fondali in modo che possano riposare in pace senza stare sotto lo scoppio del sole”
mi accorsi che mi stava guardando, nonostante io non fossi girato per poterlo guardare a mia volta.
“stai dicendo che dovremmo lasciarci trascinare dalle onde?”
“solo per uno po'”
e a quelle mie parole mi girai per baciargli dolcemente la fronte, girandomi nuovamente ad osservare, questa volta, la luna, quando una frase mi prese alla sprovvista.
“Koi no yokan”
continuò a guardarmi con le lacrime agli occhi, la sua bocca tremava appena e le sue pupille brillavano, me ne resi conto non appena mi girai di scatto.
“Niki...ho trovato quella frase sul mio libro di filosofia, ricontrollando la data è stato il primo giorno in cui sei venuto a casa mia”
si strinse ancora a me ed afferrò la mia maglietta, scoppiando a piangere.
io lo strinsi ancora di più e piansi in silenzio.
quelle parole volevano dire "premonizione d'amore"
ed era vero, ciò che avevo scritto, quella così piccola frase, racchiudeva il senso del sentimento infinito che provavo e che da subito percepii che avrei provato per quel ragazzo dai capelli rosa.

first love/late spring - sunkiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora