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Ceno con Emma quella sera, e con gli altri autori della nostra casa editrice. Nessuno di loro è di Milano, proprio come me, ma sono tutti decisamente più saggi di me perché se ne vanno dalla cena prima che si faccia troppo tardi.

Alla fine restiamo solo io e Emma, e la tiriamo un po' lunga parlando dei progetti per l'anno nuovo. Sto lavorando al sequel del mio libro ed Emma vorrebbe farlo uscire già l'anno prossimo, visto che si è fissata con l'idea che non debba passare troppo tempo tra un'uscita e l'altra.

«Ma a che ora ce l'hai il treno?» mi chiede di punto in bianco.

Guardo l'orologio. Sono le 22.10 e il mio treno è alle 22.30.

«Devo fuggire immediatamente» le dico.

«Ti accompagno io in stazione, ho la macchina.»

Non ci penso nemmeno a rifiutare. Emma è un razzo con la sua Polo, mentre qualsiasi taxi a quest'ora ci metterebbe decisamente troppo tempo per arrivare. Paghiamo il conto e siamo fuori in fretta e furia. Emma non si allaccia nemmeno la cintura (gliela metto io) e in un attimo sta già sfrecciando verso la stazione.

«Non lo devi perdere. Io devo essere a Como stasera, non posso portarti a casa se lo perdi.»

Emma, non portarmi sfiga ti prego.

«Non lo perdo. Ce la faremo. Tu arriverai a Como, e io a casa. O al massimo resterò qui e mi troverò un hotel. Stai tranquilla.»

«Non esiste che ti lascio da sola a Milano!»

«Non preoccuparti. Siamo già quasi arrivate, stai facendo i 130 praticamente.»

«Per forza, non posso partire per Como se non so che sei arrivata in tempo in stazione!»

Guardo l'ora: le 22.15. Sì, ce la faccio.

Dopo pochi minuti, nei quali non parliamo più - salvo gli insulti di Emma verso le altre macchine, troppo lente per poter stare sulla sua strada - arriviamo di fronte alla stazione e io mi catapulto giù dall'auto. Sono le 22.21.

«Sono puntualissima. Vai tranquilla» le dico dal finestrino.

«Confermamelo quando sei ai binari.»

«Ti prego, davvero, è tutto a posto. Vai, o sarai tu quella che farà tardi!»

Emma ha appuntamento col suo compagno, stasera. Fossi in lei, io non me ne starei qui a perder tempo.

Per fortuna decide di ascoltarmi e la vedo ripartire, sempre a razzo ovviamente. Così entro in stazione e mi fermo davanti al tabellone dei treni in partenza. Dunque... Vediamo un po'...

Sento il sangue raggelarsi nelle vene mentre scorro tutti i treni e non trovo il mio. Dev'esserci un errore, forse è in ritardo... Ma di così tanto?

Con un dubbio atroce, prendo il cellulare per ricontrollare l'orario di partenza del treno.

22.30 avevo detto, no?

Ecco. Il biglietto sul mio cellulare dice 22.20.

22.20. Ventidueeventiiiiiiii!

Sono una COGLIONA.

E ora che faccio? Questo era l'ultimo treno! Scherzavo quando dicevo che se l'avessi perso mi sarei presa una stanza, ma è quello che sarò costretta a fare!

Esco dalla stazione maledicendo me stessa e mi dirigo verso l'hotel più vicino, che secondo Google è a qualche isolato da lì. Non ho nemmeno un cambio con me. Si può essere così idioti?

Sono talmente assorta negli insulti che mi sto dicendo da sola, che quasi non mi accorgo di un rumore di passi dietro a me. Ma poi, tra un insulto e l'altro, li sento. Sono passi, sì. Proprio alle mie spalle.

Diviso in due // RkomiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora