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Nel tragitto verso casa sua sento la tensione sciogliersi e il mio battito tornare regolare. Mirko mi parla di cosa ha fatto quella sera e io gli racconto come è andata la mia cena. Così, con naturalezza, come se ci conoscessimo da molto più di una manciata di ore. Gli sto spiegando tutti i miei progetti per quest'estate, quando mi accorgo che tra una cosa e l'altra siamo già sul suo pianerottolo.

Mi fermo e mi guardo intorno, realizzando solo in questo momento di trovarmi in un palazzo molto signorile. E l'appartamento che si svela di fronte a me, quando Mirko apre la porta, è decisamente molto bello e molto grande, più di quello che potevo aspettarmi.

Chi sei, tu? Come ti puoi permettere tutto questo?

«Allora, il bagno è là in fondo, la porta a destra» mi dice Mirko. «Se vuoi farti una doccia, così ti rilassa, ti porto degli asciugamani puliti.»

«Grazie, ho... Ecco un altro motivo per cui avevo pensato all'hotel. Non ho niente con me per fare la doccia.»

«Ma il mio bagno ha tutto. E ho più di una maglietta pulita, non credo vorrai dormire con quel vestito addosso.»

Il tono in cui lo dice suona meno innocente di quello che lui per primo si aspettava. Me ne accorgo perché ha iniziato ad arrossire sulle orecchie, come questo pomeriggio.

«Intendo» prosegue subito, come per rimediare «Deve essere scomodo, no?»

«Se puoi prestarmi una maglietta, te ne sarò grata» termino io, più per salvare lui dall'imbarazzo. Mi servirebbe anche altro, oltre alla maglietta, ma non oso dirlo.

«Ti trovo qualcosa anche per... sotto» aggiunge lui, leggendomi nel pensiero, ma senza guardarmi in faccia.
Spero si riferisca a un paio dei suoi pantaloncini, e non a uno dei suoi boxer. Anche se, tutto sommato...

«Oh, a proposito di vestiti...» fa, sparendo subito dopo oltre la terza porta a destra.

Riappare dopo un minuto, con una maglietta addosso.

«Così va meglio» mi dice. Fa un sorrisino innocente, che mi ricorda quello di un bambino. Poi si rende conto che ho ancora la borsa sulla spalla e me la prende, con gentilezza, posandola sul divano accanto a sé. «Mettiti comoda. Hai fame? Vuoi qualcosa da bere?»

Gli chiedo dell'acqua, e lui mi resta accanto mentre la bevo, facendomi ancora qualche domanda su oggi pomeriggio e su quello che gli ho raccontato prima.
Non posso non notare che, a parte le nostre due voci, tutta la casa è immersa nel silenzio. Mirko vive da solo, deduco. O almeno credo. Da solo in un attico di 200 mq minimo, in centro a Milano. Che razza di lavoro deve fare quest'uomo, con la sua aria così calma e riflessiva? Agente dell'FBI sotto copertura? Spia del KGB? Direttore di una multinazionale?

Forse si rende conto della marea di domande che mi devono affollare la testa, perché mi guarda comprensivo.

«È stata una giornata intensa per te» commenta.

«Decisamente sì» concordo. «Però mi fa piacere parlarti, sei così tranquillo che mi rilassi. Sei sempre così calmo?»

Lui ridacchia tra sé, lo sguardo a terra. «Cerco di esserlo. A volte non ci riesco. C'è stato un tempo, in passato, in cui non ero così. Per niente.»

Lo guardo, in attesa di altre informazioni. Ma sembra proprio che Mirko non ami parlare di sé stesso, perché l'unica cosa che ottengo è un rapidissimo cambio di discorso.

«Ti preparo gli asciugamani e il cambio» mi dice. Poi sparisce verso la porta del bagno.

~

Lascio che l'acqua mi scivoli addosso e si porti via tutta la tensione di questa giornata. Uso il suo bagnoschiuma, del quale riconosco distintamente il profumo che ho avvertito quando sono salita in macchina. Ora so di lui.

Diviso in due // RkomiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora