16.

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Mirko si è addormentato. 

Il suo respiro profondo, tranquillo, sfiora la mia spalla nuda e sento ancora la pelle d'oca. Si è spostato appena per non crollarmi addosso, ma mi tiene stretta con un braccio e la sua mano è ancora a fianco al mio viso.
Mi stava accarezzando quando si è addormentato. Era esausto, ma cercava ancora di parlare. 

«Sto bene con te. Resta qui. Resta qui sempre», ha biascicato, già mezzo addormentato, subito prima di abbandonarsi del tutto al sonno.
Si è arreso con la testa posata a fianco alla mia e i miei capelli a fargli da cuscino. 

«Sto bene con te» sussurro anch'io, adesso, anche se lui ormai non mi sente più. 

Lo sfioro sulle spalle e lo stringo piano, lasciando che il sonno colga anche me. 
Mi sento rilassata e al sicuro, e mi addormento profondamente, senza più bisogno di muovermi. 

Quando mi sveglio sono ancora nella stessa posizione di prima e mi sembra che siano passati solo pochi minuti, ma il display sopra al comodino dice che sono le quattro del mattino. 

Il respiro di Mirko, accanto a me, è molto più leggero.
Quando muovo la testa per guardarlo, vedo che anche lui sposta la sua. Ma non per distanziarsi.

«Mmh» mi dice, venendo ancora più vicino. Il suo braccio mi stringe di più. «Tutto ok?» mi chiede piano. 

«Sì. Ho dormito come un sasso.»

«Anch'io, per un po'.»

«Sei sveglio da tanto?»

«Solo da un po'.»

Ha gli occhi chiusi, la fronte appoggiata alla mia guancia. 

«Pensavo», aggiunge dopo qualche secondo. 

E, visto che non sembra voler dire altro, sono io a chiedergli di più.

«A cosa?» domando. 

Il respiro di Mirko si è fatto ancora più leggero. Lo sento indeciso, forse non è sicuro di volermelo dire. Ma poi lo fa. 

«A quello che mi hai detto oggi al ristorante.»

Se non avesse quel tono così serio, probabilmente mi verrebbe da ridere. 

Sono le quattro del mattino, Mirko. Possibile che la tua mente non si fermi mai? 

«Ti ho detto qualcosa che non ti sta facendo dormire?»

«No, no. È solo che ci pensavo. Pensavo a quando mi hai detto che anche tu hai paura che finisca come le volte precedenti». 

Trattengo appena il fiato. Ora ho perso la voglia di ridere. 

«Sì» dico semplicemente. «È così.»

«Perché, che cosa è successo?» chiede lui. E lo fa con un tono così sommesso che sembra quasi che si stia scusando per avermelo chiesto. 
«Mi dispiace farti questa domanda» mi dice infatti. «Ma penso che lo dovrei sapere. Ora che siamo...»

Volto la testa verso di lui. 

Cosa siamo? 

Glielo vorrei chiedere, ma lascio solo che lui prosegua. 

«Per me ci sei soltanto tu adesso. Non sto vedendo altre ragazze» mi dice allora. «Voglio conoscere te. Tutta te. Anche questo.»
Mi sta accarezzando i capelli. 
«Ma solo se puoi dirmelo» aggiunge infine, dando ascolto alla sua parte più sensibile. 

Sorrido nel buio, e mi sento più tranquilla. 

«Posso, ma non è una bella storia. È una storia triste» dico. «Una storia come tante altre.»

Diviso in due // RkomiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora