XIV

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- Non so più cosa fare... é chiusa in camera sua da cinque giorni ed esce solo per andare a scuola... certo che é ancora in punizione! E lo sarà anche la settimana prossima!... no! Niente sconti!... sei suo padre... certo che puoi venire, anzi devi -

Serro le labbra e aggrotto la fronte mentre dal piano superiore, seduta sul primo gradino della scala, ascolto la conversazione telefonica tra mia mamma e papà.

Papà...

Una decina di giorni fa mi aveva promesso che mi avrebbe portata con lui al negozio di musica della città, per acquistare una vera chitarra invece ora sono segregata in casa, a tempo indeterminato, e mi sta bene. Non ho voglia di vedere nessuno... non voglio parlare con nessuno e se pensa di avermi messa in punizione, sbaglia di grosso.

E no.

Non le ho raccontato nulla, tantomeno ho voglia di farlo.

Sgattaiolo in camera, chiudendo piano la porta e facendo attenzione a non far rumore, e una volta sola tra le mura del mio paradiso personale mi lascio andare all'inferno che ho dentro. Mi lascio scivolare a terra, schiena contro la fresca parete della porta che mi separa dal mondo intero e poggio le braccia sulle ginocchia prima di lasciarmi andare a un sommesso pianto liberatorio.

Sono io. Io e il dolore. Io e la vergogna.

Dolore per quel che mi é stato fatto ripetutamente quella notte, vergogna per lo sporco segreto che ho deciso di custodire e tenermi dentro.
Dolore e vergogna.
Solo noi nel nostro mondo privato.
Non che non abbia ricevuto sostegno, questo no. Mia madre é stata la prima nel cercare di espugnare la fortezza che mi sono costruita attorno, seguita a ruota da Linda che, non c'è stato un giorno che non mi ha chiamata o non é passata rimanendo però al di là della porta della stanza.

Non ero pronta. Non lo sono ancora. Probabilmente non lo sarò neanche domani.

Dicono che il tempo guarisca tutte le ferite, ma le mie sanguinano copiose per far si che possa iniziare il processo di cicatrizzazione.

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Una settimana é ormai quasi del tutto trascorsa, e se inizialmente I miei compagni sembrano preoccupati dal mio essere distante e di poche parole da qualche giorno sembrano aver gettato totalmente la spugna e assecondato i miei silenzi tanto da arrivare a freddi saluti e poche parole di circostanza.

Persino Linda sembra aver recepito il messaggio e dopo aver preso posto accanto a me, in classe o a mensa, si limita a chiedere come sto senza più cercare di spronarmi a parlarle o uscire per tornare a vivere.
Cerco di evitare anche il passaggio in auto con Tom e i ragazzi, preferendo di gran lunga l'autobus e le gambe. Ma non oggi, non oggi che il cielo promette un temporale con i fiocchi.

Salgo davanti, lato passeggero e mi accendo una sigaretta che pesco dal fondo dello zaino. Il finestrino si apre lento, azionato dal comando del lato guida, quel poco che serve a far circolare aria pulita.

- Sei dei nostri stasera?- chiede Tom e intercetto il suo sguardo con la coda dell'occhio mentre abbasso il volume della radio.

- Non credo -

- Dai Ash, almeno questa sera. Suonano i Guns e...- aggiunge Mark dal sedili posteriore e me lo trovo quasi addosso quando mi volto da sopra la spalla.

- Stasera passo, ragazzi -

L'ok che li leva nel veicolo é un misto tra delusione e rabbia muta e I minuti che seguono ne sono a riprova, visto il silenzio che schiaccia gli equilibri.

L'ultima a scendere dall'auto sono io e, parcheggiata l'auto davanti casa mi affretto a uscire salutando e ringraziando il mio amico che per tutto il viaggio non ha proferito parola, limitandosi a guidare in silenzio gettando di tanto in tanto un occhio verso la mia parte.

- Ash...-

La sua mano mi afferra il braccio, stringendo la carne in quella che mi pare una morsa ferrea. Salto sul posto e scatto come una molla allontanandomi il più possibile, come se quel tocco fosse stato lava sulla pelle.

- Non toccarmi!-

Tom solleva entrambe con espressione sconcertata sul bel viso.

- Non devi.... non mi devi toccare- ripeto scandendo ogni singola parola con voce secca e salto giù dalla macchina contando i passi che mi separano dalla porta di Casa.

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Un lieve bussar di nocche al di là della porta della stanza mi cattura l'attenzione e sollevo il viso dalla rivista di musica che pigramente sfoglio senza vero interesse. Rimango in silenzio, sperando che mia madre desista ancora una volta dall'entrare e parlare, ma so benissimo che prima o poi dovremmo affrontare l'argomento.

- Ashley... Ashley apri la porta, per favore. Ti ha lasciato? Se il nuovo ragazzo, il tuo insegnante di chitarra...-

- Lasciami stare mamma, per favore-

Torno a guardare la rivista, sistemandomi pancia in giù sul grande letto a una piazza e mezza, e senza prestare attenzione alla voce oltre la porta continuo a sfogliare pigra le sottili pagine, dove le band del momento e quelle storiche si alternano in prolisse interviste.

Sento mia madre sospirare ed allontanarsi a passi svelti, probabilmente ferita dal mio continuo atteggiamento freddo e schivo. Meglio lasciarla con la convinzione che io sia stata delusa da un ragazzo, più che dirle che sono stata violata da più di uno.

Scuoto il capo per liberarmi prima possibile dai ricordi che rischiano di mandarmi nuovamente in fratumi e sollevo lo sguardo oltre il giornale, sulla parete opposta della stanza laddove, su di una sgualcita locandina, spicca l'immagine della band del momento.

Non so per quanto tempo io sia rimasta immobile a fissare la figura smilza di Izzy, ma penso di essermi perfino appisolata sognandolo mentre, chitarra alla mano, mi scrutava in silenzio durante una delle feste in casa loro.

Lancio la rivista di musica giù dal letto e abbracciata al cuscino cerco di svuotare la mente, mentre con sguardo fisso sulle lancette dell'orologio sveglia a forma di Hello Kitty attendo che la mezzanotte lasci il posto all'una, ma la quiete come si sa preannuncia sempre una tempesta.

Butto le gambe giù dal letto ed esco dalla stanza. Il corridoio è immerso nelle tenebre, come anche il piano inferiore tenuamente illuminato solo dalla luce artificiale dei lampioni crepuscolari di strada.
Raggiungo il bagno e mi chiudo dentro, pronta per sistemarmi per la notte. Non passo più tanto tempo davanti allo specchio, anzi ultimamente evito di soffermarmi a scrutare volto e corpo e dedico il tempo necessario per controllare che tutto sia apposto. E il livido è ancora lì, impresso sulla pelle: una macchia giallognola che copre guancia e zigomo e che spicca sul mio incarnato pallido, come anche é lì la lieve escoriazione che deturpa parte del labbro inferiore.

Distolgo lo sguardo e, presi spazzolino e dentifricio, inizio la routine igienica personale chiudendo in un cassetto quelle immagini rievocatrici del maledetto passato.

Un frastuono improvviso in strada mi fa scattare come una molla. Sputo il dentifricio, sciacquando veloce i residui di pasta in bocca e mi avvicino alla finestra, scostando la tenda e spiando al di là delle imposte chiuse.
Il cassonetto davanti alla proprietà è in terra e parte dei rifiuti sono usciti sul marciapiede. Mi acciglio e sposto lo sguardo alla ricerca di altro, e che mi venga un colpo eccolo là il responsabile che barcolla verso la porta d'ingresso. Apro la finestra, la persiana e lo chiamo intimandolo a fermarsi.

- Aspetta. Scendo io - mormoro facendo attenzione a non svegliare nessuno

Appetite For Destruction - Izzy. Gnr Novel - IN AGGIORNAMENTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora