25. Che cosa vuoi?

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Il giorno seguente Jungkook si svegliò di buon'ora e armato di tutto il suo coraggio si diresse verso la casa di Jimin, o, più precisamente, verso il monolocale dove il biondo viveva da quando loro due non stavano più insieme.

Mentre camminava, Jungkook rifletteva sul fatto che il quadro del ragazzo con il volto cosparso di macchie di colore, il secondo che avevano usato per viaggiare nel tempo, in quella realtà non era mai stato venduto a Namjoon.

Il motivo era semplice: Jimin lo aveva voluto per sé al fine di appenderlo nella casa che loro due avrebbero condiviso. Difatti era rimasto a lungo nella villetta, fino a quando Jungkook lo aveva depositato in un magazzino nella periferia della città.

Il suo flusso di pensieri si fermò solo quando il ragazzo giunse al portone del palazzo dove viveva Jimin. Si avvicinò al citofono e fece scorrere lo sguardo sulle etichette incollate accanto ai vari campanelli, con sopra indicati i nomi degli abitanti degli appartamenti.

Infine trovò quello che cercava: Park Jimin.

Il cuore gli martellava nel petto per l'emozione e la paura rischiava di paralizzarlo, così, per non rischiare di avere ripensamenti, suonò subito il campanello corrispondente al nome del suo amato.

“Chi è?”.

“Sono Jungkook”.

“Che cosa vuoi?” domandò Jimin, con un tono così infastidito che il moro ebbe la sensazione di aver appena ricevuto una pugnalata al cuore.

“Io... io voglio parlarti, Jimin. Ti prego, dammi la possibilità di parlarti sinceramente”.

“Perché dovrei?”. Ora il biondo pareva annoiato e Jungkook si sentì ancora peggio.

“Ti prego...” mormorò, così flebilmente che l'altro lo sentì quasi per miracolo.

Il biondo sospirò e poi aprì a Jungkook, che senza pensarci due volte spinse il portone e si ritrovò nell'atrio del condominio. Si diresse verso le scale e salì i gradini due alla volta, mentre il suo battito non voleva saperne di rallentare: la fatica si era semplicemente aggiunta all'emozione.

Quando infine raggiunse il pianerottolo del terzo piano e si ritrovò davanti a Jimin, Jungkook si bloccò ed ebbe la sensazione che anche il tempo si fosse fermato insieme a lui.

Guardò a lungo il biondo, lo guardò come se stesse contemplando qualcosa di divino.

Dal canto suo Jimin non riuscì a trattenere un sorriso, subito però sostituito da uno sguardo tagliente, che doveva essere di disprezzo, ma che sembrò più che altro un silenzioso lamento di dolore.

Inizio flashback

Jungkook e Jimin correvano in spiaggia e sollevavano nuvole di sabbia a ogni loro passo. Le dita delle loro mani erano intrecciate e i due ragazzi si tiravano a vicenda, senza mai smettere di ridere, come se stessero vivendo il momento più bello della loro vita. Cosa fra l'altro alquanto probabile.

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Jimin e Jungkook si guardavano negli occhi con un'intensità tale che nessun rumore e nessun avvenimento avrebbe potuto spezzare il loro contatto visivo.
La neve cadeva lentamente al di là del vetro della finestra della loro camera da letto. Loro due erano seduti uno di fronte all'altro su un soffice tappeto color panna e si leggevano nell'anima.

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Jungkook e Jimin ballavano in cucina, gironzolando per la stanza e muovendo a ritmo il bacino. Alzavano le mani in aria e le sventolavano, ridevano e cantavano a squarciagola, sebbene non conoscessero il testo della canzone le cui note aleggiavano nell'aria.
Nel forno si stava cucinando una torta che rischiava di essere bruciata. I due ragazzi erano troppo impegnati a ballare e a divertirsi per rendersene conto. Era come se quel dolce non fosse realmente importante, ma si trattasse soltanto di una scusa per passare più tempo insieme, come se non trascorressero già insieme la maggior parte delle loro giornate.

Fix Everything || JikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora