Pioggia

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La settimana trascorse con un unico obiettivo: arrivare viva al week-end, per correre a Misano il venerdì sera. Purtroppo mancai la meta. Dal lunedì al giovedì i giorni sembrarono trascorrere tre volte più lentamente del normale, con le ore che si dilatavano allo spasmo. Ora: so bene, avendo studiato un bel po' di fisica per laurearmi, che più ti avvicini alla velocità della luce, più il tempo scorre lentamente, quindi il mio affrettarmi in ogni situazione, per mettere fine a quella settimana lavorativa, doveva essere vicinissimo ai 300000 chilometri al secondo perché, cavolo, venerdì sembrava avessi lavorato per tre mesi di fila, senza un giorno di pausa.

Quando alle 17.00 rientrai a casa per una doccia veloce e per recuperare la valigia, che non avevo ancora messo via dal mio ultimo GP, mi sentivo finalmente ad un passo dalla gratifica per il duro lavoro svolto, una specie di tredicesima dopo un intero anno di sforzi.

Caricai la mia ibrida e imboccai la strada per Misano, portando quel piccolo motore a velocità che in precedenza aveva visto solo segnate sul tachimetro, senza che la lancetta le avesse mai sfiorate... Per quanto la piccoletta me lo concedesse, ovviamente.

Ci vollero tre ore e quaranta minuti per raggiungere la mia destinazione e altri cinquanta minuti in attesa che Diaz mi raggiungesse all'esterno, con il badge che mi avrebbe consentito l'ingresso all'autodromo. Maledetto Diaz!

Praticamente, senza dilungarmi troppo, arrivai da Juan che era quasi mezzanotte.

Ernandez se ne stava nella sua casetta mobile da solo, guardando le libere di quella mattina. Aveva fatto il terzo tempo e probabilmente si stava impegnando a studiare le altre moto e gli altri piloti, nel tentativo di migliorarsi il giorno seguente.

-Non ce la fai proprio a mandare giù il fatto di non essere davanti, Shaggy? - sorrisi avvicinandomi, osservando lo schermo dell'iPad che riproduceva le immagini di quella mattina.

-È complicato, credi. -

Lo credevo e come. Era troppo testardo e competitivo per vedere il lato positivo di una terza piazza.

Mi fece spazio sul divanetto a mi strinse, baciandomi sul capo.

-Mi ha mancata da morire. -

-Ah, io sono stata abbastanza bene. - mentii, tradendo una risata. -Ti vedo stanco, Ernandez. -

Mi osservò, mordendosi le labbra, considerando se parlare o tacere.

-Che vuoi dirmi? - domandai, leggendolo nella mente.

-Ha bisogno che tu torna in pista, conmigo.-

-Ernandez, io non lavoro più ai box, lo sai. -

-Vieni con me e basta. Questo week end ci vediamo por qué sta in Italia, ma poi? Io giro el mondo e anche quando el campionato finisce tu sei impegnata e non ha tempo para mì.-

-Ok. - presi fiato, chiudendo gli occhi nel tentativo di raggruppare un insieme di parole adeguate che esprimessero esattamente ciò che volevo dire, senza che potesse fraintendere. -Forse questa storia sta andando oltre. Stiamo bene insieme, ma devi capire che adesso i nostri impegni ci hanno portati a dover fare i conti con una distanza che non avremmo pensato potesse esserci all'inizio. Devi chiederti se ne vale la pena.-

-Tu lo sa que estoy enamorado de ti. -

-Lo so, ma stai già avendo delle difficoltà. Io so - e credetemi se vi dico che quel discorso mi costò un occhio della testa, vista la mia avversione da tifoso -che la cosa più importante a cui tu debba pensare in questo momento è vincere il campionato. Se ti faccessi perdere la concentrazione? è ora che tu capisca esattamente qual è la questione che più ti preme. Me o il mondiale? -

the Race to LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora