La parte difficile

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Credo che sia doveroso, a questo punto, parlare dell'altra metà del nostro team, ovvero della squadra che affiancava il pilota vestito con gli stessi colori di Alex Miles.

Jean-Paul Bernard era un ragazzo francese di venticinque anni, non nuovo nella categoria della Moto3. Non aveva mai vinto un campionato, in cinque anni contava una vittoria e sette podi, non si era mai qualificato più avanti della terza fila e non brillava neanche come intelligenza. Vi starete chiedendo perché, visti gli scarsi risultati, continuasse a correre per la categoria. Ebbene Jean era costante, andava sempre a punti e cadeva pochissimo, forse proprio perché non si spingeva mai al limite. Tutto ciò lo rendeva il pilota ideale da affiancare a quello su cui puntavi per il titolo, affidabile e che costava poco a livello di riparazioni. Non era un gran chiacchierone, avevo ascoltato la sua voce si e no due volte, durante le riunioni del team al completo, per il resto conoscevo i suoi grugniti, ben distinguibili se di assenso o dissenso. Era alto più di un metro e settanta e questo lo rendeva stranamente ingombrante in sella alla sua moto. Forse era proprio per questo, per una fisicità non troppo comune nella categoria, che non aveva raggiunto risultati spettacolari, ma non aveva neanche mai dato troppi grattacapi a chi lo ingaggiava, che oltretutto, poteva contare su un potente sponsor come sostegno.

Vi starete chiedendo perché, a questo punto del mio racconto, arrivo a menzionarlo, dopo averlo quasi ignorato. Ebbene, i meccanici solitamente si dedicano completamente al pilota a cui sono stati assegnati, fregandosene poco di quello che accade all'altra schiera, a meno che l'altro pilota non collezioni risultati talmente differenti rispetto al tuo, da farti domandare cosa diavolo stai sbagliando, spingendoti al confronto con i tuoi colleghi di team. Niente paura, Jean-Paul era talmente anonimo che non ci eravamo mai posti il quesito, almeno fino a quel GP.

Il Sabato di qualifica, per la prima volta in tutta la sua carriera in Moto3, il francese era riuscito a piazzarsi in griglia davanti al nostro Alex, reduce da una scivolata a pochi minuti dalla bandiera a scacchi, con la quale si era giocato la possibilità di migliorare la sua prestazione.

Alex non era mai andato troppo d'accordo con il compagno, anzi i due si ignoravano completamente, potevi vederli alla distanza minima interpersonale solo quando scattavano foto per il team. Per il mio pilota, quella qualifica era stata la più catastrofica della sua vita, non poteva accettare che il compagno "Scarso" fosse riuscito a mettere le ruote davanti alle sue. Alex fece talmente tante storie che, alla fine il team al completo fu convocato poco dopo la qualifica per un confronto tra tecnici, meccanici e piloti.

Io me ne stetti, buona buona, in un angolo poco illuminato, senza neanche prestare attenzione, soprattutto perché Nucci aveva preso il centro della scena e cercava di sbrogliare quella strana questione. Apparentemente le moto erano state configurate più o meno alla stessa maniera, ma Alex continuava ad insistere (senza celare le frasi allusive riguardo al padre di Bernard e ai soldini che sborsava).

Per me la situazione era più che chiara, la moto di Miles era più stanca rispetto a quella del compagno poco battagliero e ovviamente, faceva fatica, inoltre quella caduta non era certo stata d'aiuto.

Trascorremmo due ore a tentare di convincere Alex di ciò, con risultati nulli, tanto che, alla fine, anche Nucci aveva gettato la spugna, smettendo di calmare Miles, ormai partito alla carica.

A riunione terminata me ne stavo andando a pranzo in compagnia di Mattia e colleghi, quando la voce di Alex mi raggiunse alle spalle.

-Non sei ancora andata via e già la squadra è carente! Dovresti lavorare al cento per cento fino all'ultimo giorno, non fregartene perché ci stai lasciando! - strillò alle mie spalle.

Mi paralizzai, come se qualcuno mi avesse colpita con un secchio d'acqua gelata. Ero stanca di essere trattata come la pecora nera. Si era qualificato di merda e gettava la colpa su di me, come se gli avessi bucato le gomme prima della partenza dai box. Capivo i suoi sedici anni, ma era veramente troppo!

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