Riemergere per affondare

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Ci sono dei ricordi che pensi di aver cancellato dalla mente, ma che con un odore, un'immagine o una canzone, si ripresentano nitidi come se avessi vissuto solo il giorno prima quel momento. Avevo ricordato mia madre, in una mattina come tante, nel corridoio dei garage mi osservava girare in bici, mentre io continuavo a ripetere: "Guarda mamma come sono veloce senza rotelle!" e lei sorrideva. Non riuscivo a ricordare la sua voce, le vedevo muovere la bocca, senza capire cosa dicesse, ma il sorriso che vidi fu uno stimolo in più per intraprendere la strada che mi avrebbe condotta alla nuova meta che mi ero fissata.

Era il primo giorno che dedicavo al grande lavoro di "Riabilitazione" della Bastarda, la chiamavo così da talmente tanti anni che non trovavo altro appellativo per la moto che mi aveva quasi uccisa... anche se era stata solo colpa di Pippo Valente se mi aveva disarcionata. Avevo stilato una lista di tutti gli interventi che avrei dovuto apportare per riportarla su strada. Il primo passo era cercare di farla ripartire. Da quanto ne sapevo, non era mai tornata a circolare dopo l'incidente. Papà l'aveva portata quasi demolita nel mostro garage e l'aveva riparata lì, senza che nessuno lo sapesse per lungo tempo. Era ferma da tanto quanto lo ero io, rimessa in sesto, ma bloccata, incapace di ribellarsi alla sua condizione, che accettava e basta. Dovevamo ripartire insieme io e lei, riprendere da dove entrambe ci eravamo fermate e in più ardevo dalla voglia di mettermi al lavoro, anche con una stampella, anche trascinandomi dietro una gamba malconcia, anche se la stanchezza mi avrebbe portato via giorni e giorni di riposo.

Iniziai svuotando il serbatoio del carburatore, lo pulì accuratamente, con tanta di quella minuziosità da impiegare un'intera giornata solo per quel lavoro. Non ero più a bordo pista e mio padre sarebbe mancato ancora per molto, quindi avevo parecchio tempo.

Quando fu il turno del filtro dell'aria mi accorsi che sarebbe stato più vantaggioso in termini di durata ed efficienza, sostituirlo direttamente, idem per il filtro della benzina e la candela. Non avevo più la possibilità di ordinare i pezzi dal nostro vecchio fornitore e farmeli recapitare in officina, ma tentai la strada della dolcezza.

-Vittorio!- esclamai quando rispose al telefono -Sono Dafne la figlia di Fernando, avrei bisogno di alcuni pezzi per un Kawasaki Ninja. Filtro aria, benzina, batteria, candela d'accensione, filtro olio e olio motore.-

-È tutto?-

-No, mi servirebbe qualcuno che potesse consegnarmeli a casa.-

-Dafne, lo sai che facciamo consegne solo per le officine, altrimenti chiunque pretenderebbe il servizio!-

-Dai Vittorio, ti prego. Mi hanno operato da poco alla gamba e non riesco ancora a guidare, altrimenti verrei da sola.-

Vittorio conosceva benissimo la mia storia passata, lo sentì sospirare, per poi cedere.

-E va bene... ti mando un ragazzo, ma non farla diventare un'abitudine.-

-Sei sempre dolcissimo!- lo lusingai.

-E tu sempre la stessa paraculo. Salutami tuo padre. -

Vittorio era stato uno dei tanti papà che avevano affiancato il mio durante la mia crescita, il periodo agonistico e anche quello buio della riabilitazione. Non sarebbe mai riuscito a dirmi di no, ne ero certa.

Mentre attendevo la mia consegna, continuai a smontare pezzo per pezzo a pulire, lucidale, ispezionare.

Man mano che proseguivo mi accorgevo di aver bisogno di parecchi pezzi di ricambio: gomme, dischi, ammortizzatori... insomma anche lei era invecchiata, non c'era dubbio.

Trascorse circa un'ora e mezzo prima che la mia consegna arrivasse.

-Dafne? Signora Dafne?- sentì una voce nel corridoio dei garage.

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