Minas Tirith

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    Sillen si trovava in un luogo che conosceva bene: le fronde rosse, la corteccia scura, la luce dorata. Accarezzò distrattamente la terra bruna su cui era seduta, ricoperta di brillanti gemme di luce stellare, tanto candide quanto la delicata veste bianca che stava indossando.
Lasciò vagare lo sguardo nella radura e, quando lo vide, le mancò un battito. Thranduil uscì dall'ombra del bosco per offrirsi ai caldi raggi del sole: -La Stella dei Valar è nei guai.- Ghignò, una volta giunto a pochi passi da lei.
La stella strinse le labbra:-Non è affar tuo, Thranduil.-
L'elfo le tese la mano e lei si alzò in piedi, trovandosi inaspettatamente avvolta in un abbraccio. –No, tu non sei un problema mio... allora perché non riesco a smettere di pensarti?-
Sillen deglutì a vuoto, premuta contro il petto del Re.
-Thranduil, io...-
-Non hai idea del male che mi hai fatto.- La interruppe con tono duro.
–Il male passerà. Infondo, non sono altro che una stella passeggera e sono certa che mi dimenticherai, un giorno.-
Lui strinse la presa su di lei: -Credi sia così? Allora ti sbagli Sillen, per me non è così. Ma cosa puoi saperne tu, crudele come solo una lontana stella può essere.-
In assoluto contrasto con le sue parole, le dita dell'elfo le accarezzavano i capelli, le spalle, le braccia. Il suo tono si fece distaccato: -Quando ci rivedremo davvero, sempre che tu non muoia prima, te la farò pagare.- La stella aggrottò le sopracciglia e sollevò la testa, cercando il suo sguardo. L'elfo le accarezzò il viso, posando la sua fronte su quella di lei: -Adesso devi svegliarti, Sillen.- Come provocata da quelle parole, una violenta raffica di vento li avvolse. La terrà tremò sotto di loro e la luce si fece sempre meno intensa, fino a che una forza misteriosa prese a strattonare la stella da ogni lato.
Sillen si aggrappò alle spalle del Re elfico: -No, aspetta! Non voglio, ho sbagliato ad andarmene, ho sbagliato tutto!- Urlò.
Thranduil la fissava con espressione grave: -Non hai detto che questo è il tuo prezioso compito? Hai dimenticato la voce che ti chiama, laggiù a Ovest? Svegliati!- Sillen scosse la testa, stringendo convulsamente la stoffa dei vestiti del Re: -Ti prego, fammi restare! Ho paura, Thranduil.- Ma venne trascinata via con sempre più forza, fino a perdere la presa.
La voce dell'elfo divenne un lamento e di lui rimase solo una sagoma lontana, sempre più lontana. Sillen finì in un vortice scuro, buio e desolato, dove il silenzio era scosso solo dai singhiozzi del suo pianto. Scese giù, sempre più giù.

    Un raggio di luce le batteva insistentemente sugli occhi. Si rigirò nel letto più volte ma sapeva che, una volta sveglia, non sarebbe più riuscita ad addormentarsi. Anche se ne avrebbe avuto davvero bisogno.
Sollevò piano le palpebre, richiudendole subito dopo con un sibilo dolorante. Improvvisamente, la luce si attenuò e dei passi risuonarono poco lontano.
Sillen si fece forza e aprì di nuovo gli occhi, voltandosi verso la fonte del rumore: in piedi, vicino alla finestra, vi era Elessar, intento a tirare una pesante tenda rossa a schermare la luce del sole. –Dovresti riposare ancora un po'.- Le sorrise. Lei si tirò a sedere, scostandosi indietro i capelli con una mano.
Un'improvvisa vertigine le attanagliò lo stomaco e dovette rimanere immobile a lungo prima di essere certa di riuscire a muoversi senza rimettere: le sembrava di continuare a vorticare verso il basso, nelle viscere della terra.
Il Re sedette sul bordo del letto, posandole una mano sulla spalla: -Sillen, devi dormire ancora un po' se vuoi riprenderti. Sei qui solo da qualche ora e questa volta hai seriamente rischiato di morire...- Lei gli rivolse uno sguardo stranito: -Qui dove?-
Elessar cerò di trattenerla ma la stella si affaccendò per scostare le coperte. Sporse le gambe oltre il bordo del letto e cercò di mettersi in piedi, lentamente, tirando giù la veste bianca che si era arrotolata attorno ai suoi fianchi: qualcuno si era premurato di lavarla e vestirla, mentre era incosciente.
Si trovavano in una stanza regale, dalle pareti di legno e con un grosso tappeto rosso che copriva il centro del pavimento di marmo bianco. Di sicuro non si trovava nel Reame Boscoso e di Thranduil non vi era traccia.
Il Re di Gondor e di Arnor la afferrò poco prima che le sue gambe cedessero ma lei riuscì a scorgere il paesaggio fuori dalla finestra. La bianca torre di Ecthelion svettava sopra il cortile della Cittadella come un guardiano silenzioso: Minas Tirith.
–Come è possibile? Mi avete trasportato per tutta la Terra di Mezzo mentre ero incosciente? Non posso aver dormito per settimane!- Elessar la fece nuovamente sedere sul letto: -No, infatti. Le Aquile di Landroval hanno impiegato solo due giorni per raggiungere Minas Tirith.- Sillen sussultò: -Quindi le Aquile si sono unite a noi?- Il Re annuì e la stella gli gettò inaspettatamente le braccia al collo, esultando. –Non posso credere di avercela fatta!-
Lui la strinse a sua volta, felice di vederla recuperare le forze.
-Stanno pattugliando gli orchi al confine, sono veloci ed efficienti. Dopo quanto è successo sulle montagne, non dovresti sorprenderti del fatto che si stiano impegnando per aiutarti.-
La stella ricordò gli ultimi momenti in cui era stata cosciente come se stesse rivivendo un sogno sfocato, ben più sfocato e lontano di quello in cui aveva incontrato il Re degli Elfi. Guardò la collana che dondolava sul suo petto, pensierosa. Alatar aveva cercato di dirglielo ma lei non era stata in grado di utilizzare il suo potere fino a quando non era stato davvero necessario.
Si morse le labbra, accarezzando distrattamente il ciondolo di pietra viola: ora aveva davvero qualcosa su cui allenarsi e non con una spada.
Elessar le fece cenno verso la porta di legno: -Ti aspetto qui fuori, vestiti. Dato che ti sei ripresa, sarebbe saggio mettersi al lavoro.- Lei annuì e lo guardò uscire. Il Re le aveva fatto preparare una bacinella d'acqua di rose e, su una sedia, era stato adagiato un vestito rosso scuro. Sillen si perse ad ammirare il tessuto leggero, decorato con preziosi fili argentati. Stretta in vita da una fascia chiara, la veste aveva larghe maniche pendenti e vantava un delicato scollo quadrato, molto lontano dal tipico stile semplice e severo cui era abituata, al Reame Boscoso.
Si apprestò a vestirsi, con movimenti misurati e lanciò uno sguardo allo specchio alla sua sinistra. Faticò a riconoscersi e strinse i pugni: il vestito aderiva al suo corpo come un soffice guanto, sottolineando ogni curva morbida più di quanto avrebbe voluto.
Avrebbe preferito indossare nuovamente le brache di pelle e la grossa camicia di flanella, oppure i semplici abiti della guardia elfica, mostrandosi come un soldato, non certo come una dama. Infilò il ciondolo nel corpetto dell'abito e prese un oggetto lungo e appuntito dalla specchiera: era uno spillone fermacapelli, Emlinel ne aveva molti simili e questo, sulla sommità, finiva in un intricato nodo di fili argentati. Fermò i capelli in alto, sulla nuca, liberando il collo sottile. Almeno a quelli, avrebbe cercato di dare un aspetto più severo.
Quando Elessar la vide uscire dalla stanza, trattenne il fiato per lo stupore. Era la prima volta che la stella indossava un abito pregiato ma esso non era comunque in grado di rendere giustizia alla sua singolare ed esotica bellezza.
Sillen si fermò davanti a lui con aria lievemente contrariata e il Re sorrise con fare rassicurante: -Non ti piace quest'abito?-
La stella volse lo sguardo altrove: -È molto bello.- Tagliò corto. Poi notò che, alle loro spalle, stavano compostamente sull'attenti quattro guardie ben armate, in attesa di ordini da parte del Re.
Dal canto suo, Sillen comprendeva che, dopo quanto era accaduto sulle montagne, i suoi compagni fossero ancora scossi ma di certo non fu felice di sapere che fossero diffidenti al punto da non lasciare Elessar da solo in sua compagnia.
Cercò di ignorare il più possibile le quattro guardie e seguì il Re nella Sala dal Trono. 

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