Vulcano

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Galion attraversò il corridoio velocemente, corrucciato. Era tutta la notte che correva da una parte all'altra del Palazzo, per risolvere assurdi problemi di cui prima ignorava l'esistenza.
Il Re era davvero efficiente e ora più che mai, suo malgrado, il silvano se ne rendeva conto.
Aveva sempre considerato il Reame Boscoso un luogo tranquillo, ordinato, incorruttibile, dove ognuno occupava un posto ed un compito ben preciso. Tutto scorreva con minuzia estrema, come un complesso ingranaggio ben oleato. E Galion sapeva di essere una pedina importante, in quell'ingranaggio: era il consigliere del Re. Tutto doveva passare attraverso la sua sorveglianza ed era certo che ogni cosa fosse ben gestita proprio perché era lui in persona a occuparsene.
Thranduil, dal canto suo, non doveva fare altro che starsene sul suo Trono e leggere qualche rapporto, pensava.
Eppure, era bastato che il Re si assentasse per qualche giorno per fare in modo che l'intero sistema crollasse su sé stesso. A discapito di quanto Galion potesse sproloquiare in proposito, Thranduil era la colonna portante di quel luogo, dove vigevano le sue regole e la sua assoluta autorità.
Lui, che come nessun altro conosceva ogni dettaglio e sfaccettatura del Bosco, era da sempre il perno su cui tutto il loro mondo si costruiva e Galion, il consigliere, di certo non poteva competere.
In ogni momento si presentava un nuovo problema, ogni ora arrivava nuova documentazione, e l'elfo si era trovato solo e responsabile di ogni faccenda senza essere minimamente preparato. I capi della guardia non lo rispettavano, i saggi lo ignoravano, i più influenti lo criticavano.
Non avrebbe resistito a lungo.
In un moto di stizza, Galion accartocciò i documenti che teneva tra le mani: era tutta colpa di quella donna, la stella. Quanto la odiava, era la causa di tutti i loro mali. Il Re non era più tornato ai suoi doveri, per colpa sua. Se solo non fosse mai entrata nella sua vita...
Immerso nella sua cinica elucubrazione, l'elfo raggiunse l'armeria: -Dunque? Qual è il problema?- Sbottò arcigno, squadrando l'elfo dai capelli castani davanti a lui.
Questo, appoggiato al muro con fare annoiato, indicò con un gesto del capo l'enorme librone sul tavolo: -All'inventario mancano molte cose.- Galion, che non aveva tempo da perdere, sollevò il mento: -Cosa manca di preciso?-
L'altro scrollò le spalle: -Molte cose.-
-Sono cose importanti?-
-Non sta a me dirlo. Io mi limito a fare gli inventari.-
Galion si trattenne dal pestare i piedi per terra e liquidò la faccenda sbrigativamente: -Bene. Più tardi me ne occuperò.- Non si sarebbe sorpreso nel venire a scoprire che anche quella segnalazione era solo un grosso scherzo: ultimamente, capitava spesso. Capitava persino prima, seppur per faccende di poca importanza, perciò sapeva bene di non godere di grande simpatia negli altri subordinati del Reame.
Diede le spalle all'elfo annoiato e uscì nuovamente nel corridoio, questa volta diretto alla biblioteca principale. Questa si trovava svariati metri più in superfice e altrettanti più a Sud dell'armeria e per arrivarvi era necessario aggirare le caverne centrali e uscire all'aperto. Galion superò le guardie della ronda notturna e imboccò la strada in salita, massaggiandosi le tempie.
Proprio quando l'aria notturna stava riuscendo ad alleviare il suo mal di testa, un elfo minuto sbucò da un portoncino laterale e gli corse dietro, trafelato: -Mio signore Galion, c'è una cosa che devi assolutamente sapere!- La vocetta fastidiosa del giovane elfo dilaniò i nervi di Galion, già a fior di pelle da ore: -No, ti prego! Non ho tempo, qualsiasi cosa sia può aspettare!-
Erano ore che tentava di sfuggire a quell'elfo invadente ma questo aveva preso molto seriamente il suo nuovo incarico d'intendente del consiglio reale: -Ma mio signore, è importante. Il capitano ha detto a Ciriel di riferire a Sòren di venire da me per riferirti che il capitano ha scoperto che la guardia-
-Ho detto che non è il momento!- Sbottò Galion, esasperato.
L'altro si risentì, stringendo i taccuini al petto ossuto: -Questo non è un comportamento degno di un consigliere, se permetti.-
Era davvero troppo. Galion si voltò di scatto e gli puntò il dito contro, perdendo infine il suo regale contegno: -Bada a come parli, Ladir! Sei solo un intendente, cosa vuoi saperne tu! Io ho tra le mani l'intero Reame, hai capito? Il Re l'ha affidato a me! Voi tutti siete dei buoni a nulla che hanno solo bisogno di attenzioni, non sapete fare niente senza il mio aiuto!- L'altro alzò un sopracciglio, perplesso: -Come vuoi. Comunque volevo solo dirti che Felon ha lasciato il suo posto di guardia. È sparito.-
Galion rimase immobile, la bocca ancora aperta e il dito fermo a mezz'aria: -N-ne siete certi?- Ladir annuì e Galion sentì il peso di tutto quel lavoro schiacciarlo definitivamente al suolo.
-Da quanto è sparito?- L'elfo si lisciò una ciocca ramata tra le dita, riflettendo: -Il fatto è che al momento del cambio della guardia, un'ora fa, lui non si è presentato e ancora non lo abbiamo trovato da nessuna parte. Abbiamo cercato persino nelle cucine. Dunque non è facile dire quando sia sparito di preciso, potrebbero essere passate ore e ore o magari è successo qualcosa solo una manciata di minuti prima del cambio della guardia.- Galion respirò profondamente. Per quanto lo disprezzasse per il suo carattere docile e gentile, Felon era un elfo diligente, dei più seri e fedeli che conoscesse, non si sarebbe mai allontanato dalla postazione di guardia.
Non senza un valido motivo, almeno.
L'ipotesi più probabile era una sola: -Dai l'allarme, Ladir. Felon è stato catturato, oppure attirato fuori dai nostri perimetri.-
Per la prima volta, Ladir sembrò prenderlo sul serio: -Un attacco adesso? Non potrebbe essere solo-
-Non discutere i miei ordini, vai!- Ordinò Galion, alzando la voce e Ladir corse via senza farselo ripetere ancora. Un remoto angolo della mente di Galion gioì dell'accaduto: forse, con un allarme a notte fonda, il Re si sarebbe riscosso dal suo torpore per riprendere in mano la situazione e lui sarebbe finalmente tornato a dirigere i turni di guardia, consegnare i documenti e battibeccare con i messaggeri.
Corse verso la Sala dei Capi della guardia, deciso a mobilitare tutte le forze necessarie a rendere la faccenda ancor più drammatica. Subito, nel palazzo si diffuse la notizia: gli abitanti si riunirono nelle Sale del Mercato per dirigersi compostamente ai livelli più bassi, al sicuro dall'ipotetica minaccia esterna, mentre le guardie monitoravano ogni angolo e strada del Reame, vigili.
Galion sorrise, finalmente libero dalla tediosa burocrazia di poco prima. Una volta che tutti furono sistemati al proprio posto, l'elfo si diresse verso la Sala del Trono, impaziente di mettere al corrente il Re del suo meticoloso operato.
Immerso nei suoi pensieri, passò distrattamente davanti ad una stanza vuota, la cui finestra dava sulle fronde ondeggianti degli alberi del bosco.
Chiunque altro avrebbe tirato dritto ma non Galion.
Per quanto non fosse cosa risaputa, l'elfo vantava una vista fuori dal comune, persino per la sua razza. Era stata quella vista a salvare il Re da una freccia potenzialmente letale, durante una rappresaglia di molti decenni prima, ed era stato proprio quell'episodio a renderlo il consigliere reale.
E fu quella stessa vista che, adesso, gli permise di individuare a colpo d'occhio la figura scura appollaiata nel buio, dietro i rami spessi dell'albero.
Si fermò, con i muscoli tesi: la minaccia era reale, allora.
Forse quello era il rapitore, o peggio, l'assassino di Felon.
Con passo felpato, Galion entrò nella stanza buia e si avvicinò alla finestra, facendo scivolare una mano nella casacca. Sapeva che era una mossa rischiosa ma se fosse corso a chiamare rinforzi, era certo che quell'individuo sarebbe scomparso: doveva agire subito e da solo. Strinse il pugnale nella mano destra e, con un respiro profondo, balzò oltre il davanzale, dritto sulla figura scura. Questa, colta di sorpresa, si sbilanciò all'indietro ed entrambi piombarono verso il basso, colpendo i rami sottostanti per poi atterrare malamente sull'erba umida.
Tentoni, Galion afferrò il mantello della figura e la spinse a terra, violentemente. Dopo una breve lotta, riuscì a immobilizzare l'avversario, salendo cavalcioni su di lui e premendogli il coltello affilato sulla gola scoperta: -Dimmi chi sei, maledetto!- Sibilò, avvicinando il viso a quello celato dell'altro.
Con un gesto secco, strattonò il cappuccio.
Per un secondo, pensò di aver preso un abbaglio, un'allucinazione davvero esilarante.
Poi sbatté le palpebre, una, due volte.
Sotto di lui, premuto contro la terra fredda, c'era Felon.

La Stella dei ValarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora