21. Chiacchiere e sensi di colpa

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L'unico aspetto positivo di tutta quella situazione schifosa era che potevo passare un po' di tempo con i ragazzi, che erano gli unici che riuscivano a darmi una parvenza di normalità e a smettere di farmi pensare. Con loro il tempo volava e avevo la distrazione necessaria per crogiolarmi nell'illusione che la mia vita sentimentale non fosse un completo disastro. Mi avevano invaso casa con le loro grida e i loro discorsi, ma era la sensazione più bella che potessi sentire in quel momento. Becca aveva provato a convincermi che non fosse una buona idea, che forse il mio appartamento fosse troppo piccolo per tante persone, ma non avevo sentito ragioni. Mi ero subito attivata per trovare dei letti da poter sistemare in qualsiasi posto libero della casa.

Avevo sempre desiderato che Becca e i bambini venissero da me, ma avrei voluto che le circostanze fossero diverse e meno stressanti, perché immaginavo che ci sarebbero state un sacco di cose che non avremmo potuto fare.

Il pomeriggio fu un caos completo, casa mia fu invasa da letti di fortuna e materassi e i bambini si divertirono un mondo a crearsi il proprio spazio in cui dormire in salotto. Non avvertii la stanchezza neanche per un secondo, troppo presa a stare dietro a quei due marmocchi che non stavano mai fermi. Il sorriso non aveva mai abbandonato le mie labbra, nemmeno in quei momenti in cui un pensiero subdolo e meschino veniva ad affacciarsi alla mia mente e a tentare di rovinarmi l'umore.

Come sarebbe vivere questi momenti insieme a Jason? Lui, io e i bambini?

Sul tardi, dopo cena, i bambini erano crollati nei loro letti e Becca e io eravamo nella mia stanza con un bicchiere di vino in mano, la Tv accesa su un programma demenziale e Leo in mezzo a noi che si prendeva le nostre coccole. Il mio telefono vibrò e, per uno stupido microscopico secondo, sperai che fosse Jason, deglutendo la delusione, quando mi resi conto che in realtà fosse mio padre.

«Ehi, che ci fai ancora sveglio?»

L'arrabbiatura nei suoi confronti era passata, anche se non riuscivo a essere del tutto d'accordo sul modo in cui aveva deciso di comportarsi, ma non potevo avercela con lui, non dopo tutto quello che aveva fatto per me e per le persone che si erano ritrovate coinvolte nella situazione.

«Mi stavo assicurando che fosse tutto a posto e in ordine. Voi vi siete sistemati?»

«Sì, i ragazzi dormono e noi ci stiamo un po' rilassando sul letto. Comunque, papà, grazie di tutto e scusami se stamattina ti ho trattato un po' male» grattai le orecchie a Leo, osservando il suo musino rilassato.

«Tesoro, non mi devi ringraziare, faccio questo e altro per mia figlia, lo sai. Non le voglio nemmeno le tue scuse, l'importante che ti sei tranquillizzata. Come stai?»

«Bene.»

Una merda.

«Sei sicura?»

«Sì, non sono sola, questo è l'importante.»

«Hai ragione, goditi la compagnia di Becca e dei ragazzi in questi giorni, ricaricati e non pensare.»

Quella frase mi fece suonare un campanello d'allarme grosso come una casa.

«Ricaricarmi? Lunedì ricomincio a lavorare, papà» mi misi subito più dritta sul materasso, rigida.

«Non se ne parla. Jason e io abbiamo convenuto che...»

«Tu e Jason?» avevo alzato il tono e la rabbia aveva ricominciato a farsi strada in me. «Voi due non avete nessun diritto di decidere della mia vita! Sono grande abbastanza per prendere le mie decisioni e lunedì torno a lavorare.»

«Hayley, le foto escono domani, non sappiamo che impatto avranno e quanto smuoveranno le acque. Non possiamo rischiare che la tua vita venga rigirata come un calzino e messa sotto la lente d'ingrandimento, più di quanto sia stato fatto in passato.»

Il Linguaggio Segreto dell'AnimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora