42. Non la merito

663 33 13
                                    

«La trovo una pessima idea» Tom ripeteva la stessa frase da venti minuti, sembrava un disco rotto

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

«La trovo una pessima idea» Tom ripeteva la stessa frase da venti minuti, sembrava un disco rotto.

«Non mi interessa, è quello che va fatto» mi massaggiai le tempie con le mani, mentre tenevo il gomito appoggiato sul tavolo.

Mi sentivo stanco, spossato e il mal di testa era il fedele compagno delle mie giornate da un mese a quella parte. Avevo la costante sensazione di star naufragando, ma non sapevo come fare per liberarmi da quell'oppressione.

Al lavoro era uno schifo, i mass media erano ancora interessati alle foto tra Hayley e me, le supposizioni crescevano e la curiosità anche, soprattutto perché sembravamo entrambi spariti dai radar e lo trovavano un fatto strano. Mi era ancora sconosciuto il modo in cui il signor Evans era riuscito a impedire la pubblicazione di altre foto, ma per fortuna c'era riuscito.

Mi sentivo in colpa per Hayley e la situazione in cui si era trovata, lei che non era abituata a tutta quell'attenzione. Me la immaginavo chiusa in casa, come un animale in gabbia, senza la possibilità di uscire, perché c'era il rischio che potesse essere riconosciuta e tutto per delle foto con me. Non lo potevo sopportare, non quello almeno.

Mi ero sentito impotente, con le mani legate, con la sensazione di non avere il pieno potere della mia vita per giorni, settimane. Andavo al lavoro, fingevo sorrisi che non provavo, un entusiasmo che non avevo e reprimevo la costante voglia di chiamare il signor Evans e chiedergli come stesse Hayley, perché non importava quanto i giorni passassero, ma lei restava un chiodo fisso, un pensiero che non riuscivo a scacciare dalla mia mente.

Forse, il fatto che stessi scrivendo un libro su di noi non aiutava di certo a dimenticare, ad affievolire i ricordi, ma era qualcosa di cui avevo bisogno come l'aria, era una delle poche valvole di sfogo che avevo in quel periodo e mi ci aggrappavo come un disperato. Lavoravo, tornavo a casa e scrivevo, buttando giù i ricordi di ciò che avevamo vissuto, riadattandoli ai personaggi del mio libro, alla storia che avevo ideato per loro; poi, quando ero stanco e sentivo il bisogno di staccare, mi cambiavo e andavo a sfogarmi sugli attrezzi nella mia palestra personale, concentrandomi sullo sforzo fisico.

Quella era la mia routine, una quotidianità che sentivo starmi stretta, nonostante avessi passato tutta la vita a fingere, quei giorni mi sembravano essere infiniti e pesanti. Un conto era fare finta per volere, per sopravvivere, per necessità, ma farlo perché ero costretto, era un altro paio di maniche.

Il senso di impotenza se n'era andato quella mattina, quando mi era venuta la brillante idea che i mass media avessero bisogno di altro a cui pensare, dovevo dargli una distrazione, un gossip talmente succulento da far dimenticare loro del mio possibile flirt con Hayley.

Era quello il motivo che aveva portato Tom a bloccarsi su quella frase, non era d'accordo con la mia proposta, anche se non ne riuscivo a capire il motivo.

«Albert, dì qualcosa, per favore. Fagli capire che è una pessima idea!» si girò a guardare il diretto interessato che gli stava alle spalle, appoggiato allo stipite della porta, che ci osservava.

Il Linguaggio Segreto dell'AnimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora