48. Mr. Cupido

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«Devo andare in ufficio» sospirai, passandomi una mano tra i capelli

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«Devo andare in ufficio» sospirai, passandomi una mano tra i capelli.

«Come mai?» Paul alzò la testa dal computer portatile che aveva messo sul mio tavolo da pranzo.

In quel periodo avevamo spostato la nostra base operativa a casa mia, per svolgere tutte quelle attività secondarie che di solito si sommavano al mio lavoro di direttore creativo. Visto che avevo molto più tempo da dedicare alle altre attività, avevo deciso di sfruttare il tempo per seguire l'andamento di ogni mio investimento e di trovare qualche nuovo progetto in cui sbattere la testa.

Fortunatamente il periodo di sconforto se n'era andato ed ero riuscito a riacquisire le mie piene facoltà mentali.

In generale non ero tipo da farmi abbattere facilmente e non riuscivo a starmene con le mani in mano. Nei mesi precedenti avevo lasciato che venissi sopraffatto dalle mie emozioni, che lo sconforto la facesse da padrone, ma per fortuna ero arrivato a toccare il fondo e avevo capito che dovessi risalire. O forse, semplicemente, cominciavo a sentire profumo di libertà, mancava poco alla fine dei sei pattuiti con il consiglio e vedevo la luce in fondo al tunnel. Il mio cervello cominciava di nuovo a macchinare, a rimuginare su come potermi muovere per trovare chi aveva fatto la soffiata, perché continuava a essere un grande gigantesco tarlo. Non vedevo l'ora di scoprire chi si fosse divertito a mettermi i bastoni tra le ruote, perché avevo bisogno di avere davanti un colpevole da poter accusare e non solo per scagionarmi con Hayley.

«Ti ricordi che ti ho parlato di Taylor?»

«La modella figa che ti ostini a non prendere in considerazione?» gli scappò un sorriso e lo fulminai con lo sguardo.

«Lei» decisi di ignorare la sua provocazione. «Mi ha mandato un messaggio e mi ha detto che passerà in ufficio oggi, per andare a pranzo. Non ammette di non trovarmi.»

Considerato che ero completamente sparito e che tendo a incontrarla solo per un veloce caffè, non mi stupivo che fosse stata così categorica.

Lui mi guardò oltre lo schermo del PC e inarcò un sopracciglio. «Sei ancora convinto che non sia interessata a te?»

Alzai gli occhi al cielo e sbuffai. «Sì, Paul, lo sono. Lei sa benissimo che tra me e Hayley c'è stato qualcosa. A ogni chiacchierata cerca di scucirmi qualcosa, mi vede strano, non capisce e vuole farlo. La curiosità è donna, lo sai, e il fatto che Hayley sia ancora in silenzio stampa la insospettisce.»

«Sarà, ma io continuo a pensare che si vorrebbe fare un giro sulla giostra» tornò a picchiettare sui tasti. «Quale scusa pensi di usare per tornare in ufficio?»

«Ho lasciato lì della roba, è arrivato il momento di riportala a casa.»

«E dare altri motivi a Taylor per sospettare?»

Un sorriso sornione si impossessò delle mie labbra. «Non è che hai una cotta per lei? Continui a nominarla.»

Lo vidi sussultare. «Non dire assurdità, non la conosco neanche.»

Il Linguaggio Segreto dell'AnimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora