38. C'è una spiegazione a tutto

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Eravamo nel letto, nudi, avvolti solo dalle coperte

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Eravamo nel letto, nudi, avvolti solo dalle coperte. Hayley era appoggiata al mio petto e mi accarezzava la pelle con i polpastrelli, lo stesso movimento che facevo io sulla sua schiena. Ormai mi era chiaro che tutto quello che stavo vivendo era vero, perché lei non se n'era ancora andata ed era tra le mie braccia; lo era stata nelle ore precedenti, ogni volta che non riuscivo a frenare la voglia di farla mia. Era tutto così tangibile che non potevo pensare a un sogno, anche perché, a quel punto, mi sarei dovuto svegliare da un pezzo.

Eravamo rilassati, in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. Ero sereno, sì, ma una parte di me non riusciva a scacciare la sensazione di inadeguatezza che stavo provando. Lei per mesi non mi aveva creduto, nemmeno una volta che ero rientrato nella sua vita ed era venuta a conoscenza della mia innocenza. Era stata così diffidente, schiva, come se avesse avuto paura di me. Tom e suo padre mi avevano fatto capire cosa potesse esserle successo in passato, ma avevo deciso di lasciare tutto in sospeso e non cercare le risposte da solo, volevo che fosse lei a parlarmene. Non credevo che fosse il momento migliore per farlo, ma non riuscivo a togliermi dalla testa il modo in cui lei aveva dato per scontato che fossi il colpevole, senza darmi nemmeno la possibilità di spiegarmi, senza il beneficio del dubbio; nel momento in cui lei aveva sentito il padre, il suo cervello sembrava come essere entrato in blocco e lei non riusciva a pensare a nient'altro che non fosse "Jason è il colpevole".

Non mi era chiaro, come potesse anche solo pensarlo, non dopo che avevo passato ogni giorno ad aprirmi a lei in maniera sincera, spogliandomi di situazioni di cui non avevo parlato mai a nessuna donna. Ero stato sincero, me stesso fino in fondo e lei ne dubitava. Mi sentivo in qualche modo tradito, ferito e, per quanto fossi contento di riaverla nella mia vita, volevo sapere cosa l'aveva spinta a considerarmi colpevole senza riserve.

Perché lo sapevo che c'era qualcosa che mi nascondeva e che aveva sempre omesso, che si era tenuta per sé e dovevo scoprire cosa fosse.

«Che succede?» il suono della sua voce mi fece sussultare, talmente ero perso nei miei pensieri.

«Niente» mentii.

Codardo.

Non avevo il coraggio di affrontare la questione, per paura che lei si sarebbe irrigidita e se ne sarebbe andata. Avere passato così tanti mesi senza di lei, mi impediva in quel momento di trovare la forza di sbattere contro la realtà. Hayley era una persona imprevedibile, ormai me n'ero accorto, e bastava toccare un tasto sbagliato per farla allontanare del tutto e non era quello che volevo.

Puntellò il mento sul mio petto e mi scrutò negli occhi, in silenzio per qualche minuto. Ebbi la tentazione di sviare lo sguardo più volte, ma decisi di sostenerlo, giusto per non sembrare completamente senza spina dorsale, anche se il solo fatto di non voler affrontare in maniera diretta la questione dimostrava il contrario.

«Jason, ti sei bloccato di colpo e adesso sei rigido. Mi dici che succede?» mi fece un sorriso dolce e io sospirai.

Odiavo il fatto che sapeva leggermi a quel modo, era la riprova che aveva davvero imparato a conoscermi, ma cozzava con tutto quello che mi aveva sputato addosso da quel giorno e non riuscivo a sopportarlo. Perché mi doveva mettere davanti all'evidenza a quel modo?
«Ne parleremo, davvero.»

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