20. Uno stupidissimo errore

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Perché... cos-come?

«In che senso dobbiamo andarcene?» Il mio cervello era completamente andato, non connetteva più, il piccolo criceto, che di solito metteva in moto gli ingranaggi, mi aveva lasciato a piedi e se ne stava confuso a mangiucchiarsi un seme di girasole e io mi sentivo persa, del tutto, con la sensazione che la terra mi stesse crollando sotto i piedi da un momento all'altro.

Lo sentii sospirare pesantemente, come se non sapesse nemmeno lui come dirmelo. «Una macchina sta per venire a prenderti e un aereo privato ti aspetterà. Mi sono permesso di organizzare tutto anche per Jason.»

La bolla di sapone creata in quei giorni si stava per rompere, ancora prima che dovesse farlo, lo scricchiolio si sentiva forte e chiaro. Jason mi si avvicinò, forse attirato dalla mia espressione vuota e dal mio tono preoccupato.

«P-per-perché?» annaspai in cerca d'aria. Il mio cervello stava ricominciando a viaggiare e si immaginava tutti gli scenari possibili e non volevo che succedesse.

«Ho avuto una soffiata. Un mio vecchio amico mi ha chiamato, informandomi che domenica usciranno delle foto tue e di Jason su Life Style. La messa in stampa è impossibile fermarla, visto il weekend ormai alle porte, ma posso impedire che prendano d'assalto il villaggio e vi tendino un'imboscata. Ho già organizzato tutto, Robert verrà a congedare gli ospiti e a scusarsi per il disagio, massimo domani mattina sarà su un aereo per venire a New York. Becca e i ragazzi saranno sull'aereo che ti raggiungerà e verrete qua insieme. Jason avrà un aereo diverso dal vostro e appena sarete qua entrambi, decideremo come muoverci insieme per cercare di tenere a bada i paparazzi e...»

La sua voce era diventata sempre più ovattata a mano a mano che andava avanti con il discorso e avevo smesso di ascoltarlo, guardando un punto fisso davanti a me, mentre le orecchie mi fischiavano in maniera prepotente. Sentivo sempre di più la voragine ai miei piedi aprirsi e volevo farmi inghiottire sperando di scomparire. Come poteva essere successo? Chi era stato a...?

Alzai lo sguardo di scatto su Jason e la sua espressione era sempre più confusa. Vedevo il suo cervello che cercava di elaborare qualsiasi possibile notizia, ma non riusciva a darsi una risposta certa, che io, invece, pensavo di avere.

È successo di nuovo.

Non essere precipitosa.

Mi sono di nuovo fidata della persona sbagliata.

«Hally?» la voce di Jason mi riportò alla realtà e venni investita da una rabbia cieca, una voglia di prenderlo a pugni e di sfogarmi addosso a lui. Improvvisamente mi sentii molto più lucida, la mente chiara che pensava come sempre.

«Quando arriverà la macchina?» chiesi in maniera fredda, quasi distaccata, anche se il mio stomaco mi chiedeva pietà per quanto si stava contorcendo su sé stesso. Lo sguardo puntato in quello di Jason quasi sfidandolo.

«Massimo un'ora e sarà lì per entrambi. Hayley, io...»

«Ok, grazie di tutto. Ci vediamo quando atterro» chiusi la chiamata di getto.

«Hally, che succede?» mi si fece vicino, tentando di stabilire un contatto con me per tranquillizzarmi, ma cominciai a spingerlo, facendogli strabuzzare gli occhi.

«Non osare mai più chiamarmi a quel modo! Non lo meriti! Non meriti proprio un cazzo di niente!» ogni parola era una spinta, che smuoveva sempre di più Jason. La rabbia mi faceva invadere da una forza che non avevo mai avuto, o forse lui era talmente confuso da non opporre nemmeno resistenza.

È un bravissimo attore. Devo ammetterlo.

«Ma di che stai...» tentò di parlare, ma mi intromisi.

Il Linguaggio Segreto dell'AnimaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora