capitolo 10

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Una volta, quando avevo sei anni, ho visto una magnifica illustrazione in un libro sulla foresta vergine che si intitolava "Storie vissute". Era l'immagine di un serpente boa che ingoiava una preda. Ecco una copia di quel disegno.

Nel libro c'era scritto: « I serpenti boa ingoiano la loro preda tutta intera. Dopo non possono più muoversi e dormono per i sei mesi che impiegano a digerire ».

Allora ho molto riflettuto sulle avventure della giunga, e a mia volta sono riuscito, con una matita colorata, a tracciare il mio primo disegno. Il mio disegno numero 1. Era fatto così: 

"Ma che è, un cappello?"

"No, è un boa che ha mangiato un elefante."

"Un elefante?" chiede Manuel, alzando la testa verso Simone. Sono sdraiati a pancia in giù sul telo mare, uno affianco all'altro, e Manuel tiene la guancia poggiata alla spalla di Simone, con gli occhiali da sole abbassati sul naso per riuscire a leggere meglio.

"Sì, vedi?" e Simone indica l'illustrazione poco sotto di un elefante grigio tra i contorni di un serpente. "C'è scritto, leggi."

Quando ho mostrato il mio capolavoro agli adulti, ho voluto sapere se ne erano impauriti.

Loro mi hanno risposto: « Perché un cappello dovrebbe farci paura? ».

Il mio disegno non rappresentava un cappello, bensì un serpente boa che digeriva un elefante. Allora ho disegnato l'interno del serpente, così che gli adulti potessero capire. Hanno sempre bisogno di spiegazioni. Il mio disegno numero 2 era fatto così:

"Ah, vedi che non l'avevo pensato solo io? Non se capisce che è un serpente che mangia un elefante, se non vedi il disegno."

"È perché ragioni come un adulto. Non devi ragionare come un adulto."

"No, non è che ragiono come un adulto, è che a casa mia questo è popo un cappello, Simò."

Simone alza gli occhi al cielo e fa per tornare a leggere, ma Manuel lo guarda storto e si solleva a sedere: "No?" chiede il riccio, pungolandogli un fianco con il ginocchio.

"Eh?"

"Hai fatto 'na faccia."

"Sì, perché è un libro per bambini questo, Manu. Non puoi leggerlo come leggeresti uno dei tuoi mattoni filosofici dell'antica Grecia. Lo devi leggere con chi vede il mondo in modo non convenzionale, in cui un cappello non è mai solo un cappello, ma può essere un sacco di cose."

"Ah! Allora vedi che è un cappello."

"Non ho detto questo."

"Se vabbè." borbotta Manuel, prima di tornare con la pancia sul telo. "Nnamo avanti va'." sentenzia, poi afferra con la sua la mano di Simone che tiene sospeso il libro tra le loro teste, al fine di orientarlo verso di lui di modo che possa vederci meglio. È una scarica di corrente quella che parte dal centro del petto e si dirama fino alla punta delle dita, esplodendo in una scossa sulla pelle bianca di Simone. Manuel ritrae subito la mano: "Scusa."

"Di cosa?"

"Ti ho dato la scossa."

Simone ride, alza le spalle: "Sento la scossa ogni volta che mi tocchi, Manu. Ormai non ci faccio più caso." dice, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Manuel sgrana gli occhi, ed è costretto a nasconderli sotto gli occhiali per impedirsi di arrossire, incastrati come sono in quelli dell'altro ragazzo.

ANCORA CINQUE MINUTIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora