Capitolo III

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Dopo l'ennesima lezione finalmente suonò la campanella che decretava la fine della giornata scolastica. Non aveva visto JJ per tutto il giorno anche se era meglio dire che lo aveva evitato. Come aveva evitato per tutto il tempo a scuola i tavolinetti posizionati nei corridoi in cui la gente poteva iscriversi alle successive elezioni per il rappresentante degli studenti.

Fece per uscire dalla scuola e tornare a casa. Per fortuna non incontrò nessuno dei suoi vecchi amici.

I suoi genitori, distrutti dal dolore per la perdita di Tara, si erano separati e avevano venduto la casa dove abitavano, per loro era diventato insostenibile vivere nello stesso posto ma senza la loro figlia maggiore in giro. Lo stesso non valeva per lei. Sì, era doloroso passare dalla camera di sua sorella e trovarla spoglia, senza più un briciolo di vita. Ma lì c'erano tutti i suoi ricordi con Tara e piano piano le pareti di quella casa stavano iniziando a sbiadire dalla sua memoria.

Un'altra cosa che la disturbava era che sua madre aveva comprato casa nello stesso quartiere di una delle sue ex migliori amiche.

Proprio da quella villetta, a chilometri di distanza da casa sua, riconobbe le risate e le voci dei suoi amici.

Non dovevano essere tutti da John?, si chiese.

Mossa da un moto di curiosità, invece di dirigersi verso la sua abitazione, i suoi piedi andarono dritti verso casa Carrera.

Le voci si facevano sempre più intense ad ogni passo e si spensero quando fu davanti al portico dove erano seduti tutti.

«Max» disse con un sorriso John B.

«C'è posto per una fuggitiva?»

Non si aspettava certamente di essere riaccolta nel gruppo dopo il modo in cui li aveva scaricati, ma invece di inveirle contro i suoi amici sorrisero allegri e la incitarono ad unirsi a loro.

«Il tuo piano ha funzionato, JJ» esclamò Pope.

«Piano? Che piano?»

JJ sorrise imbarazzato «Mi hai ignorato tutto il giorno, quindi ho pensato che andare dalla tua nuova vicina di casa fosse un buon incentivo per farti tornare da noi»

«E ha funzionato» sentenziò la proprietaria di casa «Siamo felici di riaverti con noi»

«E se vorrai, siamo qui per te» continuò Sarah.

«Anche dopo che mi sono allontanata da voi?»

«Max» iniziò John B «è stato il tuo modo di reagire. Non ci volevi tra i piedi, lo abbiamo capito e accettato. Ma non isolarti mai più.»

JJ le passò una birra e Max sorrise riconoscente, mimando con le labbra la parola grazie.

«Bentornata, Mad Max» esclamò euforico.

Qualche ora dopo il gruppo si disperse per le varie vie della città e JJ si offrì di accompagnare Max fino alla porta di casa sua.

«Allora, è stato così terribile come credevi?» le chiese mentre si incamminavano verso la piccola villetta a pochi metri di distanza.

La ragazza sorrise imbarazzata «Devo esservi sembrata una pazza in questi mesi»

JJ accennò una breve risata «Oh sì, completamente fuori di testa»

«Grazie, JJ»

«Non devi ringraziarmi»

«Invece devo! Grazie per non aver mai mollato con me, non è una cosa che avrebbero fatto tutti»

Arrivarono davanti alla porta di ingresso della nuova casa Wether e JJ sentì il desiderio di rimanere in compagnia della ragazza ancora per un po', ma non voleva pressarla inutilmente.

«Allora, ci vediamo domani a scuola»

Max sorrise, si avvicinò al viso del biondo e gli lasciò un dolce bacio sulla guancia.

«Ci vediamo domani a scuola» confermò.

Una volta che Max si fu chiusa la porta di casa sua alle spalle, JJ si concesse un saltello euforico mentre un sorriso ebete non accennava ad abbandonare il suo viso. La sua migliore amica era tornata indietro da lui e chissà magari avrebbe finalmente avuto il coraggio di dichiararsi a lei.

Il sole era già andato via da un pezzo e per le strade della città non c'era più nessuno. Katy Davis era uscita di soppiatto da casa sua. Era solita farlo spesso, quindi non ebbe tanti problemi soprattutto perché suo padre lavorava tutto il giorno e la sera andava a dormire presto.

I suoi piedi andarono verso Mulberry street, ormai nota per l'imponente costruzione che un tempo ospitava la scuola della contea e che adesso non era altro che un cumulo di detriti e macerie.

Entrò dentro la costruzione, si diresse verso la palestra con solo la luce di una torcia ad illuminarle la via. Aveva preso l'abitudine di ispezionare la costruzione centimetro per centimetro nella speranza di trovare un qualunque indizio che potesse avvalorare le sue ipotesi. Non era stato un incidente, qualcuno aveva appiccato l'incendio di proposito e lei avrebbe scoperto chi aveva ucciso sua madre e i quattro studenti.

Girovagò per la scuola per un tempo che parve infinito, quando un suono sospetto la fece votare di scatto. Illuminò la zona dove credeva di aver sentito il rumore, ma non vide nulla. Decise che non era il caso di rimanere ancora tra quelle pareti rovinate e si girò verso l'uscita.

Un dolore all'addome la colpì di soprassalto, abbassò lo sguardo e vide una pozza di sangue sulla sua maglietta mentre una lama di coltello usciva da lei.

Dedicò uno sguardo di terrore al suo assalitore e poi cadde a terra.

Play with fire || Rafe Cameron Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora