Capitolo VI

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Il cuore continuava a batterle forte.

Aveva acceso la luce di camera sua, il buio ormai era suo nemico.

«Cosa vuoi da me?»

«Non lo immagini nemmeno, Max?»

La ragazza deglutì sonoramente, mentre il resto del suo corpo non rispondeva ai suoi comandi lasciandola impalata in mezzo alla stanza.

«Però forse non voglio nulla da te» continuò la voce contraffatta «Magari non sono neanche in casa tua. Forse sono da JJ in questo momento»

Max spalancò gli occhi terrorizzata, ma dalla sua bocca non uscì nessun suono.

«Meglio ancora, forse sono da Rafe»

La ragazza sussultò. Cosa voleva quell'uomo dai suoi amici? Cosa voleva da Rafe?

«Lo sapevo! È Rafe, è sempre stato Rafe. Non ti importa se uccido JJ, tu hai sempre voluto quel ragazzino viziato»

Sentì un rumore forte provenire da fuori la porta di camera sua e iniziò a sentire il battito del suo cuore martellarle in testa.

«Dove sei? Sei in casa mia adesso?»

La voce al telefono rise «Forse. Perché non mi cerchi?»

Max si affacciò alla finestra per controllare dove fossero i due poliziotti, ma da quella posizione non riusciva ad inquadrare tutto il vialetto. L'assassino poteva essere anche lì fuori ad attenderla, per quanto ne sapeva.

«Vuoi farmi venire un infarto o vuoi uccidermi personalmente?»

«Hai ragione» la porta di camera sua si spalancò di botto, rivelando una figura vestita con un mantello nero e una maschera di halloween, ma cosa più importante aveva un coltello tra le mani e stava correndo contro di lei come un toro furioso.

Max gridò a squarciagola e iniziò a correre fuori dalla sua camera, mentre quello psicopatico la inseguiva giù per le scale.

«Aiutatemi! Aiuto!»

Si buttò sulla porta di ingresso, ma la maniglia non ne voleva sapere di aprirsi. Sentì i passi avvicinarsi verso di lei ed ebbe il tempo di spostarsi per un pelo prima che il mostro mascherato la prendesse in pieno viso con il suo coltello.

Andò in cucina per provare ad uscire dalla porta sul retro e si lasciò alle spalle tutte le sedie che trovava sul suo cammino per rallentare il suo assalitore. Provò ad aprire la porta, ma era bloccata. Ebbe il tempo di afferrare un coltello da cucina che il pazzo mascherato la scaraventò con violenza sul pavimento.

«Il gioco è finito, stronzetta»

Le puntò la gola, Max fu più veloce e si spostò per un pelo, ma la lama del coltello le trafisse la spalla.

Urlò dal dolore e cercò di contrattaccare i colpi con il coltello che aveva in mano e riuscì a graffiarlo da sotto il mantello. Accecato dal dolore, l'assassino mascherato provò a colpirla sulla pancia, ma Max non stava ferma un secondo e si sentì trafiggere il fianco.

La vista iniziò ad appannarsi e presto non avrebbe più avuto le forze per combattere. Vide ancora una volta quella maschera spaventosa e il coltello calare su di lei, poi ci fu solo il buio.

JJ si chiedeva cosa sarebbe successo se lui avesse trovato il coraggio di dichiararsi a tempo debito. Probabilmente nulla di tutto quello.

Si era risvegliato nel cuore della notte e si rigirava nel letto da più di mezz'ora incapace di prendere sonno nuovamente.

Aveva ancora nella mente la scena di quel pomeriggio al Wreck. Quando Max era uscita dal ristorante, JJ aveva avuto l'istinto di seguirla, di dirle che andava tutto bene perché ci sarebbe stato lui a proteggerla.

Ma Rafe era stato più veloce e si era chiuso la porta alle spalle, mentre JJ rimaneva a guardare per l'ennesima volta la ragazza di cui era innamorato guardare con ammirazione e amore un altro ragazzo.

Perché lui era Rafe Cameron. Ricco, affascinante, il principe dei kooks. E lui era solo uno sporco pogue.

Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto dalla vibrazione del suo cellulare.

Guardò chi lo stesse chiamando nel bel mezzo della notte e con sorpresa rispose al telefono.

Kiara fu risvegliata nel cuore della notte dalle sirene della polizia e dell'ambulanza che insieme creavano una sinfonia dell'orrore. E la paura si fece ancora più ingombrante quando vide entrare agenti e paramedici nella casa della sua amica.

L'istinto le disse di prendere immediatamente il telefono e comporre uno dei pochi numeri che conosceva a memoria.

«Rispondi, ti prego»

Erano poco più delle quattro del mattino, ma doveva almeno fare un tentativo.

«Rispondi, rispondi, rispondi»

Tirò un sospiro di sollievo quando la voce assonnata del suo amico le inondò le orecchie.

«Kiara, tutto bene? Perché mi chiami a quest'ora?»

«È successo qualcosa, JJ. È successo qualcosa di brutto a Max»

Il silenzio occupò lo spazio immaginario tra di loro, Kiara riusciva solo a sentire i sospiri del suo amico andare a ritmo con i suoi.

«Arrivo subito» sentì prima che il ragazzo staccasse la chiamata, facendola ripiombare nel silenzio della notte.

Play with fire || Rafe Cameron Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora