25 Capitolo

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Sergio è a due passi dal carcere maschile di Madrid, con il cuore tremante e la ormai più certa convinzione di non salvarsi da tale destino.

E così, il padre che morì sotto i suoi occhi, combattendo per degli ideali di libertà e di rivalsa sul sistema dei potenti, e lo stesso Berlino, entrambi riusciti a scampare per anni alla cattura, potranno osservarlo da lassù e piangere la sconfitta più grande della vita.

"Benvenuto all'inferno, caro il mio professorino" – ridacchia Suarez, spingendo Marquina all'ingresso.

Ad accogliere il neoarrivato sono alcune guardie e un tizio, a capo di tutto, a cui Prieto stringe la mano.

"Mi raccomando, Rostro, trattatelo come merita" – ci tiene a precisare Tamayo.

"Prenderemo le giuste accortezze con lui. Non vorremmo ideasse quale strambo piano di fuga"

Sergio, muto e abbattuto, non replica. In fondo sa di avere poche chance di scappare da quella prigionia.

Tenuto d'occhio in ogni minimo movimento, difficilmente avrebbe potuto orchestrare qualcosa.

"Vieni con noi, pagliaccio" – lo strattona una guardia. E così ha inizio per il Professore la fase di metabolizzazione della sua disfatta.

Con il pensiero sui Dalì, soprattutto sulla sua Raquel, e sulla famiglia che tanto confidava in lui e che avrebbe voluto vendicare con la vittoria sullo Stato, Marquina china il capo, e si appresta ad essere sottoposto ad ispezioni fisiche e al successivo spostamento nella cella.

"Numero 177, entra" – dice una guardia, ordinandogli di mettere piede nella nuova casa con le sbarre.

"Condividerai la prigione con gentaglia come te. Guai se fai a loro il lavaggio del cervello. Non tolleriamo troppa cultura da queste parti. La cultura apre la mente e spinge la gente a guardare e sognare oltre i propri limiti" – precisa l'uomo in divisa – "E voi che siete l'immondizia della civiltà non siete degni di fare questo" – chiude per poi dileguarsi.

Il professore, dando una rapida occhiata a due persone del tutto indifferenti al suo arrivo, sdraiate sui rispettivi lettini, si siede timidamente sul proprio, e si chiude nel fin troppo familiare, nonché preoccupante, silenzio.

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Tatiana è nei paraggi dell'area dove è certa di trovare colonnelli e scorte varie.

"Sergio, ti tireremo fuori" – dice ad alta voce, rabbrividendo di fronte al luogo che ha davanti a sé, la prigione maschile in cui il suo alleato è stato condotto.

Attende ore appostata nei parcheggi, tenendosi in contatto con i Dalì.

"Sicura che non siano già andati via? Forse stai aspettando invano lì" – le dice Palermo, constatando che il tempo d'attesa è fin troppo lungo.

"Uno dei miei due uomini è davanti il Commissariato. Mi avvisa se ha novità. Quindi, al momento, sono certa che siano ancora dentro" – sostiene la Sierra, sistemandosi il look di copertura.

E proprio quando le speranze sembrano venire meno e la preoccupazione di non riuscire nell'impresa si fa sempre più pressante, ecco comparire sull'uscio del carcere delle figure mascoline.

"Bingo" – esclama Tatiana, riconoscendo Angel assieme a Tamayo e Prieto, seguito da Suarez.

"Ciack...si gira!" – aggiunge, chiudendo temporaneamente la conversazione con i soci, correndo incontro al gruppo.

"Salve, sono una giornalista, è possibile chiedervi un'intervista?"

"Senta, abbiamo avvisato la stampa che nel primo pomeriggio terremo una conferenza. Ora siamo di fretta" – la liquida Tamayo, invitando il poliziotto alle sue spalle ad aprire l'auto ferma a pochi passi.

Un epilogo diversoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora