Falling apart

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Frank si incamminò seguendo il monaco come un turista sperduto farebbe con la propria guida. Il velo di diffidenza che aveva all'inizio era stato scucito abilmente dalla bontà e gentilezza dell'uomo. Egli era infatti come un buon padre, il cui senso di protezione si sommava alla certezza che sapesse qualcosa su Gerard e avrebbe condotto Frank sulla buona strada,

Nonostante tutto sembrasse tranquillo a primo impatto, nel profondo c'era ancora qualcosa che turbava Frank. Non riguardava tanto il monaco quanto piuttosto l'ambiente circostante, la struttura di quel monastero in cui era stato accolto. Oltre ad essere decisamente vasto, le strutture in lontananza avevano un qualcosa di decisamente strano. Infatti, più andava avanti più quelle strutture sarebbero dovute apparire più grandi e vicine. Tuttavia apparivano sempre più distanti, come se stesse procedendo all'indietro. E se le sue gambe non lo ingannavano, lui stava andando avanti come anche il monaco. Frank lo guardò, cercando di leggere nella sua espressione adesso rigida e impassibile una risposta a tale stranezza.

L'uomo si limitò ad accelerare il passo, invitando Frank a fare lo stesso con un cenno della mano. Eppure, più procedevano più le strutture erano piccole e irraggiungibili.

Frank provò allora a muoversi all'indietro, con il busto rivolto verso gli edifici. L'effetto era lo stesso, anche girandosi. Era lo stesso provando da ogni direzione.

Più andava avanti e cambiava verso, più sentiva le gambe pesanti come in certi sogni rendergli difficoltosi i movimenti. Era intorpidito, ma provava comunque a seguire il monaco, che cercava di incitarlo con tutti i gesti possibili, mentre ogni muscolo del suo viso rimaneva congelato in quell'espressione dura e immobile, così fermi da sembrare una maschera.

Le strutture erano sempre più lontane, anzi... non c'erano più.

Erano state inghiottite da un bianco pallido che stava andando incontro al nostro protagonista ed il suo presunto aiutante, scomponendo e inghiottendo parte del territorio.

Frank pensò a quando, dopo aver affrontato le sphaerae, si era trovato davanti alle tre diramazioni del "percorso base". Si ricordò della strada che si sviluppava più a destra, quella che era invasa e divisa sa quel bianco che non sapeva di purezza, candore o luce. Sapeva di vuoto. Il nulla più completo.

E Frank aveva il terrore del vuoto...

Guardò avanti e intorno a sé, guardando il monaco, girando piano su se stesso come una trottola stanca più e più volte. Tutto stava per essere inghiottito da quel bianco.

-Cosa... cosa succede?! Che vuol dire?!- urlò, esasperato. Spalancò gli occhi, osservandosi assiduamente intorno, guardando il monaco come un paziente guarda il suo medico in attesa della diagnosi. Ma l'uomo aveva quella espressione immobile che sembrava aver contagiato tutto il suo essere, irrigidendo tutto il corpo. Era così fermo da sembrare una statua di sale, il cui bianco candido sarebbe stato contaminato da quel bianco vuoto che stava raggiungendo entrambi.

Frank ebbe subito il naturale impulso di scappare. Ma scappare dove? In che direzione? Dove sarebbe finito? Cercò in un impeto di disperazione di afferrare il monaco per portarlo via, ma fu come tentare di agguantare l'aria. Le sue mani trapassarono il corpo del monaco come se fosse un ologramma, facendo balzare il ragazzo all'indietro per la sorpresa.

Si guardò le mani, poi guardò di nuovo il monaco, la sua immagine statica, congelata come la sua espressione. Alzò la testa. Pezzi di terreno si erano staccati dal suolo e fluttuavano in quel vuoto infinito ed accecante.

Anche quelli immobili, e sembravano affievolirsi, sbiadire mangiati da quel bianco per poi scomparire del tutto. La cosa peggiore? Al monaco stava accadendo lo stesso.

-Dove vai?!- urlò Frank – Dove vai? Io... io ho bisogno di risposte!-

-non sei ancora pronto- decretò una voce profonda e oscura, in netto contrasto con quella limpida e musicale del monaco.

Suonava come un boato improvviso e misterioso in una casa abbandonata, la cui aria era gelida come il sangue di Frak nell'udire tale suono.

L'essere che aveva parlato era nascosto quasi interamente da un mantello corvino, logoro e vecchio nelle estremità vicino agli stivalacci lucidi che indossava. Frank non riusciva a distinguere i tratti del viso, quasi fusi con l'ombra del cappuccio che copriva interamente la sua testa. Spiccavano solo due piccoli occhi di un celeste pallido e freddo come il ghiaccio

Sembravano richiamare quel pallido bianco che inghiottiva tutto ciò che c'era intorno a Frank, e pallide e scheletriche erano le sue mani che sporgevano dal lungo mantello logoro come i rami ricurvi e attorcigliati dei vecchi ulivi spuntano dal tronco. Una delle due era posata su una cintura di cuoio che stringeva il mantello lungo i fianchi, tenendo ben saldo ad esso un ricevitore gracchiante.

Frank non chiese chi fosse. Lo sapeva già. Sapeva che era l'ingegnere, architetto e muratore di quel luogo, progettato da lui stesso, sua plastica creazione di cui poteva controllare tempo e spazio, modificandoli a suo piacimento. E amava farlo. Amava faro così tanto che scontrarsi con lui era impossibile: a quell'essere bastava uno schiocco di dita o un battito di ciglia per catapultare e intrappolare il suo avversario in qualsiasi parte di quel mondo, oppure per farlo invecchiare di colpo come Dorian Gray appena squarciò il suo ritratto. Quell'essere dal nero mantello e gli occhi di ghiaccio era invincibile. E Frank ne aveva piena coscienza.

Ma come faceva a sapere così tanto di quella creatura? Semplice. Era stato Frank stesso a crearla.

Come aveva creato le sphaerae, le meduse, il mostro della grotta. Erano nati dalle sue paranoie e insicurezze, e stavano crescendo divorando Frank da dentro. Lo stavano logorando e ci stavano riuscendo. Ma poi lui si era stancato e aveva deciso di affrontarli. Da solo. Come aveva promesso a Gerard l'ultima notte che aveva condiviso con lui. E ci aveva provato per davvero a cercare di sconfiggerli.

-vedo che la tua storia ti è abbastanza chiara- riprese a parlare l'essere, facendo sobbalzare Frank. I secondi di silenzio erano pura tensione, sembravano dilatarsi durando ore intere. O forse lo stavano facendo davvero.

Frank respirò profondamente , osservando l'essere, che riprese il suo monologo.

-Non voglio uno scontro. Perderesti di sicuro. Invece, voglio... portarti da chi ti potrà fornire più dettagli. Sarà lui stesso a raccontarti anche la sua, di storia-

Frank assunse la stessa espressione che una persona ha quando gli si chiede di pronunciare parole come "Hippopotomonstrosesquipedaliofobia" . Era a dir poco sorpreso: aveva pensato al peggio, a tutto ciò che quell'essere avrebbe potuto farli, a tutto tranne che, a quanto pare, alle sue vere intenzioni. Aiutarlo.

Il senso di disagio si attenuò un poco, ma non del tutto. Infatti, nulla è gratis al mondo.

-C'è un prezzo per tutto- sussurrò Frank, che avrebbe davvero capito il senso di quella frase alla fine del suo viaggio. L'essere sorriso da sotto il suo mantello nero, sorriso che Frank non poteva vedere, ma percepì attraverso un brivido che gli percorse tutta la spina dorsale.

-il prezzo è il fatto che devi essere davvero pronto-Annunciò l'essere -E lo sarai seriuscirai a seguirmi-

SLEEP- FRERARDDove le storie prendono vita. Scoprilo ora